Salute e bugie – Come difendersi da farmaci inutili, cure fasulle e ciarlatani – Salvo Di Grazia

SINTESI DEL LIBRO:
Quando da piccolo finivo i compiti, mio padre non mi concedeva subito
di guardare i cartoni animati: prima dovevo (ma in fondo mi piaceva)
leggere un capitolo dell’enciclopedia; forse i più giovani lo considerano uno
strumento superato, ma per noi non più trentenni era l’internet dei nostri
tempi. In quei volumi si parlava di tutto: scienza, natura, storia, geografia...
Neanche a farlo apposta, dopo il libro sugli animali il mio preferito era
quello sulla scienza. Prima di arrivare a leggere di medicina e corpo umano,
bisognava necessariamente passare dal paragrafo dedicato alla figura del
farmacista.
Ricordo la foto di un uomo in camice che consegnava una scatoletta a
una bambina; poi l’immagine di uno strano individuo, vestito in modo
bizzarro, circondato da vasi pieni di erbe e intento a pesare delle polveri su
una bilancia: era il vecchio farmacista, quello di quando non esistevano
industrie e macchinari, lo «speziale». Doveva scegliere, pesare, mescolare
con abilità per confezionare i rimedi (pochi, in effetti) contro tutte le
malattie
(tantissime)
dell’epoca.
Quell’immagine mi ipnotizzava
puntualmente. Immaginavo quanto preciso e preparato dovesse essere
quell’uomo, che sapeva quali ingredienti scegliere e come combinarli;
un’immensa sapienza tramandata di padre in figlio: allora le cause dei mali
erano spesso sconosciute, quindi più che studiare bisognava affidarsi agli
insegnamenti trasmessi dai propri maestri.
A guardare le farmacie di oggi, certo, qualche progresso lo abbiamo
fatto; a volte, però, il sospetto che il farmacista dei tempi andati sia ormai,
appunto, andato, è più che lecito: la farmacia non sembra più la bottega
dove ottenere piccole quantità di una particolare miscela di erbe, ma un
negozio nel quale accaparrarsi confezioni da decine di pillole, liste intere di
farmaci, riserve di medicinali. Sapete quante confezioni di paracetamolo
(un noto antifebbrile) sono state vendute in Italia nel 2012? 3,3 milioni solo
nei primi sei mesi dell’anno. (1) Oggi in farmacia troviamo di tutto, dai
cosmetici ai pannolini, dal profumo al sapone: un piccolo supermercato. E
purtroppo troviamo anche prodotti che con la salute non c’entrano nulla.
Non parlo solo dei rimedi omeopatici, venduti come curativi quando molto
spesso non lo sono affatto, ma di veri e propri «giocattoli della salute» che,
se analizzati con un minimo di occhio critico e consapevolezza, lasciano
semplicemente allibiti.
Ad esempio, con ogni probabilità avrete sentito parlare dei «coni
auricolari», piccoli coni di carta rivestiti internamente di cera, venduti allo
scopo (presunto) di sciogliere il cerume che si accumula nelle orecchie. Sì, a
volte l’eccessiva produzione di cerume (fisiologica: serve a ridurre la
possibilità che nel padiglione auricolare si raccolgano sostanze estranee)
può creare difficoltà all’udito, fastidio e addirittura otiti o dolori importanti.
Per risolvere questi problemi è necessario rimuovere la sostanza mediante
un piccolo e semplice intervento, che un otorino può eseguire in
ambulatorio in pochi minuti. Ma il richiamo del «fai da te» è irresistibile e
così si trovano in commercio gli strumenti di cui dicevo. L’uso è semplice: si
inserisce la punta del cono dentro l’orecchio, si accende l’estremità opposta
e
il
calore sprigionato dovrebbe sciogliere il cerume in eccesso,
facilitandone l’espulsione. Il risultato sembra visibile: se infatti apriamo
l’involto noteremo una sostanza oleosa sulle pareti di carta. Evviva!
Ecco, le cose non stanno proprio così. Non solo il calore sviluppato non
ha alcuna possibilità di sciogliere il cerume, ma può persino causare danni,
talvolta molto seri. Come detto, le pareti interne del cono sono ricoperte di
un materiale simile alla cera: è questo che, sciogliendosi, ci illude di aver in
effetti liberato l’orecchio. Peccato che, liquefatta dal calore, tale sostanza
possa scivolare all’interno del canale uditivo, addirittura fino al timpano.
Sono descritte ustioni anche gravi, infezioni e persino perforazioni
timpaniche. Danni evitabili, causati da un rimedio inutile e del tutto
inefficace.
Come inutili e inefficaci sono le fasce per i polsi che, premendo in un
punto specifico, ridurrebbero i sintomi detti «cinetosi» (il mal di mare e il
mal d’auto, per intenderci). Sono in vendita proprio per questo: soffrite di
nausea del viaggiatore? Navigare vi fa stare male? Basta indossare una
fascia e tutto si risolverà.
Anche in questi casi non esiste alcuna dimostrazione di efficacia, alcuna
evidenza che un effetto possa essere osservabile. Certo, qualcuno riferisce
un miglioramento della sintomatologia, ma è troppo poco perché si parli di
efficacia reale (probabilmente entra in gioco anche l’effetto placebo: siamo
convinti di fare qualcosa per la nausea e già per questo ci sentiamo un po’
meglio). Tali strumenti funzionerebbero secondo i principi dell’agopuntura,
perché vanno a premere un punto particolare del polso, ma in effetti lì non
vi sono strutture coinvolte nel meccanismo della nausea o dei malesseri da
viaggio. È una bufala totale, e la scienza ci dice che non può funzionare.
Perché li vendono? Perché qualcuno li compra. In determinate situazioni la
gente è disposta a credere a tutto.
Uno degli esempi più lampanti mi sembra il fatto che alcuni credano di
poter far «girare» un feto podalico mediante l’applicazione di coni fumanti
su un dito del piede (quasi sempre il mignolo). La pratica si chiama
moxibustione e deriva anch’essa dai concetti dell’agopuntura e dei canali di
energia vitale che attraverserebbero il corpo (chiamati meridiani): se il feto
che una donna porta in grembo non ha la testa rivolta «verso il basso» (la
posizione fisiologica e più frequente) ma verso l’alto, le si pone un cono su
un dito del piede e si dà fuoco all’altra estremità. L’operazione dura alcuni
minuti e si devono effettuare diverse sedute. Può sembrare assurdo, ma
qualcuno dice che funziona. Questa procedura insomma, non si sa come né
perché, farebbe capovolgere i feti podalici. Gli studi condotti in merito ci
dicono il contrario, e anche i pochi che sembrano mostrare una qualche
efficacia non forniscono risposte definitive. Persino la semplice logica
dovrebbe ribellarsi a una teoria così inconsistente e astrusa; eppure ci sono
ancora donne che, consigliate da operatrici sanitarie poco aggiornate, ci
credono.
E non è l’unico caso di pratiche chiaramente inattendibili che, con una
giusta spinta pubblicitaria, trovano accoglienza tra la gente. Uno degli
esempi più recenti (e assurdi) è stato il noto «braccialetto dell’equilibrio».
Un semplice bracciale di gomma con un adesivo al centro che, a detta dei
produttori, avrebbe migliorato performance fisiche, equilibrio e resistenza
in chi l’avesse indossato. Analizzando la questione con razionalità
potremmo concludere che nessuno si berrebbe la storia del costoso
accessorio in gomma capace di migliorare le prestazioni fisiche. Il
condizionale «potremmo» è d’obbligo, perché invece questo braccialetto è
diventato un oggetto di tendenza in tutto il mondo, imitatissimo, realizzato
in varie versioni; almeno fino a quando alcune autorità di regolamentazione
del commercio hanno chiesto ai produttori la documentazione che ne
dimostrasse (ma ce n’era davvero bisogno?) l’efficacia. Com’è ovvio,
documentazione non ne esisteva e il bracciale miracoloso in breve tempo è
scomparso dalla circolazione. Non prima, però, di aver reso ricchi i suoi
produttori alle spalle di acquirenti che sono passati per gonzi.
Sulla scia di questo successo sono nati così altri oggetti che
magicamente migliorano le prestazioni fisiche: magliette realizzate con
tessuti particolari, cerotti, suole per scarpe, ciondoli e medagliette. La cosa
più strana (o sfacciata) è che tutti questi oggetti recano chiara una scritta di
avvertenza: non contengono nulla di particolare o di efficace, oltre al
materiale con il quale sono stati realizzati. Tuttavia basta un nome un po’
esotico, qualche termine tipo «energy», «magic» o «power» e una strategia
di marketing azzeccata (magari con qualche testimonial conosciuto) e il
gioco è fatto. Migliaia di acquirenti in tutto il mondo, per la gioia delle
tasche di chi vuole fare affari alle spalle dei creduloni.
Simili oggetti hanno la stessa credibilità delle cremine scioglipancia di
antica memoria o delle pozioni anticalvizie di inizio Ottocento: sono
semplici illusioni, trucchi da baraccone che esercitano su di noi un fascino
incredibile e irresistibile. E proprio per questo bisogna saper fare una
giusta differenza tra farmaco attivo ed efficace e prodotti da banco, che
hanno un valore commerciale, ma dal punto di vista medico e scientifico
sono inutili. Anche se può sembrare strano, la scienza ha provato a studiare
di tutto, leggende metropolitane e racconti popolari compresi. Esiste
persino uno studio che misura l’efficacia dei braccialetti di rame sull’artrite.
Non so se ne avete mai visti, in vendita su certe bancarelle o al polso di
qualche amico: si dice che servano a «scaricare le energie negative» (ottimo
esempio di aria fritta) o a mitigare la gravità dei dolori articolari e delle
artriti. In linea di principio, oggetti simili non dovrebbero avere nessuna
interazione con il nostro fisico utile a migliorare i dolori o a scaricare
improbabili energie, eppure qualcuno ha provato a confrontarne gli effetti
con quelli di diversi bracciali in rame (magnetici, smagnetizzati, semplici)
su un gruppo di persone che soffrivano di artrite. (2) Sono state controllate
le dichiarazioni dei pazienti a fine esperimento (relativamente al dolore e ai
fastidi dell’artrite) e misurati alcuni parametri sanguigni normalmente
alterati dalla malattia. Nessuna differenza né beneficio: quei braccialetti
non servono a nulla. Stupiti? Qualcuno dirà che non serve certo uno studio
scientifico per dimostrare un’evidenza simile, ma allora spiegatemi perché
c’è gente che li compra e li indossa per stare meglio.
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