Sedotta da te – Ester Ashton

SINTESI DEL LIBRO:
Procedevo ad andatura sostenuta per le vie di New York nonostante
fosse l’ora di punta. Guardai nello specchietto retrovisore e un
sorriso esplose spontaneo nel vedere l’auto delle guardie del corpo
tallonarmi da vicino. Riportai lo sguardo di fronte a me e ridacchiai
nell’immaginare il capo delle mie guardie, Andrew, che imprecava
per quell’inconveniente. Da più di un anno ormai avevo dovuto
optare a quella soluzione, nel momento in cui mi ero accorto che
alcune cose, a volte inspiegabili, erano accadute e non avevo avuto
altra scelta.
Ripensai al sistema difensivo progettato di recente da una delle
mie società, che tanto interesse aveva suscitato negli ambienti
governativi. Si supponeva fosse proprio questo il vero obiettivo dei
numerosi attentati di cui ero rimasto vittima negli ultimi diciotto mesi.
Per questo avevo assunto dei guardaspalle che mi seguivano
dovunque e anche se ormai ero abituato ad avere delle ombre con
me, alle volte questo era ingombrante, come quella sera.
Dopo che Allyson era andata via circondata da quegli uomini che
non le avevano dato respiro, avevo continuato a lavorare con quel
pensiero fisso nella mente.
Volevo sapere ogni cosa e ciò mi aveva distratto quanto bastasse
per lasciare in anticipo l’ufficio e passare da casa, farmi una doccia,
cambiarmi e senza più alcun indugio decidere di andare da lei. Mi
accorsi che ero quasi arrivato al palazzo di Allyson, che si trovava
non molto lontano da Richmond Hill, dove la sua migliore amica
Alexandra aveva una villetta, e un dubbio all’improvviso mi assalì.
“Forse, dopotutto era meglio chiamarla al telefono…”
Entrai nel parcheggio sotterraneo e mi fermai trovando un posto
poco distante dall’ascensore. L’auto che mi seguiva si accostò alla
mia e nello stesso momento in cui chiusi lo sportello, fui circondato
dai miei uomini.
Sospirai spazientito e mentre camminavo con lunghe falcate,
borbottai: «Andrew, tutto questo qui non è necessario ora.»
Ma la mia era solo una vaga speranza che lui e gli altri si
fermassero ad aspettarmi lì.
«Lo sai meglio di me che lo è sempre.»
Scossi la testa ed entrai nell’ascensore, spingendo il tasto del
piano di Allyson e senza guardare nessuno di loro aggiunsi: «Non
voglio che rimaniate fuori della porta.»
«Max…» mi ammonì Andrew.
«Oh, va bene» mi spazientii. «State in corridoio o per le scale,
ma non dietro la porta, non voglio che la gente s’incuriosisca e poi
sicuramente ci saranno già altri a sorvegliarla. Quindi sono al
sicuro.»
In quell’istante non riuscii a non pensare che lei invece di
lasciarsi proteggere cosa aveva fatto? Contro ogni logica era venuta
in ufficio per prendere il lavoro che si era accumulato per via della
sua assenza. Il sangue mi ribollì nelle vene e la rabbia per
quell’insensato atteggiamento, iniziò ad assalire ogni fibra del mio
corpo.
L’ascensore si fermò al piano e le porte si aprirono. Uscimmo e
guardai a sinistra poi a destra, trovando subito il numero del suo
appartamento. Era la prima volta che salivo da lei, anche se l’avevo
condotta a casa una volta.
Un drappello di uomini armati ci venne incontro, tra loro riconobbi
uno di quelli che avevano accompagnato Allyson quella mattina.
«Buonasera, mi chiamo Maximilian Loong e sono qui per vedere la
signorina Campbell.»
Lui annuì, lasciandomi passare. Suonai e pochi istanti dopo sentii
aprire la porta senza esitazione, sospettai quindi che lei non avesse
neanche guardato nello spioncino e la rabbia che già albergava in
me fluì ancora di più, facendomi irrigidire ogni muscolo.
Allyson nel vedermi rimase immobile sulla soglia, mentre io avrei
voluto torcerle quel bel collo che si ritrovava.
I suoi occhi azzurri erano leggermente spalancati, come se non
credesse a quello che aveva davanti a sé.
I
capelli castani erano sciolti sulle spalle, quasi arruffati e le
ciocche più chiare facevano risaltare la sua pelle candida e
luminosa. Indossava un abito di cotone cortissimo che le aderiva
addosso come una seconda pelle e che le copriva a malapena le
natiche, lasciando scoperte le sue lunghe e snelle gambe e
valorizzando anche il suo seno, che scoprii essere molto più pieno di
quello che immaginavo. Riportai lo sguardo sul suo viso e i miei
occhi furono catturati dalla sua bocca a cuore, che in quel momento
si stava tormentando con i denti, probabilmente per il nervosismo di
vedermi lì, sull’uscio di casa sua per la prima volta.
“Avrei dovuto chiamarla al telefono” mi ripetei.
Lei era una tentazione vivente sin da quando aveva iniziato a
lavorare come mia assistente personale tre anni prima e per quanto
fosse bella, affascinante e sexy come la stavo osservando in quel
momento, non ci sarebbe riuscita.
Tra di noi c’era sempre stato un filo che si assottigliava sempre di
più; un’affinità di attrazione, passione e desiderio, un mix esplosivo e
pericoloso. Un paio di volte quella miscela aveva superato la ragione
e avevo assaggiato quelle labbra morbidissime, ma come tanto
velocemente lo avevo fatto, così avevo posto di nuovo le distanze.
Oh, certo… la volevo. Volevo possederla in tutte le maniere
possibili e il solo pensiero di penetrarla a fondo e di fondermi con lei,
invadeva la mia mente quando si avvicinava con il suo profumo che
ricordava tanto un fiore esotico.
Tuttavia qualcosa mi tratteneva per rigore lavorativo, ma
comunque non potevo fare a meno di stuzzicarla quando mi era
vicino, toccandole una mano, un fianco o solo respirandole addosso
mentre le sussurravo qualunque cosa mi servisse quando eravamo
in riunione. Costatare il suo smarrimento in quei momenti era per me
un trionfo, proprio come adesso.
«Nessuno ti ha insegnato» la ammonii con voce fredda, «che
devi sempre guardare dallo spioncino prima di aprire?»
Lei sbatté le palpebre. «Max, cosa ci fai qui?» Chiese ma subito
dopo continuò con voce tagliente. «Come fai a sapere che non l’ho
fatto? Presuntuoso da parte tua pretendere di sapere quello che non
puoi vedere.»
«Hai aperto troppo in fretta, Allyson» risposi facendo un passo
per entrare.
Lei si scostò aprendo ancora di più la porta. «Accomodati» e non
appena lo feci, la richiuse rimanendo ferma dietro di me.
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