Jack of spades – Renee Rose

SINTESI DEL LIBRO:
Ci sono tre tipi di giocatori d’azzardo che spendono grandi somme di
denaro al mio tavolo della roulette.
Il primo è il calcolatore. È tranquillo e il suo linguaggio del corpo non
lascia trasparire nulla. Se ne resta lì, seduto con le spalle curve, e quasi
non incontra il mio sguardo. Fa un calcolo delle probabilità e di solito ha
un modus operandi che segue in modo scrupoloso. Per esempio, punta
sempre sul rosso e raddoppia la sua puntata quando perde.
Il secondo è l’incosciente. Questo di solito cavalca l’onda delle emozioni,
della droga o dell’alcol. Lui rappresenta l’esatto opposto del primo tipo.
Non ha nessun modus operandi, gioca in modo del tutto casuale.
Potrebbe chiedere alla donna al suo fianco il suo numero preferito e
puntare su quello.
L’ultimo è quello che segue l’istinto. Il mio preferito. Emana una tale
scarica di adrenalina che contagia tutto il tavolo. È quello che ha trovato
la gallina dalle uova d’oro. La dea Bendata, la magia, le stelle allineate a
suo favore. Non so quale sia il suo segreto, ma sicuramente è guidato da
una qualche energia. Segue la corrente e il suo istinto, e la sua puntata è
sempre quella vincente. Spesso si confondono con i giocatori incoscienti:
sono socievoli e aperti. Sono sempre coinvolti in conversazioni con gli altri
e persino con me, la loro croupière.
La balena, termine tipico di Las Vegas che indica lo spendaccione, che
c’è al mio tavolo oggi non è né incosciente e nemmeno uno di quelli che
segue l’istinto, sebbene abbia la personalità e lo stile di entrambi. È
semplicemente stupendo, con il suo abito elegante fatto su misura e quel
suo stile europeo. Sembra uno di quei modelli che trovi sfogliando le
pagine di una rivista maschile italiana. Ci prova sfacciatamente con me e
allo stesso tempo chiacchiera con le persone attorno a lui.
Raccolgo e accatasto le fiches e assegno le vincite con abilità, dividendo e
incolonnando velocemente i gettoni con una mano sola.
«Eccola qui, bellissima e piena di talento.»
Un commento piuttosto banale, ma gli rivolgo comunque un sorriso. Mi
piace averlo al mio tavolo, mi piace il suo charme, il suo stile e le ottime
mance. Nonostante ciò, il mio istinto è in allerta. C’è qualcosa che non va
in lui.
Al momento è sotto di duemila. Posiziona le sue fiches sul tavolo
all’ultimo minuto, proprio quando agito la mano e dichiaro chiuse le
scommesse. Come se non bastasse, lo fa anche sprezzante. Non capisco se
voglia puntarle sulla terza dozzina o sul dispari.
«Quale sceglie, signore?» Mi piego in avanti per attirare la sua attenzione
mentre la ruota gira.
Ha bevuto molto durante la serata, ma non sembra sbronzo. I suoi occhi
si soffermano sulla mia scollatura, abbastanza evidente nella mia uniforme
chiaramente maschile, e poi di nuovo sul mio viso, prima di rivolgermi un
lento e affabile sorriso.
«Dispari, per favore. Scusami.»
Sposto le fiches mentre la palla si ferma.
Vince. Mi dà duecento dollari in fiches di mancia. Quando le prendo,
noto che nel mezzo ha messa una da dieci dollari invece che da cento.
Alzo lo sguardo e mi accorgo che mi sta guardando. Mi fa l’occhiolino.
Stronzo.
In maniera discreta, faccio cenno alla sicurezza di avvicinarsi.
Non è la prima volta che un cliente ci prova con me solo per poi
imbrogliarmi. Succede molto spesso. Suppongo che quello fosse un test.
Se avessi lasciato correre, lui avrebbe continuato a truffare.
Vincent, il responsabile della sicurezza di turno questa sera, cammina
lentamente e si avvicina, piegando la testa per ascoltarmi.
«Questo signore sta cercando di infilare delle fiches basse nel suo stack.»
Più tardi, avrei capito che Vincent sembrava fin troppo orgoglioso di me,
ma al momento non me ne rendo conto.
Cerco di ignorare il fremito che sento nello stomaco mentre accompagna
il tizio fuori. Non mi dispiace affatto. Era la cosa giusta da fare. Sono solo
un po’ amareggiata perché quell’uomo era molto attraente e in un certo
senso mi affascinava. Per un momento ho perfino fantasticato sul fatto che
mi chiedesse di uscire. Ma non importa. Non voglio rischiare di perdere il
posto, nemmeno per un figo con un abito elegante. Lavorare al Bellissimo
è sinonimo di professionalità, educazione e socializzazione, tutti uniti in
un unico eccitante pacchetto. È di proprietà del famoso Nico Tacone,
della famiglia criminale Tacone di Chicago, che gestisce questo posto con
il pugno di ferro. Non mi metterei mai contro di lui. Anche se lui è
innamorato di mia cugina.
Finisco il mio turno e mi dirigo verso gli spogliatoi dei dipendenti.
Quando percorro il corridoio che porta agli uffici della sicurezza, mi
blocco di scatto.
Vincent, in piedi con una postura rilassata, sta chiacchierando proprio
con il tizio sexy del mio tavolo.
«Corey.» Sorride e mi fa cenno di avvicinarmi. «Vieni, voglio presentarti
qualcuno.»
Oh Signore. Era un acquirente segreto. Un test di sicurezza. Non so
perché la cosa mi fa incazzare, ma è così. Il mio stomaco si chiude
completamente mentre avanzo a grandi falcate.
«Corey, ti presento Stefano Tacone, il nostro nuovo capo della
sicurezza.»
Alzo la mano per dare uno schiaffo a Stefano. Non so perché lo faccio.
Sì, è vero, sono una rossa con un bel caratterino e sono cresciuta in una
famiglia violenta. Ma questo non giustifica il mio gesto.
Lui afferra il mio polso e in una mossa mi spinge contro di lui. «Se fossi
in te, non lo farei.» Il suo avvertimento non è tanto un ringhio, quanto un
brontolio basso. È come se mi stesse dicendo cose sconce proprio qui, nel
corridoio.
Il mio corpo reagisce immediatamente, e il mio basso ventre si scioglie.
Come se non bastasse, mi sento le guance andare a fuoco. E, credetemi, in
una rossa la cosa si nota subito.
«Nessuno colpisce un Tacone senza pentirsene immediatamente.» È una
minaccia, eppure è detta con gentilezza, con lo stesso seducente charme
che ha usato prima al tavolo quando cercava di corrompermi.
Merda. Ho davvero cercato di colpire un boss della mafia? Sento un
brivido percorrermi la schiena.
Sicuramente perderò il lavoro.
Ma Stefano non sembra arrabbiato. Al contrario, sembra che voglia
mangiarmi per pranzo.
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