Rosa Meccanica – Giulia Anna Gallo

SINTESI DEL LIBRO:
Finalmente era pronto. Adam sospirò e alzò lo sguardo verso il
cielo notturno, sperando di riuscire a scorgere la luce delle stelle
celate dietro la cappa di fumo che, esalata dal terreno di
Steamwood, la avvolgeva del tutto. Ma, oltre l’indistinta massa dalle
sfumature grigio-violacee, spiccavano soltanto le due lune sorelle, in
quel momento falci sottili che parevano occhi socchiusi. La foresta
era quieta e nell’aria risuonava solo lo sbuffante respiro degli alberi
ossigeno-produttori i quali, lavorando silenziosamente, senza che
nemmeno il più piccolo dei loro ingranaggi scricchiolasse, soffiavano
fuori centinaia di molecole di O2 per volta, a cadenza regolare. Si
sentiva al sicuro lì, protetto dalle loro fronde sintetiche, ma provava
al tempo stesso una sconosciuta impazienza. Per la prima volta nel
corso della sua irreprensibile esistenza, anziché attendere e
ragionare, voleva agire, smettere di rimandare a più tardi. Aveva
pianificato abbastanza.
«Ne sei proprio sicuro?» domandò una voce. Sebbene
sussurrasse, irradiava potere, fermezza, autorità.
Adam non sobbalzò; era abituato alle apparizioni improvvise di
Velena, che pareva sempre materializzarsi e poi svanire nel nulla,
come se non fosse in grado di limitarsi a camminare. Chissà, forse si
spostava davvero utilizzando la magia. Non glielo aveva mai chiesto.
Per quanto la amasse, aveva la sensazione che alcuni dei suoi
segreti sarebbe stato meglio non cercare mai di svelarli.
«Non ho altra scelta, mia diletta», rispose, voltandosi verso di lei.
La donna si teneva in disparte, privandolo del conforto della sua
vicinanza ma, per quanto lui detestasse quel gesto, lo comprendeva
e decise di rispettarlo. Aveva il viso esausto e lo sguardo tormentato.
Se l’avessero vista così, gli abitanti del villaggio avrebbero compreso
che non era malvagia né tantomeno priva della capacità di provare
sentimenti. Si sarebbero resi conto, come aveva fatto lui, che
nonostante si ostinasse a negarlo non era affatto una servitrice
compiacente del mostro, bensì sua prigioniera.
«Esiste sempre almeno una seconda scelta», gli disse,
«altrimenti non saremmo esseri umani, ma burattini tra le mani del
fato. Puoi ancora tirarti indietro.»
Aveva un tono disperato. Non era mai arrivata a implorarlo prima– e lui dubitava avesse supplicato chicchessia, in vita sua – ma
sembrava quasi lo stesse facendo adesso, anche se in maniera
indiretta.
«Tirarmi indietro? No, la resa non è un’opzione praticabile.
Tornare a casa a questo punto sarebbe un gesto vile ed egoista», le
spiegò per l’ennesima volta. «Potrei farlo per me stesso e potrei farlo
per te, ma nostro figlio merita di meglio. A lui devo molto di più.»
Sentir nominare il bambino non ancora nato le fece contrarre il
viso in un’espressione di profondo dolore. Adam avrebbe voluto
accarezzare, almeno con lo sguardo, il suo ventre arrotondato,
salutare la creatura che vi dimorava e trarre da essa il coraggio
necessario a compiere l’impresa che si era prefisso e lo attendeva
poco distante, al di là della protezione della foresta. Ma il largo
mantello multistrato di Velena ne nascondeva le forme, il tessuto
abbondante celava alla vista l’inconfutabile prova del loro legame
proibito.
«Non ho mai udito tanta convinzione nelle tue parole. Niente può
fermarti, ormai, o farti cambiare idea, non è così?» chiese la donna.
Si avvicinò di qualche passo e gli parve incredibilmente stanca,
sfinita e in qualche modo sconfitta.
«So che in molti hanno tentato senza successo prima di me.
Principi, guerrieri, cavalieri dalla scintillante armatura…» La sua era
invece di seconda mano, ammaccata e sistemata con materiali di
scarto oppure ottenuti a poco prezzo. In compenso assolveva a
molteplici scopi, non si limitava a tenere al riparo le membra. «Sono
soltanto uno scudiero, giunto a Darkwood al servizio di un ricco
padrone, ma ho dalla mia parte l’intelletto e non impugno semplici
armi bensì le mie stesse invenzioni.»
Cercava di suscitare in lei un barlume di speranza. La passione
per la meccanica e l’ingegneria era stata la prima cosa ad avvicinarli.
La strega osservava con stupore i suoi progetti, i prototipi e le
creazioni definitive, lui ammirava il modo sbalorditivo in cui lei
riusciva a fondere insieme tecnologia e incantesimi, dando alla luce
marchingegni unici nel proprio genere, dall’impronta inconfondibile.
Un’abilità che finora aveva messo a disposizione della bestia, ma
che quella sera sarebbe tornata a vantaggio di Adam.
«Grazie a te conosco a menadito il castello, le sue trappole e i
sistemi di sicurezza installati lungo il perimetro. Ho ideato congegni
in grado di neutralizzare ciascun ostacolo di cui mi hai parlato e
aiutarmi a raggiungere la tana del drago in breve tempo. Una volta
all’interno della roccaforte, sfodererò la mia ultima invenzione, l’arma
che mi permetterà di uccidere quell’essere abbietto.»
Velena lo raggiunse e lo prese per mano. I suoi occhi gli stavano
dicendo addio, le sue labbra serrate erano esangui.
«Non mi credi, forse? O non hai fiducia in me?»
Lei scosse la testa e fece qualcosa di stupefacente e inaudito.
Iniziò a piangere. «Non ho il minimo dubbio, Adam di Chrometown.
Questa notte tu annienterai il mostro, gli strapperai via il cuore dal
petto», disse tra le lacrime. «E con esso anche il mio.»
Lui ebbe un fremito e il suo animo si infiammò come ogni volta
che la udiva esprimere affetto per il suo tenebroso signore. Come
poteva anche soltanto provare pietà per quell’empia creatura? Il suo
sangue ribolliva al solo pensiero del legame tra lei e la bestia.
«Non capisci? Voglio renderti libera, proteggere il piccolo che
porti in grembo e fare di te mia moglie. Quando la missione sarà
compiuta, il tuo vincolo nei confronti dell’oscurità verrà infranto e
potrai unirti alla schiera dei giusti per combattere a fianco del bene
anziché tra i malvagi.»
«Tu vedi ogni cosa in bianco e nero, mio adorato. Ma anche i
Cattivi hanno sogni e desideri, progetti e obiettivi non per forza
maligni, a volte semplici e innocenti come quelli dei comuni mortali.»
Adam scosse la testa. «Tu sei un’eccezione, sei diversa dagli
altri. Non commettere l’errore di attribuire la tua stessa buona fede a
tutti i nemici del bene.»
«Sei così cieco», sussurrò lei, percorrendogli una guancia con le
dita. Erano macchiate d’inchiostro e probabilmente gli avrebbero
lasciato una traccia sulla pelle, come una pittura di guerra.
Il
suo viso elegante era ormai devastato dal pianto, ma lei in
qualche modo mantenne la grazia che l’aveva sempre
contraddistinta.
«Non disperarti per lui», la pregò l’uomo. «Non mi ami, Velena?
Non mi preferisci? Non ti auguri che sia io a uscirne vincitore?»
«Per quanto sia crudele e sbagliato, anche se il mio amore per te
è destinato a distruggermi, ti amo più della mia stessa vita»,
confessò lei, con il tono di chi stesse svelando di aver commesso un
atroce delitto.
Adam le diede il più lieve dei baci e le promise che si sarebbero
rivisti presto, poi la lasciò lì, incamminandosi verso il castello.
Si era già voltato quando, tra i respiri degli alberi meccanici, gli
parve di udirla bisbigliare: «Prima di quanto immagini.
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