La sposa liberata – Abraham B. Yehoshua

SINTESI DEL LIBRO:
Se avesse previsto che anche quella sera, sulla collina dei matrimoni del
villaggio, avvolto dal profumo dell'antico fico che stava accanto al tavolo
come uno degli ospiti, sarebbe stato preso dall'angoscia per il fallimento e
l'occasione perduta, forse si sarebbe mostrato più pronto e deciso a sfuggire a
Samaher. La petulante e ambiziosa studentessa del master, infatti, non
contenta di un invito scritto e a voce, ha provveduto a organizzare un minibus
speciale. Poi ha insistito con il nuovo capo del dipartimento perché tutti i
docenti partecipassero alle sue nozze: non solo come gesto di omaggio verso
di lei, ma verso tutti gli studenti arabi senza i quali, sosteneva sfacciatamente,
il dipartimento di Lingua e letteratura araba non avrebbe goduto di alcuno
status particolare all'interno dell'università. A essere sinceri, sua moglie
Haghit, consapevole di quanto negli ultimi anni i matrimoni lo deprimessero,
ha tentato di dissuaderlo: "Ti stai cercando un dolore inutile?" "Ma sono solo
arabi", ha risposto lui con dolcezza, con il candore di chi si dedica alla loro
cultura. "E cioè? Che intendi dire? Che non sono completamente degli esseri
umani?" "Tutt'altro...
Tutt'altro..." si è affrettato a giustificarsi, senza spiegare come gli arabi
potessero essere umani senza risvegliare la sua invidia. Ma la serpe
dell'invidia che gli covava in seno già da qualche anno, ha strisciato ostinata
al suo seguito fin nelle profondità della Galilea, al piccolo villaggio di al
Mansura, non lontano dal confine settentrionale. E dopo essersi innalzata
nelle volute di fumo del montone sfrigolante e aver vibrato al suono della
musica orientale, ansiosa di emulare i ritmi assordanti e sfrenati della musica
dei matrimoni ebrei a dispetto della sua melodia delicata -, gli ha inferto un
morso velenoso alla vista della studentessa-sposa che invece di consegnargli
la tesina che gli deve dall'anno precedente, gli presenta ora il marito. Molte
mani hanno cercato di abbellire un poco Samaher, evidentemente con
successo, perché per un istante Rivlin fatica a riconoscere la studentessa che
negli ultimi cinque anni ha partecipato a quasi tutti i suoi corsi. Le scarpe dal
tacco sottile e i capelli raccolti in uno chignon la rendono più alta, e gli occhi
da attivista politica, perennemente in moto tra le ansie di una congiura e
l'offesa di una discriminazione, sorridono ora rilassati, liberi dagli occhiali,
truccati con un ombretto dalla sfumatura peculiare, forse importato
furtivamente per lei dal Libano. I minuscoli brufoli che talvolta le spuntano
tra le guance e il collo sono mascherati da un fondotinta vivace, e il lungo
abito da sposa elargisce un po' di armonia, per quanto per una sola sera, alla
giovane donna che non sempre si distingue nell'abbinamento dei colori.
Samaher avvampa d'orgoglio per essere riuscita a trascinare persino lui, il più
in vista e il più importante tra gli insegnanti, a onorare non solo lei, ma tutto
il mondo arabo. E' talmente emozionata che la mano sottile tesa verso Haghit
trema un poco.- E l'insegnante che se la prende sempre con te? - ride lo sposo mentre stringe
la mano al professore, convenendo forse con lui sul carattere irresponsabile
della futura moglie, oppure sottintendendo la minaccia velata che, ecco, d'ora
in poi ci sarà qualcuno a proteggerla. Rivlin riconosce il ragazzo che talvolta,
nelle sere dell'inverno precedente, aspettava la studentessa in corridoio. A lui
era parso più simile a un bidello in attesa di pulire la classe che non a un
innamorato in attesa della fidanzata e ora, imbarazzato per il suo equivoco,
scatta in piedi e si congratula affabile. Ma ecco di nuovo lo punge l'offesa per
il figlio, lo sposo ripudiato, e l'amarezza e l'invidia tornano a sopraffarlo con
intensità tale da spingerlo a cercare gli occhi della moglie. Haghit, però, sta
ridendo di cuore. Pur condividendo il dolore del marito, l'invidia è un
sentimento a lei estraneo e Rivlin non trova complicità nel suo sguardo, ma
solo un sorriso inteso a calmarlo e ad ammonirlo di non incupirsi accanto a
questi arabi, che fanno il possibile per rendere gradevole la festa agli ebrei. E
la festa procede serena nell'esitante crepuscolo estivo, immersa nella
tranquillità irradiata dai giovani arabi, studenti del dipartimento di Rivlin e di
altre facoltà dell'università di Haifa, del Politecnico e di diversi istituti che
cercano di creare una sorta di minuscola "autonomia" tra le colline rosate
della Gallica. E per dare una dimostrazione di generosità e persino di
liberalità agli invitati ebrei, affinchè non si lamentino di essere venuti
inutilmente, l'energica sposa chiama un giovane qadi barbuto, vestito con una
tunica grigia, e gli chiede di celebrare di nuovo, per quanto con formula
abbreviata, la cerimonia di nozze già avvenuta, con sorpresa degli invitati,
qualche giorno prima alla sola presenza dei familiari. Ecco dunque
un'occasione buona per mettere a tacere la musica cantilenante e far calare
sulla collina dei matrimoni un silenzio tanto profondo che persino l'eco e il
bagliore rossastro di un colpo di mortaio esploso oltre il confine possono
accompagnarsi alla nenia religiosa della cerimonia ripetuta. Ma quando
l'oscurità si addensa, e la musica torna a pulsare, e le luci si accendono tra le
foglie di vite, e i tavoli sono ricoperti da tovaglie variopinte e da decine di
piattini traboccanti di insalate multicolori e la carne di montone arriva
fumante e succulenta su grandi vassoi di rame, Rivlin si pente. Non tanto di
aver accettato l'invito, quanto di essersi lasciato convincere ad affidare la
propria autonomia ad altri unendosi al minibus organizzato. Malgrado siano
già trascorse un paio d'ore, nessuno dei professori sembra ansioso di tornare a
casa. Di certo non lo è il responsabile dell'iniziativa, Efraym Akry, il nuovo
capo del dipartimento di Storia mediorientale: un ebreo osservante dalla pelle
olivastra che ostenta un gran buonumore malgrado la kippah sulla testa lo
costringa a frugare con cura tra i piatti alla ricerca di un cibo che non lo
induca in peccato. Pretende che i padroni di casa arabi e i colleghi ebrei gli si
rivolgano unicamente in arabo, in onore degli sposi e per dimostrare a tutti
quanto sia fluente e naturale per lui quella lingua.
E non solo Akry ma anche gli altri ospiti ebrei si immergono nell'atmosfera
campestre. Persino Haghit, che possiede un'invidiabile capacità di
adattamento, sembra molto a suo agio: ascolta con pazienza e interesse
sincero gli interlocutori, scoppia in risate sonore e di tanto in tanto lascia
cadere una frase, un commento o anche una sola parola che, a quanto pare,
producono un effetto profondo in chi l'ascolta. Rivlin decide allora di
sfruttare quel tempo forzato gironzolando un po', e di farlo prima che la carne
morbida che gli arabi gli ammonticchiano di continuo sul piatto diventi parte
inscindibile di sé. Sulle prime va ad annusare il fumo dolciastro dell'arrosto e
a controllare cosa sia rimasto del montone. Poi si unisce a un gruppo di
giovani in attesa davanti alla porta sconnessa di una latrina improvvisata,
dove un ragazzo elegantemente vestito - che si presenta come un operaio
della ditta responsabile della costruzione della sua nuova casa, cerca di
anticipargli il turno. Ma Samaher, che probabilmente ha seguito le mosse
dell'insegnante per tutto quel tempo e ha notato la sua paziente attesa in un
luogo non adatto al suo rango, si affretta a proporgli un'alternativa più
rispettabile. - La casa è proprio qui vicino, professor Rivlin, proprio vicino,
lo esorta, quasi che la partecipazione del docente alle nozze non fosse
completa senza una visita alla sua casa. Così Rivlin si trova a essere pilotato
tra case e cortili, in un vicolo stretto e buio, al fianco di una sposa araba
malferma sui tacchi a cui non è abituata. Il vestito è già un po' sgualcito e la
balza di pizzo intorno alle spalle gracili emana un sottile afrore. Le unghie
delle mani e dei piedi della ragazza, smaltate di rosso, risaltano nella luce
pallida della luna come grosse gocce di sangue. "E pensare che persino questa
giovane energica, - ricorda Rivlin con un sorriso, - due anni fa è stata travolta
dal fervore religioso e per un intero semestre ha preso parte alle lezioni con
un abito nero, la testa e le braccia avvolte in un grande scialle e
un'espressione seria sul viso, finché si è ravveduta ed è tornata in sé".
Il nitrito di un cavallo lo riporta alla realtà e la vecchia ferita di quel
matrimonio svanito nel nulla si riapre. Rivlin, incapace di trattenersi,
rimprovera la studentessa che lo precede. - Non è bello, Samaher, che tu
racconti a tutti che ce l'ho con te senza spiegare il motivo. Lei si ferma
esterrefatta, arrossendo di piacere. - Ma che dice, professore? Si sbaglia. Non
solo spiego a tutti perché lei è arrabbiato con me, ma sostengo persino che ha
ragione -. Lo guarda in volto, fa una piccola pausa, e aggiunge con un sorriso:- Però ho ragione anch'io. Hai ragione anche tu? - domanda lui con amarezza.- Come puoi aver ragione anche tu? - Certo, come faccio a finire la tesina se
la mia povera nonna è sempre ammalata, ha bisogno di cure e poi tra capo e
collo mi capita anche tutta questa storia del matrimonio? Timoroso che la
studentessa possa sfruttare lo strano momento in cui gli è a fianco vestita da
sposa in un vicolo buio del suo villaggio natale per estorcergli un ennesimo
rinvio della consegna del lavoro, Rivlin taglia corto: Non ricominciare
adesso, Samaher, con le tue scuse. Finisci prima "tutta questa storia del
matrimonio che ti è capitata tra capo e collo" e poi vedremo cosa fare. Un
ampio sorriso illumina il volto della ragazza, come se non solo il professore
le avesse concesso un ennesimo rinvio per la consegna della tesina, che
trascina ormai da più di un anno, ma quasi che quel matrimonio potesse
essere annoverato tra i suoi doveri accademici. Con mano leggera e sicura
stringe il braccio dell'insegnante e lo conduce verso un cancello di ferro
sbarrato da una cavalla grande e nera. Samaher rimprovera la cavalla in
arabo, ma poiché questa non sembra impressionata, la ragazza, in abito da
sposa e tacchi alti, inizia a lottare con lei per smuoverla e permettere al
professore di entrare per primo nel cortile di casa E Rivlin osserva
meravigliato i gesti decisi della giovane: il modo in cui solleva la testa con
orgoglio, fa entrare nel cortile lui e la cavalla, richiude il cancello, estrae un
paio di occhiali da una tasca nascosta del vestito, li inforca e lo guida lungo le
scale di pietra massicce e buie di casa sua. Si ritrova allora catapultato in
un'altra festa, parallela a quella che si svolge all'esterno e riservata alle donne,
sedute pigiate in abiti vivaci su divani e cuscini in un salotto enorme, con le
pareti adorne di ritratti variopinti di antichi notabili in turbante. In un angolo
della sala vecchie contadine in abiti tradizionali aspirano il fumo da narghilè
trasparenti e una donna ingioiellata, sorridente e d'aspetto giovanile, si
affretta verso di loro rivolgendosi al professore per nome ma usando anche il
suo titolo.
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