Franco Battiato – Tutti i dischi e tutte le canzoni, dal 1965 al 2019 – Fabio Zuffanti

SINTESI DEL LIBRO:
Il lavoro come magazziniere per l’editore che
pubblica la rivista «Nuova Enigmistica Tascabile» è
il tramite grazie al quale Francesco riesce a fare il
suo esordio all’interno del mondo musicale. La
rivista è infatti abituata ad allegare dei 45 giri flexy (dischi in plastica
trasparente invece che in vinile) che contengono cover di successi
interpretati da diversi cantanti. Vista la sua posizione privilegiata il nostro
si candida e viene subito messo alla prova con l’interpretazione di
L’amore è partito di Beppe Cardile, presentata dal suo autore a Sanremo
1965 e posizionata sul lato A del flexy (sul lato B troverà posto È la fine,
di Ricky Gianco e Gian Pieretti, interpretata da Dani Andress).
Il 45 giri viene pubblicato il 20 febbraio del 1965 con una base musicale
fornita dal complesso Gli Enigmisti.
Il brano interpretato da Francesco è una canzone melodica di poche
pretese. Battiato sa però calarsi alla perfezione nelle vesti del crooner
sfoggiando una voce assai matura per un ragazzo di 20 anni, ricca di
sfumature e di pathos. Visto il suo essere protagonista del lato principale
del disco, Battiato finisce in copertina. La sua prima foto ufficiale lo ritrae
completamente vestito di nero (con cappotto, sciarpa a scacchi, occhiali
ed espressione pensosa) appoggiato a una panchina di un laghetto di
Parco Lambro.
1965 – PRIMA O POI / E PIÙ TI AMO
(Singolo flexy disc allegato alla rivista «Nuova Enigmistica
Tascabile»)
Dopo un mese, il 27 marzo 1965 esce un secondo
flexy con un’interpretazione di Francesco, al quale
viene data la possibilità di scegliere da solo il pezzo
da cantare. Battiato opta per E più ti amo di Alain
Barrière, brano originariamente intitolato Plus je t’entends e interpretato
in italiano dal francese Alain Barrière nel 1964 su testo di Gino Paoli.
Questa volta Battiato finisce nel lato B del flexy mentre il lato principale è
coperto da Ezio De Gradi e dalla sua Prima o poi (di Anurri e Ferrari).
La canzone francese è un pallino del Battiato di questo periodo
(passione che non si affievolirà nel corso del tempo); tale predilezione è
evidente in questa interpretazione affrontata con rispetto della versione
originale alla quale Francesco aggiunge sfumature melodrammatiche
tipicamente italiane. Ancora una volta stupisce il tono caldo della sua voce
che rende maggiormente sui toni medio/bassi piuttosto che sui registri
alti. La copertina riporta la foto di un’anonima chitarra su uno sfondo
floreale. Fiori e canzone torneranno molti anni dopo, quando Battiato
reinterpreterà E più ti amo in FLEURS 2 (2008).
1967 – LA TORRE / LE REAZIONI
(Singolo, Jolly)
I brani sui flexy non fanno registrare alcun
successo, così Battiato si butta ad affrontare
nuovamente la gavetta all’interno del circuito
musicale milanese. Una sera, all’interno del
club Cab 64, ha modo di incontrare Giorgio
Gaber. Questi siede tra il pubblico e nota il
siciliano mentre canta (insieme al compaesano
Gregorio Alicata, con il quale ha formato il duo Gli Ambulanti) alcune
canzoni in dialetto che lui spaccia per brani popolari ma che in realtà sono
frutto della sua penna. Gaber decide di dare una chance al duo per
l’incisione di un singolo. Ben presto però Battiato sceglierà di
abbandonare Alicata e correre da solo. Il singolo verrà quindi pubblicato
a suo nome dalla casa discografica Jolly.
In copertina svettano due scatti del cantante: un primo piano con barba
e occhiali e, di fianco, a figura completa, quasi tutto in nero, mani in tasca,
occhiali da sole ed espressione enigmatica. Il suo nome ha inoltre subito
una sfoltita su consiglio di Giorgio Gaber. Questi lo ha infatti presentato
una sera nel corso della trasmissione televisiva Diamoci del tu, condotta
insieme a Caterina Caselli. Nella stessa occasione la Caselli ha però deciso
di proporre al publico un altro Francesco, il suo protetto Guccini. La
confusione che potrebbe derivare dall’avere due Francesco sullo stesso
palco convince Gaber a proporre a Battiato di accorciare il suo nome, che
da questo momento sarà per tutti Franco.
La torre. La passione di Battiato per la canzone d’autore d’oltralpe non
ha modo di rivelarsi nel suo esordio come interprete e compositore (anche
se il brano risulterà firmato da due prestanome, Guido Lamorgese e
Luciana Amalia Medini, visto che il nostro non è ancora iscritto alla Siae).
Al limite La torre può essere inserito nel filone di certo pop francese
scanzonato e commerciale, con un ritornello dal sapore bandistico da
cantare in coro. Il testo, per contrapposizione, mette in scena l’auspicio da
parte del nostro di bastarsi da solo, chiuso nel proprio mondo per
difendersi dalle delusioni (“io vivo bene da solo” è profetico).
Le reazioni. Il brano del lato B è sicuramente più interessante, con una
partenza soffusa alla quale segue l’ingresso del ritmo che funge da
supporto a una serie di armonie maggiormente raffinate di quelle de La
torre. Il testo insiste sulle pene d’amore concentrandosi sull’aspetto
malinconico che si fa intenso nell’arioso ritornello.
1967 – TRISTE COME ME / IL MONDO VA COSÌ
(Singolo, Jolly)
Il primo singolo di Franco si rivela un insuccesso,
ma il nostro non si lascia smontare e pochi mesi
dopo ci riprova, questa volta senza l’apporto
produttivo di Giorgio Gaber. L’etichetta Jolly gli
concede un’altra chance e Battiato decide di
sfruttarla offrendo la sua versione di un brano francese che entra nel
filone della canzone di protesta.
In copertina Battiato suona la chitarra sui gradini del Duomo di Milano
con occhiali da sole, una sgargiante camicia gialla a righe rosse e rosa e un
paio di pantaloni neri.
Il mondo va così. La canzone del lato A è la cover (non dichiarata in
copertina) di è Et moi, et moi, et moi, brano di Jacuqes Dutronc scritto
insieme a Jacques Lanzmann e pubblicato nel 1966. La versione di Franco
è curata da Herbert Pagani e Vittorio Buffoli, con un testo che si sofferma
sui grossi mali del mondo in contrapposizione alle lamentele del
protagonista, occupato in problemi ben più piccoli che riguardano la vita
di tutti i giorni. La musica segue lo svolgimento del testo passando da un
leggero incedere swing a uno scalmanato rhythm’n’-blues. Molti anni
dopo, nel 2003, un frammento di questo brano si potrà ascoltare
nell’esordio cinematografico di Battiato, Perduto amor, eseguito dal
cantautore Moltheni mentre interpreta un artista alla ricerca di contratto
discografico.
Triste come me. Il retro è una composizione di minore coinvolgimento
che però, anche in questo caso, riserva qualche sorpresa nel suo fluire da
un ritmo in 3/4 (nella strofa) a uno in 4/4 (nel ritornello). In questo e altri
brani che seguiranno nel corso degli anni Sessanta Battiato escogiterà
spesso dei cambiamenti di registro per rendere la canzone più variegata e
avvincente. Il brano è firmato da Luciana Amalia Medini, Vittorio Buffoli
e dall’ex socio negli Ambulanti, Gregorio Alicata.
Da notare che dalla copertina parrebbe che Triste come me sia il
pezzo principale mentre in realtà è posizionata sul lato B. Sul retro e nelle
etichette del singolo le canzoni sono invece riportate nel giusto ordine.
1968 – È L’AMORE / FUMO DI UNA SIGARETTA
(Singolo, Philips)
Il
mondo va così è purtroppo un altro buco
nell’acqua; bisogna mettere in campo tutte le forze
affinché il vento possa mutare direzione. Tramite
un’inserzione Battiato viene a contatto con un
chitarrista-compositore, Giorgio Logiri, insieme al
quale comincia a buttare giù idee e provini. Uno di questi pare quello
vincente, e viene così proposto all’etichetta Philips/Phonogram che lo
pubblica su singolo con in copertina un primo piano di Franco e i
consueti occhiali in punta di naso. Stante l’iscrizione alla Siae, Franco può
finalmente iniziare a firmare i suoi brani; in questo caso le due canzoni
sono accreditate al nostro e a Giorgio Logiri.
È l’amore. Grazie all’apporto compositivo di Logiri, Franco sembra
questa volta riuscire a far centro. È l’amore è dotato di una melodia molto
più accattivante dei precedenti singoli, con un deciso immergersi nella
melodia italiana. L’ennesimo testo colmo di malinconia riflette sulla
mancanza dell’amata, con una struggente fisarmonica sul ritornello che
colpisce i cuori più romantici. Questo mentre la protesta tanto cara al
Battiato di qualche mese prima bussa con forza alle porte. È il 1968 e una
canzone come È l’amore appare decisamente fuori contesto. Nonostante
ciò il brano si rivela il primo successo di Battiato, con una partecipazione
al Disco per l’estate e ottime vendite.
Fumo di una sigaretta. Giorgio Logiri è un grande fan di Jimi
Hendrix, influenza che sarà manifesta nel brano che occupa il retro del
singolo. Il pezzo parte infatti con un ritmo cadenzato e frasi di chitarra
solista che si rifanno al genio di Seattle. L’atmosfera è più al passo coi
tempi rispetto al lato A, al punto che sembra di ascoltare due artisti
diversi. Con l’ingresso della voce tornano i classici temi sentimentali ma
un bel pianoforte, la scala in semitoni del bridge e certe svisate
chitarristiche fanno apparire Fumo di una sigaretta come una sorta di
ibrido tra il rock hendrixiano e la musica leggera italiana. Anche se
rischioso il connubio si rivela interessante e il brano resta godibile,
sottolineando il divario qualitativo tra le canzoni di questo singolo e quelle
precedenti.
1969 – BELLA RAGAZZA / OCCHI D’OR
(Singolo, R.T. Club/Philips)
Bella ragazza. Smaccato tentativo di bissare il buon
riscontro di È l’amore, Bella ragazza è però orfano
della presa melodica che aveva decretato il successo
del singolo precedente. Nel contempo la canzone si
rivela musicalmente più variegata, con il ritmo
veloce della strofa, il ritornello che rallenta e si apre maestoso e ottime
rifiniture di chitarra a cura di Logiri (che co-firma il brano). Il passaggio
ulteriore dal lento al veloce è poi un poco forzato ma in qualche modo
funzionale.
Occhi d’or. Sul retro si cambia completamente registro con una
canzone (firmata da Logiri e da Paolo Farnetti) dall’ambientazione
esotica, esageratamente kitsch. La lunga introduzione strumentale da
colossal hollywoodiano precede l’entrata in scena di un improbabile
Battiato che sussurra languide parole d’amore. A seguito di questa calda
atmosfera da Mille e una notte prende campo un ritmo scanzonato, con
Franco che continua a descrivere le sue passionali notti d’amore nel
deserto. Come se non bastasse si giunge a un finale completamente avulso
dal resto: una coda alla Hey Jude con il coro che ripete la stessa melodia
in crescendo. Sicuramente una canzone curiosa e, a suo modo, divertente,
che probabilmente avrà turbato i sonni del nostro per molti degli anni a
venire.
1969 – SEMBRAVA UNA SERATA COME TANTE /
GENTE
(Singolo, Philips)
Con una copertina che è il negativo di quella del
precedente singolo (uno scatto di Franco seduto a
gambe incrociate), il nuovo singolo comprende sul
lato A una nuova composizione Battiato/Logiri: Sembrava una serata
come tante. La canzone riesce finalmente a distaccarsi dai toni leggeri dei
brani precedenti e offre un delicato arpeggio di chitarra contornato da un
tappeto di percussioni. Il testo, più particolareggiato del solito, si sofferma
ad analizzare l’inizio della fine di un amore: lei sembra felice di avere
partecipato a una serata con lui ma in realtà è già distante, presa da altri
pensieri e altri incontri. In questo clima Battiato si mostra finalmente
convincente e sincero. Nell’enfatico ritornello, che descrive la scoperta
dello sguardo assente di lei, l’orchestra rallenta maestosa e Battiato canta
tutto il suo struggimento. Poi si placa ma di nuovo si impenna nella
risoluzione finale (“Se non avessi avuto / l’orgoglio che c’è in me /
non ti avrei detto sì / chiediamola qui”) a cui fa seguito una coda
classicheggiante.
Una sfortunata esibizione televisiva di Franco alle prese con l’orchestra
che sbaglia clamorosamente la tonalità di questo brano spingerà il nostro a
serie decisioni sul suo futuro musicale.
Gente. La canzone più raffinata che Battiato abbia interpretato fino a
questo momento, non firmata da lui, bensì da Logiri e da Giovanni
Bonoldi. Poggiata su piano e chitarra acustica la voce del nostro riflette
sulla malinconia e senso di solitudine (anche in mezzo a molte persone)
che accompagna la fine di un rapporto. L’orchestra è discreta e la melodia
si muove ampia e lieve. Un pezzo autunnale che per una volta avvicina
Franco ai suoi miti cantautorali francesi.
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