La rinascita dell’Italia – Francesco Morace

SINTESI DEL LIBRO:
Il
Covid-19 non ha solo pervaso l’infosfera con un’immagine
colorata, raffinata e inquietante, con una potente ridondanza
comunicativa, ma ha costituito una minaccia tangibile nei confronti di
quanto di più caro abbiamo: la salute nostra, dei nostri familiari, della
comunità a noi più vicina. Un colpo inferto alla nostra integrità: prima
di tutto dal punto di vista immaginario e simbolico, poi dal punto di
vista reale e del nostro sistema di vita. Il suo impatto ha cambiato
comportamenti, rafforzato valori, sconvolto le priorità.
L’indicazione, anche per il mondo del marketing, del commercio,
della comunicazione, è oggi più chiara che mai: rafforzare tutto ciò
che coinvolge conoscenze e competenze per prenderci cura gli uni
degli
altri,
riconoscendo l’importanza del bene comune.
Comprendendo che questo è un elemento costitutivo della nostra
umanità: sentirsi responsabili e fare la propria parte. Riemerge una
grande verità: la salute prima di tutto.
2Competenza e conoscenza
Nelle fasi acute di crisi (civili, sociali, sanitarie) dopo il primo
momento di sconcerto emergono progressivamente i più bravi, i più
preparati, i più attrezzati ad affrontare l’emergenza: i professionisti e
gli
specialisti, «quelli che sanno» e dimostrano competenza,
orientando il comportamento del «popolo» che per sopravvivere
accetta di fidarsi. Questi sono i valori a cui istituzioni, aziende e
organizzazioni dovranno guardare: competenza, conoscenza,
autorevolezza e capacità di scelta.
L’autenticità è stata utilizzata spesso in modo poco credibile e
come semplice promessa di comunicazione. Con l’emergenza tutto è
stato ricondotto alla forza della sperimentazione scientifica e
all’evidenza della vulnerabilità e fragilità di ciascuno di noi. È in
questa direzione che bisognerà orientarsi.
Le imprese dovranno comunicare meno e meglio, rispettando la
vita concreta delle persone e un nuovo concetto di human value.
Sarà necessaria una riflessione sulla salute, sul benessere, sulla
bellezza del bene comune che è un sentire e che aiuta le persone a
vivere meglio, trasformandosi in etica aumentata. L’opinione di
chiunque lascia nuovamente il posto all’autorevolezza di chi sa.
3Leadership e capacità di scegliere
Chi guida le aziende, le organizzazioni, le istituzioni dovrà ripensare
al proprio ruolo di leadership esemplare, come è avvenuto negli anni
d’oro del boom economico in cui l’imprenditoria italiana, con
l’esempio luminoso di Adriano Olivetti ed Enrico Mattei, è stata
capace di tracciare una strada che conciliasse innovazione e
sviluppo, cura del territorio e relazione con la comunità interna dei
dipendenti e quella esterna dei cittadini.
In questa fase così delicata il rapporto con i prodotti seguirà due
strade: etica ed estetica, entrambe aumentate. Un magico mix di
qualità di cui spesso gli italiani sono capaci e che può essere
sintetizzato in un’affermazione che diventerà lo slogan dei prossimi
anni, passata la grande paura: «ciò che vale non ha prezzo». Come
la salute.
La capacità di scegliere dei leader si trasferirà nella capacità di
scegliere di ciascuno – cittadino, consumatore, professionista –, in
un quadro di opzioni meno confuso e caotico del precedente.
4Italian way come antidoto
La bellezza aumentata di cui avremo bisogno diventerà il fattore che
potrebbe moltiplicare la potenza dell’italianità nel mondo (e
potenzialmente dell’Italian way e delle imprese italiane), se solo ne
saremo capaci, valorizzando il gusto, la relazione, il colpo d’occhio e
l’attenzione al dettaglio: tutti elementi qualitativi, difficilmente
monetizzabili e sicuramente non riconducibili alle logiche lineari,
economiche, finanziarie, tipiche del modello anglosassone. In questo
senso l’Italian factor aiuterà a far compiere il salto oltre la siepe della
crisi e del contagio. Puntando su ciò che il virus ha cercato di
sottrarci: il gusto per ciò che è buono e bello.
Per alcune settimane siamo stati additati dal mondo come
portatori di contagio: il modo migliore di reagire è controintuitivo,
dimostrando il contrario. Normalmente nelle emergenze siamo più
bravi degli altri: ci ricompattiamo e ritroviamo un orgoglio che
purtroppo non appartiene al nostro sentire quotidiano. L’ipotesi di
lavoro secondo noi percorribile – espressione di un design thinking
all’italiana – riguarda la possibilità concreta dell’Italia e degli italiani
di giocare un ruolo rilevante in questo cambiamento. Puntando sul
fattore che spesso viene confuso con il made in Italy e che invece è
altra cosa: l’Italian way. Il modo italiano di fare le cose, di pensarle,
di realizzarle. Ingegnoso e imprevedibile come il virus, secondo una
logica trasversale, non lineare, che altri teorizzano e che noi
mettiamo in pratica, spesso con poca consapevolezza. L’Italian way
può diventare un antidoto: può rafforzare il sistema immunitario
puntando sulla propria unicità, creatività, distintività.
5Bellezza aumentata
In questa fase così delicata crediamo che si possa rilanciare la sfida
in termini di bellezza aumentata, seguendo la nostra natura e
rafforzando il nostro DNA. Il primo stimolo di riflessione che emerge
dall’Italian factor mette insieme il valore umano, l’intelligenza
contestuale, il tocco d’artista e il tailormade. Tutto ciò che è bello,
armonico, piacevole al tatto e alla vista diventerà nuovamente
desiderabile in un mondo che per alcuni mesi avrà vissuto con il fiato
sospeso, temendo per la propria sopravvivenza. Il bello – senza gli
eccessi del lusso – tornerà a fornire una ragione di vita, un motivo di
godimento quotidiano, e in questo senso aumenterà il proprio ruolo
sociale, inclusivo, rasserenante, a partire proprio da quegli spazi
pubblici che nei tempi del contagio sono stati evitati.
Emergerà una riflessione sulla bellezza come bene comune, sulla
vitalità di un’estetica che è un sentire e che aiuta le persone a vivere
meglio, trasformandosi in etica aumentata. Un valore che non ha un
costo e nemmeno un prezzo, ma incarna la forza del gusto, dei
legami, della cultura, della bellezza e dell’autenticità. Continueremo
a non imitare gli altri ma non dovremo atrofizzare le imprese
bloccandole nella paura, sulla difensiva; dovremo piuttosto spingerle
ad affrontare i mercati con il coraggio del futuro.
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