La notte della svastica – Katharine Burdekin

SINTESI DEL LIBRO:
Il Cavaliere si volse verso la cappella del Sacro Hitler – che in questa
chiesa si trovava nel braccio ovest della Svastica – e, con i soliti rumorosi
accordi d’organo e il prolungato rullare dei tamburi sacri, il Credo ebbe
inizio. Hermann stava seduto nella cappella Goebbels, nel braccio nord, da
dove poteva osservare in santa pace quel bel ragazzo dai lunghi capelli
chiari e setosi, che cantava gli assolo. Ma adesso dovee voltarsi pure lui
verso occidente, come il Cavaliere. Così non riusciva più a vedere il
ragazzo, se non sbirciando lateralmente, e anche se fissare i bei giovanoi
in chiesa non era considerato riprovevole neppure sul piano delle buone
maniere, durante il canto del Credo qualsiasi postura che non fosse
«aenti-sguardo-avanti» era sacrilega. Hermann cantò con gli altri,
mescolandosi a quel possente e intonato ruggire di voci maschili, ma le
parole del Credo non lasciavano traccia nelle sue orecchie o dentro il suo
cervello. Gli erano troppo familiari. Non che non fosse religioso: la grande
cerimonia annuale del Ravvivarsi del Sangue – riservata ai soli hitleriani
tedeschi – non mancava di esaltarlo fino al delirio. Ma questa qui era la
solita funzione mensile, troppo banale e noiosa per suscitare particolari
entusiasmi, specie se uno era contrariato per i fai suoi. Non era riuscito
nemmeno una volta a caurare lo sguardo del nuovo solista, che al viso da
giovane Eroe-Angelo, così innocente, così roseo e delicato, univa una voce
di nitore e intonazione ultraterreni.
Credo, cantarono tui gli uomini e i ragazzi all’unisono col Cavaliere, in
Dio il Tonitruante, che fece questa terra sulla quale marciano gli uomini nei
loro corpi mortali, e nel Suo Paradiso Celeste dove sono tui gli eroi, e nel Suo
Figlio il nostro Sacro Adolf Hitler, l’Unico Uomo. Non procreato, non nato da
grembo di donna, bensì Esploso! (Un magnifico fragore di organo e tamburi,
e tue le mani destre levate nel Saluto soolinearono quello straordinario
miracolo).
Dalla Testa del Padre Suo, Egli il perfeo, l’immacolato Uomo-Bambino,
che noi, mortali e contaminati per la nostra nascita e concezione, dobbiamo
sempre adorare e lodare. Heil Hitler.
Colui che nel momento del bisogno – per noi, per la Germania, per il
mondo – scese dalla Montagna, la Montagna Sacra, la Montagna Tedesca,
quella senza nome, per marciare davanti a noi come Uomo che è Dio, per
guidarci, per condurre alla luce noi che eravamo allora nell’oscurità, nel
peccato, nel caos e nell’impurità, accerchiati dai diavoli, da Lenin, da Stalin,
da Röhm, da Karl Barth, i quaro arcinemici il cui collo Egli pose soo il Suo
Sacro Tallone, schiacciandoli nella polvere.
(Con una ferocia ormai talmente familiare da non poter più dirsi feroce,
le voci maschili ringhiarono all’unisono quelle antiche parole).
Colui che, quando la nostra Salvezza fu compiuta, andò nella Foresta, la
Sacra Foresta, la Foresta Tedesca, quella senza nome; e lì fu riunito al Padre
Suo, Dio il Tonitruante, così che noi uomini, i mortali, contaminati alla
nascita, non potessimo più vedere il Suo Volto. (La musica adesso era in
chiave minore, le voci smorzate e armonizzate, con un effeo dolcissimo e
significativo, dopo il lungo unisono).
E io credo che quando tue le cose saranno compiute e l’ultimo senzadio
sarà arruolato nel Suo Sacro Esercito, Adolf Hitler nostro Dio ritornerà nella
gloria marziale al suono del cannone e dell’aeroplano, al suono delle trombe e
dei tamburi.
E io credo negli Arci-Eroi Gemelli, Goering e Goebbels, che furono degni
perfino di essere Suoi Intimi Amici.
E io credo nell’orgoglio, nel coraggio, nella violenza, nella brutalità, credo
nello spargimento di sangue e nella spietatezza, e in tue le altre virtù
marziali ed eroiche. Heil Hitler.
Il Cavaliere si girò un’altra volta. Hermann fece altreanto e si mise a
sedere, riprendendo tuo contento la contemplazione del corista dai
capelli d’oro. Era piuosto cresciutello per essere ancora una voce bianca.
Più di quaordici anni di sicuro. Ma neppure un pelo biondo su quelle
gote rosse come mele. Che voce magnifica… buona per una chiesa di
Monaco, sissignore, buona per una chiesa della Cià Sacra, lì dove stava il
Sacro Hangar con il Sacro Aeroplano verso il quale erano orientate tue le
chiese della Svastica del Regno di Hitler, così che il braccio di Hitler si
trovasse in leggenditaly.com linea con l’Aeroporto di Monaco, anche se
parecchi chilometri separavano il Modellino nella cappella di Hitler dalla
Cosa Stessa.
Hermann pensò: «Che cosa ci fa qui, questo ragazzo? Magari sarà in
vacanza. Non è mica figlio di Cavaliere. È un semplice nazista. Potrei
avvicinarlo senza il rischio di essere snobbato. D’altro canto sarà certo un
ragazzo molto amato e viziato».
Il vecchio Cavaliere, dopo qualche colpo di tosse preliminare (era incline
alla bronchite), stava leggendo nel suo gradevole accento cavalleresco le
leggi immutabili della Società Hitleriana. Hermann a malapena ascoltava.
Le sapeva a memoria dall’età di nove anni.
Come una donna è superiore a un verme,
Così un uomo è superiore a una donna.
Come una donna è superiore a un verme,
Così un verme è superiore a un cristiano.
A questo punto veniva il solito noioso avvertimento sulla
contaminazione della razza. «Come se qualcuno ne potesse avere voglia…»
pensava Hermann, ascoltando con un orecchio solo.
Perciò, miei camerati, la cosa più indegna,
La cosa più meschina e più sozza
Che striscia sulla faccia della terra
È una donna cristiana.
Toccarla è la peggiore contaminazione
Per un tedesco.
Soltanto il parlarle è vergogna.
Essi son tui reiei, uomo donna e bambino.
Figli miei, non dimenticate!
Pena la morte o la tortura
O l’allontanamento dal sangue del vostro sangue.
Heil Hitler.
Recitato quel solenne monito, la voce gradevolmente roca del Cavaliere
passò alle altre leggi.
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