La banda degli invisibili – Fabio Bartolomei

SINTESI DEL LIBRO:
I pomeriggi in poltrona, le interminabili partite a carte e le
crociate contro i vicini di casa rumorosi non hanno nulla a che
vedere con i capelli bianchi, le dentiere e i femori in titanio. Mi rifiuto
di considerarli tutti e senza distinzioni sintomi della vecchiaia. Per
come la vedo io, decadimento fisico e degrado mentale richiedono
approcci diametralmente opposti: dignitosa accettazione il primo,
fiera opposizione il secondo. È anche per questo che non ho mai
considerato la meteorologia un argomento di conversazione. Guardo
il cielo e se c’è il sole o la pioggia non provo emozioni particolari che
valga la pena condividere. Lo stesso vale per il mio amico Filippo,
quindi se ora stiamo ricordando con malinconia le mezze stagioni è
per pure esigenze di copione.
«Pare che verrà a piovere» dico.
«Chi ci capisce più niente con questo tempo…».
«Eh, stiamo diventando un Paese tropicale» aggiungo, e intanto
con la coda dell’occhio osservo un’auto che arriva a tutta velocità.
«Eccone una… pronto?».
«Chi fa lo sciancato?» mi chiede Filippo.
«È già deciso, tu l’hai fatto ieri, oggi tocca a me».
«Oh Angelo, ti sei alzato nervoso? Fallo tu lo sciancato, sai che
mi frega…».
«Vai vai! Che se no ti mette sotto».
Filippo fa un passo deciso sulle strisce pedonali. L’auto blindata
blocca le ruote con uno stridio lungo e inquietante. Per costringere il
mezzo a una frenata così rumorosa ci vuole perizia, bisogna valutare
bene la velocità, calcolare lo spazio d’arresto e poi scendere dal
marciapiede repentinamente, dopo aver recitato a dovere la parte
dei vecchietti che ammazzano il tempo conversando. L’effetto
sorpresa è fondamentale. L’auto si ferma a neanche mezzo metro da
Filippo che, devo ammetterlo, è il migliore a mimare l’angina pectoris
o un principio d’infarto. Preme la mano destra sullo sterno mentre
con la sinistra si appoggia sul cofano dell’auto, poi allarga le braccia
all’indirizzo del conducente con aria spaventata e indifesa.
«Be’, ma insomma, le strisce…» bofonchia ansimante.
Puoi essere certo di aver fatto davvero un buon lavoro quando
dalla fermata dell’autobus, che è a due passi dalle strisce pedonali,
si levano all’indirizzo dell’auto blu un coro di mugugni e qualche
vaffanculo in sordina. Attraversiamo la strada in fila indiana, con
lentezza esasperante, raccogliendo gli sguardi di approvazione degli
astanti. Io cammino zoppicando, la mia gamba destra, rigida, avanza
descrivendo ampi semicerchi a filo dell’asfalto. Arrivato sulla linea di
mezzeria mi volto verso il finestrino posteriore dell’auto.
«Buon lavoro, onorevole» dico.
Il blocco delle auto blu sulla corsia preferenziale di via Ostiense è
un’ideuccia che ci è venuta in mente qualche mese fa. Avevamo
letto sul giornale che una proposta per ridurre i privilegi dei
parlamentari era stata bocciata dall’aula a grandissima maggioranza
e così abbiamo deciso di far capire a questi signori come la
pensiamo in proposito. Da quel giorno, quasi ogni mattina alle otto ci
appostiamo sulle strisce pedonali e rallentiamo democraticamente
tutte le auto blu che sfrecciano sulla preferenziale. Sembrerà strano,
ma queste due ore di attività mattutina ci aiutano a passare meglio il
tempo, a sentirci meno inutili.
«Con la prossima facciamo la gag dello svenimento?» propongo.
«Ma non avete niente di meglio da fare?» ci chiede
malignamente qualcuno. In effetti no, alla nostra età non abbiamo
niente di meglio da fare che continuare a occuparci delle assurdità
del nostro Paese. Non lo nascondo, se avessimo più soldi da
spendere forse passeremmo la giornata a decidere in quale
ristorante andare a mangiare o quale città termale visitare nel fine
settimana, ma visto che di distrazioni ce ne sono concesse poche ci
vediamo costretti a occuparci delle ingiustizie della viabilità urbana.
Secondo me lo scenario politico italiano è ben rappresentato
dalle corsie preferenziali. L’idea di fondo è buona, è comunista, con
queste vie agevolate si premia il popolo che va in autobus e sceglie
la via virtuosa del mezzo pubblico, si premia anche il borghese che
va in taxi – perché il nuovo comunismo strizza giustamente l’occhio
alla classe media – e si agevola chiunque, a prescindere dal ceto
sociale, si trovi in difficoltà, consentendo un passaggio rapido alle
ambulanze, ai vigili del fuoco e alla polizia. Le corsie preferenziali
sono potenzialmente un meraviglioso esempio di armonia sociale:
nessun automobilista bloccato nel traffico guarda con invidia
l’autobus che corre via senza intoppi e nessun passeggero
dell’autobus guarda con invidia il comfort di quegli abitacoli
metallizzati. Poi arrivano le auto blu, e l’armonia dello scenario va a
farsi benedire. Uno schiaffo al comunismo e alla democrazia, una
dichiarazione cafona che no, non tutti i lavoratori sono uguali. E
naturalmente, visto che in questo Paese la sfacciataggine è
direttamente proporzionale alla portata dell’incarico istituzionale che
si ricopre, sono proprio questi lavoratori meno uguali che poi si
presentano in tv con il piglio risoluto e parlano di tolleranza zero
verso i furbi. Vorrei che un giorno la nostra azione dimostrativa
raccogliesse il sostegno popolare e che una mattina ci si ritrovasse
in massa per obbligare le auto blu a incolonnarsi con tutte le altre.
Sarebbe anche educativo. Per un ministro è difficile elaborare norme
antitraffico efficaci senza avere un’esperienza diretta del problema.
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