Il colpevole se ne frega – Christian Frascella

SINTESI DEL LIBRO:
Tutti gli uomini mangiano.
Ogni uomo mangia a modo suo.
Di solito a pranzo non torno a casa, mi arrangio in giro, un pezzo
di pizza, un kebab non piccante, un hamburger da un euro – quelli
per i poveracci – e una birra Corona, con o senza il limone nel collo
della bottiglia: sono un uomo di gusti semplici, ma se il mondo
somigliasse al mio apparato digerente ci sarebbero solo caos e
scariche temporalesche. Ora che ci penso, il mondo già gli
assomiglia.
Ma oggi niente cibo in giro. Oggi ho voglia di un mitico panino di
mia sorella. Paola prepara dei panini che quando ne hai finito uno, ti
afferra subito la nostalgia, le papille intristiscono, il giorno si fa notte,
sai che non ci sarà piú niente di meglio fino al prossimo suo
capolavoro. Lei vorrebbe cucinarmi altro, qualcosa di piú sano o
elaborato, ma io non rinuncerei mai a quel rito, lo sa, per cui credo
che l’ingrediente sopraffino che aggiunge alle sue semplici,
eccezionali creazioni non sia altro che l’amore.
Siamo una bella coppia, io e Paola. Viviamo insieme e lei ha
anche dei figli adorabili, l’adolescente Alfredo e la mia amatissima
nipotina seienne Giada. Io per Alfredo e Giada farei a cazzotti col
Mike Tyson degli anni Ottanta, lo frantumerei, lo ridurrei in brandelli.
Purtroppo, in questo bellissimo quadretto famigliare, c’è un
elemento di disturbo: mio cognato Ermanno. Io e lui, e voglio essere
preciso nella definizione del nostro rapporto, siamo come Batman e
Joker, Gotham è troppo piccola per entrambi, figuriamoci il nostro
suo – appartamento di centocinquanta metri quadrati. Non che lui sia
un eroe, non credo abbia mai fatto niente di piú eroico che
aggiustarsi le bretelle sotto la giacca, ma ritiene di rappresentare il
Bene, mentre io, che a Joker assomiglio quantomeno per la follia e
per le battute che fanno ridere solo Giada, incarno il Male. Nel senso
che sono un cattivo esempio per i suoi figli.
Ma perché viviamo insieme, io e quell’uomo?
Perché sono povero. Una volta ero un poliziotto e avevo una
moglie e una bambina. Poi ho mandato tutto in malora, e il mio
arrangiato mestiere di investigatore privato è tra i meno remunerativi
del pianeta Terra. Allora sette anni fa, nonostante le mie ermanniche
riserve, quando ero a un passo dal fare la coda alla Caritas, mia
sorella mi ha offerto un letto da loro, in attesa che ingranassi e mi
rimettessi in carreggiata. Mio cognato ci tenne a precisare che si
sarebbe trattato di un evento «straordinario e momentaneo», per
usare le sue parole di benvenuto pronunciate con una freddezza
metallica che nemmeno Armstrong sulla Luna, e andai a sistemarmi
in camera di Alfredo.
Il fatto è che poi non ho mai ingranato.
I
soldi sono il problema della mia esistenza: non ne guadagno,
non ne posso corrispondere alla mia ex moglie Anna per il
sostentamento della mia ex figlia Valentina, e a dirla tutta non
prevedo di arricchirmi di qui a qualche decennio…
Comunque, tiro avanti come posso e in questo periodo ho tanti
pensieri: la donna che amo, Erica, non mi vuole piú; Anna è incinta
di me per colpa di una nottata di pessimo vino e a seguito di un coito
miserabile, e ha intenzione di tenere il bambino; ieri ho tolto il gesso
dal braccio, m’ero fratturato l’ulna (me l’avevano fratturata, per dir le
cose come stanno), e adesso i movimenti della mano sinistra mi
sembrano tutti da imparare da zero e non mi fido a ruotare il polso,
metti che quello ce l’ha ancora con me e decide di rifratturarsi per
dispetto al minimo contatto; e poi altra roba, tipo che ho mandato in
galera uno che non avrei immaginato di mandare all’inferno
nemmeno scherzando.
Vabbè.
Ma il panino mi va.
Cammino per le strade di Barriera, incrocio italiani che conosco
da sempre ed extracomunitari perlopiú senza permesso di soggiorno
che conosco da poco; quasi tutti mi salutano. Qualcuno mi vorrebbe
morto, tipo i mafiosi calabresi o nigeriani, ma io cammino e amen, se
m’ammazzano spero sia rapido e indolore, bisogna essere un
tantino fatalisti quando si lavora in ambito criminale.
Mi fermo davanti alla biblioteca Cascina Marchesa. Ogni tanto ci
vado a leggere i quotidiani e fare un sorriso alla bibliotecaria bionda,
che forse risponde al sorriso perché le faccio tenerezza o pena o
entrambe le cose. Accanto al cancello d’ingresso al cortile, qualcuno
ha sistemato una Madonna dietro un vetro. La guardo per un po’,
cercando di cavarne un senso, sperando che lacrimi sangue e io
possa essere il primo a riprendere il miracolo col telefonino per
venderlo a tutti i tg e farmi un pacco di soldi, ma non succede.– Vedo che t’hanno tolto il gesso, Contrera.
Mi volto e trovo di fronte a me Rami, un tunisino maneggione che
poco piú avanti possiede un garage nel quale vende sottobanco
merce rubata e ripara roba tecnologica. – Non ti sfugge niente,
dico.– Allora quando torni a farti spennare?
Nel suo garage c’è pure un tavolo da biliardo, e ogni tanto il Paul
Newman che è in me va a dare lezioni di stecca all’intero Maghreb.
Oppure faccio finta, e li lascio vincere cosí poi posso spillare
informazioni sui casi che seguo.– Appena riesco, torno a riempirvi di meraviglia.
Ridacchia, sotto il suo naso da corvo color tabacco. – Mi devi
ancora dei soldi, mi pare di ricordare.– Tutti devono qualcosa a qualcuno.– Comincia a restituire tu, allora, che magari gli altri ti imitano e i
conti tornano in pari.– Ho dimenticato il portafoglio a Cuneo.– E che ci eri andato a fare, a Cuneo?– A dimenticarci il portafoglio.
Ride e mi mostra il medio, con la Madonna che lo guarda
annichilita dalla sua cella di vetro.
Raggiungo piazza Rebaudengo. Lo stabile in cui abito è decoroso
e persino esclusivo. Ci sono soltanto famiglie italiane a spartirsi lo
spazio vitale. Ma solo un po’ piú avanti, svoltato l’angolo, è già una
Babele. Non so perché vengano a stare proprio in questo posto. Non
c’è niente, non c’è lavoro, non c’è grande senso di accoglienza, Dio
e Allah hanno fatto un patto e tutt’e due stornano lo sguardo da
questa zona, ci lasciano cuocere a fuoco lento nel nostro brodo
multietnico.
Ma tant’è. Ci muoviamo tutti per vie imperscrutabili, attenti solo
alla merda dei cani sui marciapiedi.
SCARICA IL LIBRO NEI VARI FORMATI :
Commento all'articolo