Stiamo calmi! – Gestire la rabbia dei bambini senza farsene contagiare – Marina Zanotta

SINTESI DEL LIBRO:
La rabbia è un’emozione tanto importante e preziosa quanto
maltra ata e, ingiustamente, temuta; fa capolino in noi fin dalla
nascita e ci è assolutamente necessaria perché perme e al nostro
organismo di segnalare che qualcosa non va. Sicuramente della
rabbia non si può dire che sia un’emozione semplice né da provare
né da vedere negli altri: ha la fama di essere esplosiva, trasforma chi
la esprime – le eralmente trasfigura i tra i somatici – e, se non
assecondata, può portare alla perdita del controllo della situazione
da parte di tu i, nei casi peggiori anche con esiti piu osto
sgradevoli. Eppure, proprio come in una rice a di alta cucina, senza
la giusta dose di rabbia, molte situazioni della vita quotidiana
sarebbero assolutamente insapori o, addiri ura, indigeste.
Nella realtà la rabbia, esa amente come tu e le emozioni che
proviamo, non è né buona né ca iva, è anzi molto molto utile,
sopra u o nello stru urarsi sia della relazione tra genitori e figli sia
nella crescita stessa dei bambini e nella costruzione della loro
personalità.
Ma perché ci fa così tanta paura? Forse è il caso di partire dal
principio.
Come ci arrabbiamo e perché
Sono più che convinta che ciascuno di noi abbia avuto a che fare con
un bambino arrabbiato e, senza alcun dubbio, abbiamo diagnosticato
l’emozione che stava provando in meno di dieci secondi.
Tipicamente fronte e sopracciglia si aggro ano, gli occhi si chiudono
a fessura, si digrignano i denti, e le labbra si sollevano quel tanto che
basta per mostrarli chiaramente. La muscolatura di gambe e braccia
si tende e, in alcuni casi, le mani si stringono automaticamente a
pugno, lasciando intendere, con buona certezza, la possibilità di un
a acco, qualora la situazione degenerasse ulteriormente. Qui
subentra il sistema nervoso autonomo che completa il quadro con un
bel rossore diffuso, la voce che diventa stridula e agitata e la tensione
muscolare che aumenta, portando il corpo a sca are nervosamente.
La cosa più interessante è che queste modifiche fisiche non sono
quasi mai improvvise, avvengono in modo rapido, ma graduale, un
po’ come se fossero un termometro in grado di indicare il nostro
livello di alterazione a chi ci sta di fronte. Tanti piccoli avvertimenti
per segnalare, in modo decisamente inequivocabile, il proprio stato
d’animo fino al momento in cui ci si trasforma e si diventa emozione
allo stato puro: l’ira.
Nonostante i segnali del corpo di grandi e piccini siano così chiari
e universalmente condivisi (come hanno dimostrato, riprendendo il
lavoro di Darwin, gli studi tra gli anni Se anta e Novanta del secolo
scorso),1 la maggior parte degli adulti sembra dimenticarsi che la
rabbia non è un’emozione esplosiva e immediata – salvo situazioni
specifiche – tanto da rimanere stupiti e perplessi all’idea che esserini
così piccoli come i loro figli possano arrivare a trasformarsi
nell’Incredibile Hulk. Il rischio è quello di non fare la cosa più banale
del mondo: osservare i segnali e provare a intervenire prima che si
strappino camicie e compaiano giganteschi muscoli verdi!
Ma perché ci arrabbiamo? A cosa serve, davvero, questa
emozione?
Be’ la risposta è più semplice di quanto immaginiamo.
Che si sia adulti o bambini, ci si arrabbia perché qualcosa che noi
riteniamo fondamentale in un certo momento ci è stato negato.
Qualcosa (o qualcuno) si è messo in mezzo e ci ostacola nella
realizzazione del nostro personalissimo obie ivo, e se, per età o
contingenze, non siamo in grado di cavarcela da soli, abbiamo il
disperato bisogno che qualcuno corra in nostro soccorso e ci aiuti a
raggiungere la meta.
Possiamo immaginare molto bene come questa faccenda possa
essere facilmente declinata in migliaia di situazioni diverse, che
vanno dal neonato che piange e strepita perché non gli viene offerto
del la e nel momento preciso in cui avverte lo stimolo della fame, al
bambino che litiga col compagno che si rifiuta di dargli il gioca olo
desiderato, all’adolescente che sba e furente la porta di camera sua
perché il genitore gli ha proibito di spendere una fortuna per
comprare la maglie a che indossano tu i – ma giuro tu i – i
compagni di classe, fino ad arrivare alla mamma che urla disperata
perché i suoi figli hanno deciso di ballare la conga seminudi in
salo o alle 7.59 di un qualsiasi lunedì lavorativo.
La rabbia è un’emozione universale, è innata ed è funzionale alla
nostra sopravvivenza perché ci obbliga a lo are per o enere ciò che
per noi è imprescindibile, ma, sopra u o, è necessaria. Sempre.
Quando i genitori si palesano ai primi colloqui, so olineando che
uno dei motivi principali per cui vengono da me è che il loro figlio è
arrabbiato, li invito spesso a rifle ere sul fa o che la rabbia, in realtà,
è un o imo segnale, perché vuol dire che è ancora percepita
chiaramente da tu i la possibilità di trovare una soluzione al “vero”
problema. Per quella che è la mia esperienza, infa i, i bambini si
arrabbiano con mamma e papà proprio perché ritengono che si
possa ancora fare qualcosa; nel momento in cui dovessero perdere la
speranza, si trasformerebbero in piccole bambole immobili e si
adeguerebbero senza fiatare alla terribile sentenza degli adulti:
«Devi fare il bravo!».
Se qualcuno si arrabbia, indipendentemente dall’età, è perché sta
lanciando un messaggio: un SOS vitale che segnala la necessità di
intervenire perché si sente in pericolo sul piano fisico o psichico.
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Trasme e, a tu i quelli che si trovano nel suo raggio di azione, un
grido di allarme che evidenzia la necessità e la volontà di
raggiungere un obie ivo di maggior benessere personale e avvisa
che, pur di riuscirci, è disposto a comba ere perché si sente pronto
per farlo; la manifestazione fisica della rabbia dimostra chiaramente
che ne si ha anche la potenza d’azione.
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