Un viaggio nell’intimità – Marilina Baldassarre

SINTESI DEL LIBRO:
Lucy regolò, con le dita snelle e fluttuanti, le cinghie dello zaino.
Tirò leggermente la cintura ventrale. Alzò lo sguardo, fissò lo
specchio. Scrutò, con amorevole curiosità, il labirinto verde dei
suoi occhi, sorrise dolcemente e indossò gli occhiali da sole.
Scese al piano di giù, incrociò lo sguardo fiero di sua madre,
l’abbracciò forte, le diede un tenero e lungo bacio sulla guancia
bagnata di lacrime indolore e, come consuetudine, prima di partire
la rassicurò, promettendole di badare a sé stessa e di ritornare
quanto prima.
Lucy era figlia unica. Il padre aveva abbandonato la madre
mentre il suo grembo batteva già un battito nuovo. Lucy si chiama
Lucy perché, quando la sua pelle fu sfiorata dai gas incolori e
inodori dell’aria che permette a ogni essere umano di sopravvivere
su questo pianeta chiamato Terra, il cielo immenso e bellissimo era
ricoperto di nuvoloni grigi e minacciosi, ma quando quei grandi Dei
immortali si ritrovarono a guardare quegli immensi occhi verdi su
un viso incorniciato da gote rosee, non poterono far altro che
spostarsi, per dar spazio a una forte e calda luce di un sole
impazzito d’amore di dare il benvenuto alla nuova creatura.
Lucy era la luce che aveva illuminato la vita di quella timida e
potente madre: Alessia. Deriva dal latino Alekius che, a sua volta,
riprende il greco Aléxios, dal verbo aléxein, e significa difendere,
proteggere. Alessia era la protettrice della luce che aveva inondato
di magia e amore la sua faticosa vita, lei era la protettrice di sua
figlia Lucy.
Alessia aveva tre fratelli. Con nessuno dei tre aveva più
rapporti, ormai da tempi lunghissimi. Il padre morì quando lei
compì il suo dodicesimo anno di vita. Nadìr era il nome dell’uomo
che la mise al mondo. Nadìr, nome arabo, tratto dall’omonimo
vocabolo che significa raro, prezioso, straordinario. Egli nacque da
genitori nomadi i quali, dopo averlo concepito, decisero di
stabilizzarsi per un lungo periodo nelle campagne pugliesi. Lì lui,
tra piante di rucola e rosmarino, possenti alberi di carrubo e ulivi,
sentieri sterrati, tortuosi e pericolanti che portavano in luoghi dallo
spettacolo mozzafiato, trascorse tutta la sua infanzia.
Quando l’estate arrivava focosa e fiera, amava sedersi sui
muretti a secco che caratterizzano la terra del sud, terra pugliese
fatta di musica e cultura. Seduto sul muretto respirava quella che
per lui era l’aria migliore del mondo. Dopo essersi inebriato di tutta
quella vita, appoggiava una mano sulle pietre, si tirava su con le
gambe e allungava il braccio all’albero che considerava
dell’amore: il mandorlo, pianta secolare, paziente, cospicua,
seducente. Raccoglieva una drupa e con un sasso la divideva in
due. Amava quel frutto ancora acerbo darsi alla sua bocca; gli
piaceva vedere quel frutto estivo risplendere alla luce di quel sole
caldo e innamorato. Sognava scrutandolo: era giallo come la
corona di un re, bianco e delicato come una vergine pura.
Nadìr condivideva la sua vita con la sorella minore, Tahira, che
significa casta, pura. Tahira era una bambina allegra, intelligente,
curiosa, ma la malattia le tolse piano piano la dignità: una grave
forma di meningite la colpì all’età di dieci anni e, da allora, la vita
non sarebbe stata mai più la stessa. Non conobbe mai l’amore,
non provò mai la bellezza di essere padrone del tuo corpo, mentre
un altro essere umano ti fa conoscere il piacere più primitivo e
vivo, ribelle e reale, amaro e dolce.
Con Nadìr, Tahira e i genitori viveva anche il nonno Batair, nome
di origine scozzese che significa forte guerriero. Batair dormiva in
una stanza grande quanto una tomba. Morì fiero e soddisfatto otto
mesi dopo la morte di sua moglie Maryam, donna immensamente
straordinaria nella sua sublime lealtà e beatitudine, generosa,
dolce e nobile. Nadìr amava in modo incondizionato e quasi
irrazionale la nonna Maryam, costretta sulla sedia a rotelle da tanti
anni. Quando la perse, una parte della sua anima sfuggì dal suo
corpo per sempre e spesso gli capitava di ritrovarla nel volo degli
uccelli. Ogni battito d’ali era un battito nuovo che la nonna gli
donava da un mondo parallelo e lontano.
Nadìr era affascinato dal nonno Batair. Questi era un uomo
solitario, regalava sorrisi solo ai bambini, parlava poco e amava
leggere. Di lui Nadìr conosceva una storia di cui andava fiero, la
storia di quando da giovane, partito militare, Batair si ritrovò con la
sua truppa in un campo di battaglia in Russia, durante la guerra.
Una sera, per sopperire al freddo, lui e gli altri soldati iniziarono a
bere grappa. All’alba, quando si svegliò, si accorse di esser solo.
Durante la notte aveva bevuto tanto che, ubriaco, si addormentò
fuori. Nevicò quella notte e questo gli salvò la vita, perché quando
le truppe nemiche andarono lì per uccidere, non trovarono
nessuno: gli amici soldati erano fuggiti e lui era nascosto sotto
fiocchi di cristalli di ghiaccio. Nadìr non seppe mai tutti i dettagli di
quella drammatica e alquanto comica storia, eppure quella novella
gli riempiva il cuore di gioia e lo rendeva fiero di suo nonno e di
come la vita, in un modo del tutto strano, gli fu riconoscente.
Quando i nonni di Nadìr morirono, la famiglia si trasferì a Roma.
Lui aveva da poco compiuto quindici anni. I genitori aprirono una
piccola libreria, dove era possibile reperire testi antichi e oggetti
rari provenienti dalle più remote terre. Nadìr si appassionò subito a
quel mondo. Frequentò il liceo classico e si iscrisse poi alla facoltà
di Lingue e letterature straniere. Voleva conoscere terre lontane,
ascoltare musica trascendentale, ammirare tribù guerriere, era
affamato di Sapere.
A ventiquattro anni partì verso l’America del Sud. Lì conobbe
una donna bellissima, con grandi occhi verdi, capelli biondi
lunghissimi e una pelle candida come la neve in Alaska. Fu un
amore passionale, una chimica così forte che accecò la vista e la
razionalità di Nadìr per troppo tempo. Ebbero quattro figli e quando
Alessia venne al mondo, lui fu rapito da quella meravigliosa
creatura.
Alessia aveva gli occhi a mandorla come il padre, marroni e
profondi, labbra carnose come la nonna Maryam e un sorriso che
lui non aveva mai visto prima d’allora. Le donò tutto il suo amore,
tutto il suo tempo, le donò attenzioni che Alessia avrebbe ricordato
per tutta la vita.
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