Foresta nera – Franck Thilliez

SINTESI DEL LIBRO:
La donna scagliò il test di gravidanza contro una trave del solaio. Positivo.
Il mondo le crollò addosso. Prese a camminare avanti e indietro per la stanza,
a capo chino e a piedi scalzi, scorticandosi i talloni con le schegge. Il sangue
importava poco. Il dolore era da un'altra parte. Tradimento.
Il vento urlava sotto le tegole del tetto, le fiamme delle candele
ansimavano prima di distendersi e di assottigliarsi, afferrando il riflusso
d'ossigeno. Sotto i turbini invisibili, una lettera profumata, squarciata con le
forbici, su un vecchio tavolo di legno. Una lettera d'amore. La
sessantatreesima che gli aveva scritto. Non l'avrebbe mai ricevuta. Non dopo
quell'affronto. Mai. Le cadde lo sguardo sul test usato, la rabbia si rinnovò, si
moltiplicò.
Un frullio d'ali riempì la soffitta. Una colomba si agitava freneticamente
sotto un coperchio. In meno di un'ora, sarebbe morta per mancanza d'aria.
Dietro la finestra, la notte srotolava i suoi spettri filiformi e la brina si
aggrappava ai vetri in stelle traslucide.
Le pupille nere contemplarono per un po' i movimenti delle nuvole. Da
lontano, la massa grigia delle case... Rouen.
La donna strinse il pugno. Nella tempesta dei suoi lineamenti si leggeva la
storia di quello che l'essere umano è sempre stato: un predatore. Quando le
sue membra impazienti si liberarono un poco dal nervosismo, la donna si
mise al tavolo e, di getto, su un foglio bianco scrisse:
Tu sei cieco. Lei si serve di te. Un bambino non è abbastanza, forse?
Bisognava proprio darci dentro di nuovo e metterla incinta? Perché? Per
allontanarti da me? Non te lo lascerò fare. Il nostro sangue si è mescolato e
nessuno potrà farci niente, nemmeno lei.
Il tremore s'impossessò di nuovo delle sue dita scheletriche. Il pennino
della stilografica sobbalzava da una riga all'altra, come un sismografo guasto.
Le unghie stridevano contro il legno, fino a sfiorare la canna di un revolver.
Non so se ti scriverò ancora. Non ne sei all'altezza. Prendi il mio silenzio
come una punizione. Tocca a me farti soffrire. Ignorandoti.
MISS HYDE
La penna esplose contro il muro della soffitta. La lettera venne piegata
maldestramente, poi ficcata in fondo a una scatola troppo voluminosa per
quel pugno di parole.
Mancava ancora qualcosa. La colomba, comprata in un allevamento.
La donna si precipitò al pianterreno, con l'uccello della pace stretto fra le
mani furiose. Nessuna porta da spingere per attraversare le stanze buie. Le
aveva tolte tutte, meticolosamente, l'una dopo l'altra.
L'ombra scivolò su uno specchio, poi tornò indietro, lasciando a ogni
passo le tracce di sangue dei talloni martoriati.
Fissò la lancetta dei secondi, quindi si portò la colomba davanti al viso.
«Se sbatti le palpebre sette, no, otto volte in meno di dieci secondi, vuol dire
che David mi ama alla follia. Per sette volte, vuol dire che mi ama, ma un po'
meno. Non scendere sotto le sei, okay?» E si mise a contare, stringendo la
povera bestia sempre più forte. Il pigolio salì fino al sottotetto. «Sbatti le
palpebre, maledetta bestiaccia.»
L'uccello sussultò per l'ultima volta.
Sconfitta, la donna cercò di trovare qualche scusa. La scommessa non era
valida, ne aveva già fatta un'altra meno di un'ora prima, pure quella persa.
Non si fanno mai due scommesse troppo ravvicinate. Ovvio.
Fissò lo specchio. Dietro di lei, appesa al muro con una puntina, una foto
presa da un articolo di giornale, ingrandita a dimensioni reali: David... Da
vicino, qualità scarsa, nonostante il ritocco digitale di ogni singolo pixel del
viso, ma da lontano e a luce smorzata... la sottile illusione che David la stesse
abbracciando. Spesso rimaneva lì, imbambolata, nel flusso delle ore insonni,
a scrutare minuziosamente la coppia allo specchio. Formavano un duo così
perfetto. Se solo quella schifosa puttana di sua moglie...
Pensava costantemente a loro. A letto, in bagno... David aveva portato il
sole nella sua vita, come tanti altri prima. Gli altri non erano che polvere. Ma
lui... Lui era diverso. Un uomo per bene, colto, intelligente. Le aveva scritto
parole così profonde, così toccanti. La amava. La amava davvero.
Improvvisamente intenerita, fu sul punto di perdonarlo e di strappare la
lettera. Dopotutto, aveva probabilmente messo incinta la puttana prima del
loro primo contatto via e-mail. Come faceva a saperlo?
Le dita non le tremavano più. Tutto andava bene. Sì. Con calma. Fare un
bel respiro. Lo specchio, davanti a lei. David, David, David. Lì, vicinissimo.
Forse doveva decidersi a incontrarlo di persona, finalmente. Andare a
Parigi e vederlo, davvero, senza più nascondersi. Osservare i suoi occhi neri
sprofondare dentro di lei. Sentire le sue mani che la carezzavano...
Scosse la testa e contrasse la mascella. Tutto ciò non sarebbe successo. Il
giorno seguente, all'alba, sarebbe partita per Parigi. E avrebbe fatto a David e
a Cathy Miller una bella sorpresa.
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