Viaggio in Italia – Flavio Cuniberto

SINTESI DEL LIBRO:
Nei primi anni Novanta le librerie altoatesine – come quelle
bavaresi – erano impregnate di un clima newageano (erano gli anni
dei
Grünen, della scoperta-riscoperta degli equilibri delicati
dell’ecosistema e di una sacralità naturale di forte impronta nordica).
Così alla Athesia di Brunico vendevano il romanzo Lo sciamano,
come anche l’edizione tedesca dell’ultimo libro di Fritjof Capra sulla
prospettiva di un cristianesimo olistico, planetario. Persino nella
parrocchiale di Villabassa si poteva acquistare un volumetto sulla
diagnosi dell’artrite (un cristianesimo sempre più orientato in senso
terapeutico ed ecologico: un Cristo-medico in versione ecologista). A
Brunico e dintorni c’era lo strudel di papavero: una sorta di papavero
bianco, coltivato nella Val di Tures. Il papavero bianco, l’uomo
sciamano tirolese, reminiscenze di uno strato arcaico (riemerso fra
l’altro, nel settembre del 1991, con la famosa Mummia del Similaun
detta Oetzi, e conservata-ibernata nei ghiacci per oltre cinquemila
anni). E sempre in clima newageano il libro di Joachim-Ernst
Berendt sulle potenzialità meditative della musica. Quanto al
meditare, è un’antica civiltà di monasteri anche femminili: come il
monastero di San Lorenzo di Sebato, di cui si ricorda una disputa tra
la madre badessa e il cardinal Cusano, già impegnato con le streghe
della non lontana Val di Fassa.
2. Al di là del flusso e del riflusso delle mode più o meno culturali, il
regno dolomitico conserva intatto – anche in questo lembo
settentrionale, germanofono e ladino – il suo alone turistico-favoloso.
Corvara in Badia, nel mese di agosto, è come Courmayeur o
Champoluc: la vista delle cime richiama il turismo ricco da tutta Italia,
attenuando la presenza ladina e tedesca a favore di un elegante
anonimato (quello tipico delle stazioni sciistiche internazionali). Un
peccato non poter raggiungere Colfosco, là di fronte, appoggiato con
le vecchie case di legno sul pendio che sale al Passo Gardena. Ma
la veduta pittoresca ha una funzione precisa anche qui a Corvara:
come fondale idillico che gli alberghi a quattro stelle garantiscono ai
propri clienti in vena di «autenticità». La Croda di Santa Croce, che
sovrasta la zona di Pedraces e San Leonardo, è impressionante,
anche se il caldo di agosto abbaglia e annebbia. A San Martino in
Badia (Sankt Martin in Thurn), in alto su prati verdissimi, il Castel
Torre (Schloss Thurn), «con massiccio torrione centrale quadrato e
torricelle cilindriche». E poi più in alto, alla Villa, la rustica e
aggraziata mole della «gran ciara», costruita pare nel 1537. Aleggia,
intorno alla «gran ciara», il fantasma di una presenza femminile
forte, matronale, con riflessi un po’ torvi di leggenda nordica.
3. Braies (Pragser Wildsee). Il lago «funziona» anche da bacino
acustico. Non ci sono rumori, ma si avverte un ronzio di fondo (quasi
un rombo). Acqua verde smeraldo, destinata però, col crescere della
luce, a diventare puro specchio: delle abetaie, degli speroni
dolomitici che sovrastano il lago. E il ricordo di quella voliera a San
Candido: un recinto con grosse gabbie di legno per uccelli notturni,
gufi e barbagianni bianchissimi. Presenze in qualche modo
«demoniche» (o totemiche), come il cerbiatto intravisto dal treno. E
poi di nuovo a Brunico, sotto un sole cocente, alla ricerca del Museo
Etnologico di Teodone (o Dietenheim). Antico maso seicentesco di
rango, con annesso fienile e «parco etnografico»: dalla slitta dei
vescovi di Bressanone alle arti e mestieri, alla devozione popolare
(onnipotente e onnipresente: l’occhio di Dio che «mai non dorme», il
monogramma del Nome di Gesù sulle bardature delle giumente al
ritorno dall’alpeggio).
4. La parrocchiale di Dobbiaco è invece la più bella chiesa barocca
della valle (più esattamente: rococò): la fine dell’Ancien Régime
coincide da queste parti con una fioritura dell’architettura religiosa.
La grazia rococò dell’interno sta ad esempio in quei balconcini con la
grata di legno traforata e panciuta, quasi una «veletta», a proteggere
le dame dagli sguardi indiscreti, come in un quadro immaginario di
Pietro Longhi. Alla parrocchiale di Dobbiaco fanno da pendant le due
chiese di San Candido (il romanico e il barocco tardo). Alla
Collegiata romanica è annesso un piccolo museo che è una
collezione di oggetti singolari: l’icona della Santa Piaga, l’Aquila
Tirolensis, e poi la Biblioteca, con quella finestrella aperta sul verde
da cui filtra una luce vibrante, quasi irreale (la Biblioteca contiene
manoscritti rari di Raimondo Lullo! Lullo in alta Val Pusteria). E poi il
calendario del 1740, il catechismo per sordomuti, il miracolo del
1413 (quando il crocifisso della Collegiata gronda sangue,
«sanguineo sudore miracolosus»). Da accostare al vasto repertorio
di oggetti sacri del museo di Brunico: gli ex voto, i santini (niente
affatto rozzi, e in certi casi estremamente suggestivi, come piccole
miniature merlettate). Gli oggetti della pietà popolare convivono con
quelli di uso comune, dalle pipe alle tabacchiere, alle cassette
«portatili», fino agli arredi domestici, ai costumi, alla farmacia di
Bressanone ricostruita con cura filologica, come in una versione
sudtirolese del Museo Nazionale Germanico di Norimberga.
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