Memorie di ghiaccio – Steven Erikson


SINTESI DEL LIBRO:
Rondini sfrecciavano attraverso i
nugoli di moscerini che danzavano
sopra le pianure fangose. Il cielo
sopra la palude restava grigio, ma
aveva perso l'argenteo bagliore
invernale, e il vento caldo che
sibilava sopra la terra devastata
recava in sé il sentore della
guarigione.
Quello che era, un tempo, il mare
interno di acqua dolce chiamato
Jaghra Til dagli Imass - nato dallo
scioglimento dei ghiacciai Jaghut
viveva ora la sua agonia. Il riflesso
della pallida cortina di nubi nelle
distese d'acqua alta fino al ginocchio
continuava verso sud a perdita
d'occhio e, tuttavia, la terra appena
nata dominava il paesaggio.
La rottura dell'incantesimo che
aveva provocato l'era glaciale
restituiva alla regione le antiche,
naturali stagioni, ma il ricordo dei
ghiacci alti come montagne restava.
La roccia esposta a nord era
graffiata e scrostata e i suoi bacini
pieni di massi. Lo spesso strato di
limo che era stato il fondo del mare
ribolliva ancora di gas, mentre la
terra, libera del peso enorme dei
ghiacciai scomparsi otto anni prima,
continuava la sua lenta ascesa.
La vita dello Jaghra Til era stata
breve, ma il limo che si era
depositato sul fondo era alto. E
infido.
Pran Chole, Divinatore del clan di
Cannig Tol dei Kron Imass, sedeva
immobile in cima a un masso, lungo
un'antica spiaggia. Il pendio davanti
a lui era ricoperto di un groviglio di
erba bassa, sottile, e di pezzi di
legno
malconci,
portati
dalla
corrente. Dodici passi più in là, la
terra declinava leggermente, poi si
apriva in un ampio bacino fangoso.
Tre
ranag
erano
rimasti
intrappolati in una pozza paludosa
all'interno del bacino. Un maschio,
la sua compagna e il loro vitello,
stretti
in un patetico cerchio
difensivo. Prigionieri, vulnerabili,
dovevano essere sembrati facili
prede al branco di ay che li aveva
trovati.
Ma la terra era veramente infida. I
grossi lupi della tundra avevano
subito lo stesso destino dei ranag.
Pran Chole contò sei ay, compreso
un cucciolo di un anno. Impronte
indicavano che un altro cucciolo
aveva girato intorno alla pozza
dozzine
di
volte
prima
di
vagabondare verso ovest, destinato
senza dubbio a morire in solitudine.
Quanto tempo prima si era
verificato questo dramma? Non c'era
modo di dirlo. Il fango sì era
rappreso su ranag e ay, formando
mantelli di argilla percorsi da crepe.
Macchie
di
spuntavano
verde
là
brillante
dove avevano
germinato i semi portati dal vento e
il Divinatore ricordò le visioni avute
nel camminare in forma di spirito:
una moltitudine di dettagli mondani
distorti in immagini irreali. Per le
bestie, la lotta era diventata eterna:
prede e cacciatori erano stretti in un
abbraccio fino alla fine dei tempi.
Qualcuno arrivò quasi senza
rumore, accoccolandosi al suo
fianco.
Gli occhi bronzei di Pran Chole
rimasero fissi su quella statica scena.
Il ritmo dei passi aveva rivelato al
Divinatore
l'identità
del
suo
compagno e ora gli odori, tipici di
una creatura a sangue caldo, erano
eloquenti tanto quanto la visione
diretta del suo volto.
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