Un’estate, all’improvviso – Julie James

SINTESI DEL LIBRO:
«Quand’anche camminassi nella valle oscura della morte, non
temerei alcun male perché tu sei con me.»
Mentre il prete concludeva l’omelia, lo sguardo di Ford Dixon
tornò a posarsi sulla foto del padre posta su un cavalle o davanti
alla bara.
Lui, sua madre e la sorella Nicole erano stati fortunati ad aver
trovato quella fotografia. John Dixon aveva poche foto di sé, e men
che meno recenti. Ne avevano scovata una, sca ata pochi mesi
prima, che lo ritraeva con la nipotina in braccio, nell’ospedale dove
la piccola aveva visto la luce. Non era un granché. Era stata fa a con
il
cellulare, ma almeno il padre aveva l’aria di essere felice e
orgoglioso di essere diventato nonno e consentiva a tu i loro di
pensare a lui con meno imbarazzo rispe o ad altre occasioni.
Tra poco sarebbe toccato a Ford pronunciare l’elogio funebre. Non
avendolo mai fa o prima, da buon giornalista investigativo si era
documentato e così aveva scoperto che il discorso doveva essere
breve e personalizzato e concentrarsi su una particolare dote del
padre che lui ammirava, oppure riferirsi a un determinato episodio
della sua vita che ne illustrasse la personalità.
La maggior parte delle persone presenti al funerale sapeva che
erano esistiti due diversi John Dixon: l’uomo che amava divertirsi e
fare baldoria insieme agli amici con l’immancabile bicchiere di birra
in mano, e l’ubriaco taciturno e immusonito di quando beveva
troppo. Ford avrebbe potuto continuare per ore a parlare bene del
primo, che un tempo era stato il suo eroe. Quello che nei fine
se imana gli insegnava a giocare a palla nel prato vicino a casa e che
la sera, seduto accanto al suo le o, gli raccontava storie divertenti
cambiando voce a seconda dei personaggi. Quello che gli aveva fa o
bere la sua prima birra e aveva animato le festicciole con i parenti al
termine delle partite della Li le League.
Quanto all’altro John Dixon? Non era altre anto facile parlarne
bene. “Togliti dai piedi, ragazzo. Non hai degli amici a cui rompere
le scatole?”
Il prete guardò dalla sua parte e Ford si schiarì la voce.
«Credo che Ford, il figlio di John, abbia voglia di raccontarci
qualcosa di suo padre.»
Ford si alzò e si avvicinò al leggio a destra dell’altare. Tra i
presenti c’erano molti volti familiari, parenti e amici accorsi per far
loro le condoglianze.
Lanciata un’occhiata rassicurante alla madre e alla sorella, sedute
in prima fila, Ford appoggiò le mani al leggio. Non aveva preso
appunti, confidando nell’abilità di raccontare che cara erizza ogni
buon giornalista, una dote che aveva ereditato dal padre.
«Il 4 luglio di molti anni fa, quando ne avevo undici, mio papà
decise che avremmo avuto i fuochi d’artificio più spe acolari del
vicinato. Ah, vedo che qualcuno di voi sta già sorridendo, segno che
sapete com’è andata a finire.»
Dopo il funerale e il pranzo che ne era seguito, Ford accompagnò la
madre a casa, a Glenwood, un sobborgo a nord della ci à, chiamato
il
“Quadrangolo” per la disposizione delle case. Benché fosse
considerato un quartiere ricco, uno dei dieci più ricchi degli Stati
Uniti secondo la rivista “Forbes”, i residenti appartenevano alla
classe operaia e avevano scelto di vivere lì perché le scuole pubbliche
erano facilmente raggiungibili, dato che nella maggioranza dei casi
entrambi i genitori lavoravano.
«Sono preoccupata per tua sorella» disse la madre mentre
percorrevano Sheridan Road, nelle cui traverse a tre corsie c’erano le
case dei multimilionari che, pur facendo parte del quartiere, davano
l’impressione di appartenere a un altro mondo.
Ford si guardò intorno con un misto di ammirazione e
frustrazione. Era tipico di sua madre: aveva appena sepolto l’uomo
con cui era stata sposata per trentasei anni, e già si preoccupava per
qualcun altro.
«Nicole se la caverà alla grande, mamma» la rassicurò lui
prendendole la mano.
La madre lo guardò storto. «Non cominciare anche tu a dirmi le
solite banalità che si riservano alle vedove inconsolabili» lo redarguì.
«Ne ho già sentite abbastanza in questi ultimi giorni.»
Ford sorrise. Non aveva torto. A differenza del marito, Maria
Dixon era sempre rimasta con i piedi ben piantati per terra.
«D’accordo, sono in pensiero anch’io per Nicole» ammise, pur
essendo convinto che la madre non avrebbe dovuto preoccuparsi per
lei in un giorno particolare come quello.
Non era un segreto per nessuno che sua sorella Nicole,
venticinque anni e mamma single, aveva avuto parecchi problemi
dal giorno in cui, qua ro mesi prima, aveva dato alla luce la piccola
Zoe. Oltre a lavorare part-time come a rice, insegnava recitazione ai
bambini in un piccolo teatro locale, e benché fosse impegnata di
giorno, di sera e a volte anche i fine se imana, guadagnava appena a
sufficienza per mantenersi. Ford le aveva consigliato di farsi aiutare
dal padre della bambina, una specie di musicista con cui Nicole
aveva avuto una storia durata qualche mese, l’anno precedente, ma
sembrava che quello se la fosse svignata non appena saputo che lei
era incinta e fosse partito per Los Angeles senza lasciare alcun
recapito.
Ford non aveva avuto modo di conoscere quel bastardo, ma
andava in bestia ogni volta che pensava a come aveva tra ato la
sorella.
«Volevo parlarle, ma è difficile rintracciarla in questi giorni»
riprese la madre. «Pensavo di andare a trovarla sul lavoro questa
se imana, ma poi tuo padre…» Le tremò il labbro e le s’incrinò la
voce. Tacque di bo o.
Oh, povera mamma! Gli faceva male al cuore vederla soffocare le
lacrime. Naturalmente la morte improvvisa del padre era stata un
bru o colpo per tu i loro, e benché ormai non potesse fare nulla per
p p
p
p
cambiare il passato, considerando com’era andata a finire tra lui e
suo padre, perlomeno c’era qualcosa che poteva fare in quella
situazione.
Quando si fermò a un semaforo rosso, Ford ne approfi ò per
voltarsi e guardare la madre negli occhi.
«Farò in modo che per Nicole e Zoe vada tu o bene, mamma»
disse. «Te lo prome o.»
Qualche ora dopo, Ford si fermò nel parcheggio so erraneo del
palazzo dove abitava a Wicker Park, Chicago. Per distrarsi aveva
ascoltato musica durante il tragi o, ma quando spense il motore
restò solo il silenzio. Era il momento che aveva temuto
maggiormente in quegli ultimi giorni, quello in cui, dopo aver
provveduto al funerale e aver stre o le mani e ringraziato tu i gli
intervenuti, si sarebbe ritrovato solo con se stesso e i suoi pensieri.
Un uomo si fermò davanti alla sua auto e lo salutò con la mano.
Be’, forse quel momento non era ancora arrivato.
Ford scese dalla macchina e salutò Owen, il proprietario
dell’appartamento accanto al suo. «Scusami» disse. «Non ti avevo
visto arrivare.»
«Com’è andata?» chiese l’altro stringendogli la mano.
Era stato gentile, il giorno prima, a partecipare alla veglia funebre.
Si conoscevano da qua ro anni e qualche volta erano usciti insieme.
Molto meno di recente, da quando Owen si era trasferito dalla sua
compagna e aveva messo in vendita l’appartamento. «È stata una
bella cerimonia, grazie» rispose e cambiò subito argomento. «Come
mai da queste parti?»
«Sono venuto a ritirare la posta» replicò Owen, indicando i
giornali e le le ere che aveva in mano. «Ti ho visto e ho pensato che
fosse giusto avvertirti che il mio agente immobiliare ha affiato
l’appartamento per i mesi estivi.»
«Come, lo affi i?»
«Sì, in effe i avrei voluto venderlo, ma dati i tempi non sono
riuscito a trovare nessuno disposto a pagare una cifra che si
avvicinasse a quella che chiedevo, perciò abbiamo pensato di
affiare l’appartamento per qualche mese e poi magari rime erlo in
vendita in autunno. Ho preferito dirtelo, così non ti stupirai se
vedrai uscire una sconosciuta da casa mia.»
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