Genitori in campo – Crescere i figli e vincere insieme- Cristiano Pravadelli

SINTESI DEL LIBRO:
Prima di essere uno psicologo sono un genitore, e come ogni
genitore sono un essere umano in difficoltà. Già, perché il compito, o
meglio l’avventura dell’essere genitori è un’esperienza complessa e
sfidante che ci fa uscire (inevitabilmente!) dalle nostre abitudini e
dalla nostra zona di comfort.
Nei miei corsi racconto spesso di quella volta in cui ho portato l’auto
dal mio meccanico: per dieci minuti, mentre armeggiava sotto il
cofano, mi ha raccontato tutti i problemi con i suoi figli. A conclusione
del lavoro mi ha guardato con l’aria sconsolata di chi si sente
incompreso e mi ha detto: “Ma tu che cosa ne sai dei problemi che
creano i figli?! Tu sei uno psicologo! Mica puoi avere le magagne
che ho io…”.
“Hai ragione”, gli ho risposto di getto. “In effetti immagino che,
essendo tu un meccanico, la tua auto non abbia mai problemi…”
Lui ha sorriso, poi mi ha congedato apostrofandomi in modo
colorito.
Non credo abbia apprezzato.
Da quel giorno però ho capito che c’è una convinzione diffusa: lo
psicologo, nell’ambito delle relazioni, ha una vita in discesa.
Credetemi, è una fake news! Una falsa notizia.
Questo libro parla della sfida dell’essere genitori che tutti, psicologi
compresi, viviamo ogni giorno.
Rassegnati, non c’è manuale
Mi capita spesso di pensare che sarebbe bello avere un manuale
d’istruzioni per gestire le problematiche e le situazioni sempre nuove
alle quali i miei figli mi sottopongono.
Provate a immaginare se i nostri figli avessero un piccolo display
sulla fronte e, quando vivono una situazione problematica, apparisse
magicamente una scritta del tipo: “Error 56”.
La mia lavatrice funziona così: tu vedi un codice errore che appare
sul display e vai a consultare il libretto di istruzioni per capire a quale
malfunzionamento corrisponde. In base a questo sai esattamente
che cosa fare: pulire il filtro, controllare di non aver chiuso per
sbaglio il rubinetto dell’acqua oppure chiamare il tecnico.
Sarebbe meraviglioso se, trovandomi di fronte a uno dei miei figli
che manifesta un problema, sapessi cosa fare semplicemente
guardando il codice errore che gli appare sul display in fronte.
Sapere come risolvere la scocciatura in modo semplice ed efficace
è, in assoluto, il grande sogno segreto di ogni genitore!
La realtà, purtroppo, è che ognuno di noi deve fare i conti
quotidianamente con la propria umanità e con tutti i limiti che tale
condizione offre. Un pacchetto tutto compreso.
Ci sono almeno due elementi che smontano il grande sogno di
disporre, come per la lavatrice, di un magico libretto d’istruzioni per i
propri figli.
Il primo è che la lavatrice, come ogni altro elettrodomestico, da
quando l’ho acquistata è rimasta sempre uguale. Quattordici anni di
onorato servizio e ogni pezzo e componente è lo stesso del giorno
prima.
Con i nostri figli, ma in genere con gli esseri umani, non funziona
così. Loro, gli umani, e in particolare i nostri figli, ogni giorno sono
diversi dal giorno prima, perché sono in un processo di sviluppo e di
crescita. Evolvono, per questo non esiste un manuale sempre valido.
L’altro aspetto è che le lavatrici sono costruite in serie, escono dalla
fabbrica tutte uguali, e per questo hanno un unico libretto di
istruzioni. I nostri figli invece no, loro sono manufatti artigianali, per
cui se ho trovato un modo per gestire un problema con un figlio,
questa strategia probabilmente sarà inefficace con l’altro.
Un prodotto artigianale è sempre unico, diverso da tutti gli altri.
Per cui rassegniamoci, finché i nostri figli non saranno fatti in serie
non potremo avere le istruzioni, e questo rende il compito davvero
impegnativo.
Pensandoci, però, è la meraviglia della vita umana. Se tutto fosse
semplice noi saremmo solo dei banali tecnici manutentori!
Nel tennis come in qualsiasi altro sport, un atleta ha bisogno di un
allenatore che lo istruisca sui fondamentali, lo prepari al confronto
sportivo ma soprattutto che lo accompagni nel percorso di
miglioramento.
Non credo molto nella persona che si fa da sola perché l’umano
per natura è un essere relazionale e per crescere necessita non
tanto di istruzioni quanto di relazioni.
Ogni persona che è in un processo di crescita per migliorarsi ha
bisogno di allenatori. E un buon allenatore (sportivo e non) deve fare
proprio questo: aiutare l’allievo a essere il meglio che può essere
fino a quando non sia diventato sufficientemente “grande” da stare in
piedi da solo.
Dal mio punto di vista un allenatore non è un costruttore di
campioni ma un accompagnatore alla crescita.
Provate a pensarci, se un preparatore si trova davanti un ragazzo
che vuole imparare a giocare che cosa farà? Gli spiegherà le regole,
lo istruirà nella tecnica ma soprattutto lo osserverà.
Per un anno uno dei miei figli ha preso lezioni di tennis. Ricordo che
alla fine della prima lezione l’istruttrice mi ha detto: “Non vedo in lui
una dominanza chiara tra destra e sinistra”. (Che in uno sport
fortemente lateralizzato come il tennis è da tenere in considerazione
per definire un piano di allenamento.) Ha aggiunto poi: “Vorrei fargli
fare degli esercizi per capire se ha comunque un braccio con cui
preferisce giocare o se invece dobbiamo forzarlo noi”. Ecco un
esempio di osservazione, riflessione e adattamento del piano di
allenamento.
Un buon allenatore osserva cosa il ragazzo sa fare
spontaneamente, cosa capisce di ciò che gli viene detto, come
reagisce alle correzioni, come entra in contatto con gli altri. La sfida
dell’allenatore è quella di trasferire più competenze possibili
all’atleta, ma questo non può avvenire per tutti i ragazzi nello stesso
modo. Allenare ad apprendere non vuol dire trasferire un file, vuol
dire aiutare a comprendere. Insegnare significa personalizzare. Per
questo, per come la vedo io, la grandezza di un allenatore si misura
anche con la capacità di adattare il proprio linguaggio e il modo di
trasferire il suo sapere alle caratteristiche dell’allievo che gli è
capitato in sorte.
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