La ragazza di pietra – Brian Freeman

SINTESI DEL LIBRO:
Jonathan Stride sapeva di non essere
solo.
Arrivando al suo cottage su Park
Point alle due del mattino, si rese
conto che qualcosa non andava.
Puro istinto. Non c’era nulla fuori
posto, sulla strada. Niente auto
sconosciute. Guardò verso gli alberi
e le ombre intorno alla casa, ma non
vide nulla di allarmante. Quando
tese le orecchie, udì solo il ruggito
intermittente del lago Superior oltre
la cima delle dune. Eppure, mentre
chiudeva il suo fuoristrada Ford
Expedition e si dirigeva verso il
portico anteriore, estrasse la pistola.
Istinto.
Avvicinandosi,
vide
delle
impronte nella neve. Piccole, un
trentanove al massimo, e chi le
aveva lasciate andava di fretta, non
cercava di nascondersi. Le seguì sul
prato e lungo il vialetto sterrato che
portava dietro la casa. Esaminò le
finestre del cottage dal cortile, ma
non vide luci. Se dentro c’era
qualcuno, lo stava aspettando al
buio.
Si
diresse
verso la porta
posteriore, vicino al sentiero erboso
che portava alla spiaggia. Entrò nel
portico chiuso. Si tolse la giacca di
pelle e la posò sul divano di seconda
mano che teneva sul retro. Scosse la
neve dai capelli ondulati. Tenendo la
pistola davanti a sé, aprì la porta che
conduceva in cucina.
La casa era più fredda del solito.
Udì una raffica di vento.
Camminava in punta di piedi, a luci
spente, ma le assi di legno in quel
cottage del 1880, non erano mai
silenziose. Cigolavano a ogni passo,
annunciando il suo arrivo. Non
importava.
«So che sei lì» disse ad alta voce.
Nessuno rispose.
Seguì la parete della cucina fino
in sala da pranzo, poi girò l’angolo
ed entrò in soggiorno. Il caminetto
freddo e la poltrona di pelle erano
alla sua destra. Divani e tappetini
occupavano il centro della sala,
vicino ai gradini che conducevano
alla mansarda ancora non finita. Lo
spazio aperto era vuoto. La stanza
era buia. Udì di nuovo il vento, che
agitava le tende in una stanza per gli
ospiti proprio di fronte a lui. Usava
raramente
conteneva
quella
scaffali
stanza,
di
che
libri
impolverati e appunti su casi
irrisolti. Aprì la porta e attraversò il
vecchio pavimento, inclinato come
nella casa delle streghe di un luna
park. La finestra era rotta e i vetri
erano sparsi sul pavimento. Un
pezzo di tessuto delicato sventolava
nell’aria notturna come un fantasma.
La stanza era deserta. Stride
accese la piccola torcia a stilo del
portachiavi, studiò il vetro e notò
una macchia di sangue sul
pavimento.
«Sei ferita» disse ad alta voce.
Tornò in soggiorno e attraverso la
porta aperta osservò la sua stanza da
letto, sul muro di fronte. Lei si
nascondeva lì. Dalle impronte aveva
deciso che si trattava di una donna.
In casa c’erano altre stanze: un’altra
piccola camera da letto nell’angolo
che dava sulla strada, la mansarda, il
minuscolo bagno. Ma le leggere
tracce
umide sulla moquette
conducevano nella sua stanza. Sul
pavimento vide un paio di stivali da
cowboy beige che corrispondevano
alle impronte nella neve.
«Sto per entrare, va bene?»
Ancora nessuna risposta.
Esaminò la camera. Sul letto non
c’era il piumone e lo spazio a destra
e a sinistra era vuoto, ma la porta
dell’armadio
a
muro
era
perfettamente chiusa. Di solito, a
causa della leggera inclinazione
della casa, si accostava da sola, ma
per chiuderla del tutto bisognava
spingerla, e lui non lo faceva mai.
Girò il vecchio pomello in metallo e
tirò con forza. La porta si aprì con
uno stridio.
Puntò la luce sul pavimento e
vide un corpo avvolto nel piumone.
Restava fuori solo il viso. Non una
donna.
Una
ragazza.
Un’adolescente. Che lo fissava con
uno sguardo spaventato. I lunghi
capelli castani erano bagnati e
attaccati al viso. Tremava in modo
incontrollabile, e aveva la pelle
bluastra dal freddo.
Stride
rinfoderò
la
pistola.
Accese la luce nella cabina armadio
e la ragazza chiuse gli occhi di
scatto.
«Mi chiamo Stride» disse. «È
tutto a posto, non ti farò del male.
Sono un tenente della polizia di
Duluth.»
Lei annuì, senza aprire gli occhi.
Lo sapeva già. La coperta scivolò in
basso e Stride vide spalle nude e
ossute.
Si sedette sui talloni di fronte a
lei. «Come ti chiami?»
Lei aprì gli occhi, castani e
perfetti. «Cat» disse.
«Ciao, Cat. Vuoi dirmi come mai
sei qui?»
Lei non rispose subito, ma
allungò una mano nello spazio
polveroso
dell’armadio.
Stride
avvertì la sua paura, la solitudine, e
seppe, senza che lei glielo dicesse,
che quella ragazza non aveva nessun
altro posto al mondo dove andare.
Finalmente, lei sussurrò la risposta,
come fosse un segreto da tenere
nascosto.
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