Istruzioni per un funerale – David Means

SINTESI DEL LIBRO:
La scazzottata cominciò in una taverna chiamata All Star, alla
periferia di Sacramento, quando un ragazzo di nome James Sutter si
chinò e disse, distrattamente, come se non si stesse rivolgendo a
nessuno in particolare: Quanto cazzo mi fanno schifo gli okie,
1 e un
ragazzo di nome Frankie Bergara rispose portandosi il pugno al
mento e facendo un lieve cenno con la testa in direzione della porta,
un gesto che significava: Andiamo fuori! Sutter sollevò a sua volta il
pugno chiuso e si sfiorò delicatamente il mento con una nocca. (Le
ragazze adoravano il mento di Sutter, squadrato e con la fossetta.
Questo era certo. Le ragazze amavano l’autorevolezza dei suoi
movimenti, come appoggiava i passi nei suoi stivali costosi.
Ammiravano la sua disinvoltura, il modo in cui la camicia da
mandriano cucita su misura scendeva sulle sue spalle robuste.)
Bergara era basso e tarchiato, con le spalle grosse e curve, una
massa di capelli ricci e la faccia larga e indurita dal sole. Avanzava
dondolando leggermente, come se le gambe si arcuassero attorno a
una sella immaginaria. Le braccia pesanti oscillavano rilassate sui
fianchi mentre percorreva il corridoio che dava sul retro, nell’odore di
segatura e pastiglie igienizzanti per wc. Quando spalancò la porta
con un calcio, consapevole dei suoi stivali scadenti, logori, ereditati
dal fratello maggiore, avvertì su di sé – uscendo nell’aria calda
un’eredità più profonda che derivava dalle innumerevoli scazzottate
con Cal nel fienile, dove un tempo facevano a pugni finché entrambi
non iniziavano a ridere e allora suo fratello lasciava la presa, si
rialzava, sovrastandolo, gli dava consigli sulla tecnica, e concludeva
sempre dicendo: «Ragazzino, questo ricordatelo sempre. Se non
riesci a batterlo onestamente allora gioca sporco, perché quando fai
a pugni un conto è perdere, e un conto è vincere».
Nel frattempo Sutter era uscito dalla porta principale, radunando
un po’ di spettatori, più che altro amici suoi, e si pavoneggiava
leggermente pregustando il seguito. A insegnargli a fare a pugni era
stato il garzone di famiglia, Rodney – magro come un chiodo, in
salopette – che a volte posava la chiave inglese, o il rastrello, o il
pennello, per offrirgli un paio di dritte, e diceva: «Tieni le spalle
abbassate e avvolgi tutto il corpo attorno al pugno, arretra più in
fretta che puoi, concentra il peso nella pianta del piede. Finché resti
consapevole dei tuoi piedi – anche se non sei consapevole di
esserne consapevole – finché li tieni bene a mente, vincerai».
Rodney, che era pacato e taciturno quando girava per la casa ad
aggiustare cose o potava le siepi, aveva combattuto al Golden
Gloves a Chicago prima di trasferirsi a ovest. Quando parlava degli
incontri le sue parole avevano un che di oracolare. Nei pochi secondi
che Sutter impiegò a fare il giro dell’edificio per arrivare sul retro,
dove Bergara lo stava aspettando da solo sotto l’unico lampione,
sciogliendosi le spalle, in quei pochi secondi Sutter ebbe la netta
percezione che dare dell’okie a Bergara era stata una cosa fuori
luogo. La famiglia di Sutter aveva radici okie. Il suo bisnonno era
arrivato lì da Tulsa. Ma quella verità – lo sentiva, sciogliendosi le
spalle a sua volta – era sepolta sotto la recente fortuna. In autunno
avrebbe seguito le orme del padre e sarebbe andato a Yale.
Comunque Bergara era per la maggior parte basco, o qualcosa del
genere, aveva sangue misto e da lì venivano i capelli ricci, le spalle
larghe e quel petto possente.
C’erano una quindicina di ragazzi alle spalle di Sutter, buona parte
dei quali vivevano in città. Dietro Bergara, qualche ragazzo dei ranch
che teneva lo sguardo fisso a terra, oppure sui campi dietro il locale.
I ragazzi di città avevano fibbie di vero argento alle cinture, camicie a
quadri con i bottoni di madreperla e capelli tagliati corti sul collo
pulito. I ragazzi dei ranch portavano jeans sbiaditi e magliette con le
maniche arrotolate strette sui bicipiti, e avevano i capelli scompigliati.
Guardarono Sutter tirare un paio di pugni all’aria e poi togliersi
l’anello del diploma e infilarlo nel taschino dei jeans. Bergara si mise
in guardia e osservò Sutter che si toccava il colletto e poi si passava
le dita tra i capelli folti prima di sollevare i pugni a sua volta. Toccarsi
il colletto era un gesto meccanico per un ragazzo abituato a portare
la cravatta. Un gesto che sembrava dire: Colpiscimi per primo, razza
di pezzente zappaterra, sferra il primo colpo e diamo il via alle danze
così posso tornarmene a casa e farmi un bel bagno caldo.
I ragazzi dalla parte di Bergara l’avevano visto combattere
abbastanza spesso da conoscere i suoi tic, il modo in cui dopo aver
sferrato un pugno arretrava e saltellava per qualche secondo con il
petto in fuori e le braccia lungo i fianchi prima di tornare all’attacco.
Aveva battuto uomini ben più grossi. A essere veloci erano buoni
tutti, da quelle parti, ma la capacità di prendersi il suo tempo, di
combattere con calma, sembrava derivargli non solo dalla brutalità
della sua vita, dai lavori che svolgeva al ranch – trascinare i tubi di
irrigazione, aggiustare le recinzioni e farsi il culo col bestiame,
inseguire gli animali, radunarli, marchiarli – ma anche dalla pazienza
che aveva appreso aspettando l’arrivo dell’aeroplano, in mezzo ai
campi con una bandierina in mano, fissando l’orizzonte, consapevole
della griglia di acri circostante. Poi, con la bandana sulla bocca e la
bandiera sollevata, indirizzava il primo getto di pesticidi, tenendosi
più distante possibile ma non troppo, in modo da poter tornare in
tempo per dirigere il getto successivo, mentre il rumore dell’ae reo
sfumava nel silenzio, faceva il giro e tornava indietro. Osservando
Bergara – in quel millisecondo di tensione prima che sferrasse il
primo pugno – videro il suo peso scivolare sui talloni, mentre il
braccio accennava uno scatto in avanti e poi, di colpo, si ritraeva,
per dare un avvertimento a Sutter ed evitare di prenderlo alla
sprovvista. Poi sferrò un violento jab al plesso solare di Sutter. Fu un
buon pugno, pulito. Sutter se lo aspettava, ma non riuscì a evitarlo.
(Qualcuno tra i ragazzi ricchi dalla parte di Sutter non aveva visto
l’avvertimento, né il passo indietro, e lo contò come colpo a
tradimento.
SCARICA IL LIBRO NEI VARI FORMATI :
Commento all'articolo