Disincanto – Matteo Zanini

SINTESI DEL LIBRO:
La famiglia Hardy di Crowborough potrebbe essere definita
come una di quelle classiche famiglie che, all’apparenza, non
possono che piacere a tutti. Al primo approccio, spesso accade che
le persone ci sembrino migliori rispetto alle nostre precedenti
conoscenze. Solo lo scorrere del tempo, in genere, riesce a restituire
con giustizia il corretto posizionamento degli affetti nel cuore e nelle
vite di ciascuno.
L’abbandono è un passaggio necessario per una vita che possa
essere definita tale. Così la pensava il signor Hardy e così, a suo
esclusivo parere, dovevano pensarla anche gli altri membri della sua
famiglia. Abbandonare era sinonimo di esplorare e, di conseguenza,
l’esplorazione e la ricerca avrebbero condotto alla completa
realizzazione di sé. Si trattava, a dire il vero, di un pensiero assai
progressista e fin troppo distante da quelli che, in genere, venivano
attribuiti a un uomo di Chiesa quel era - per l’appunto - il signor
Hardy. D’aspetto oltremodo ordinario e dalla genealogia modesta e
rispettabile, furono proprio questi suoi slanci filosofici a spingerlo
nella direzione della sua professione: per mezzo dei suoi sermoni, a
suo dire, avrebbe potuto seminare e far pian piano germogliare i
virgulti del futuro che si aspettava.
Sua moglie, la signora Hardy, un tempo Miss Viola Hilton, aveva
in passato abbandonato per amore le sue velleità giovanili, che
l’avrebbero vista come accanita viaggiatrice, curiosa studiosa del
mondo. Donna di straordinaria bellezza, Viola Hardy aveva
volutamente sacrificato ogni desiderio personale mettendo al primo
posto le richieste del marito e, in seguito, quelle della famiglia che
insieme a lui aveva costruito. Non che non ne valesse la pena,
s’intende; ma col passare del tempo i rimpianti si facevano più
concreti dei ricordi piacevoli e le scarse soddisfazioni personali
dovute alle ambizioni sepolte iniziavano a pesare sul cuore di una
donna che si era, nel frattempo, trasformata in moglie e madre. La
vita l’aveva costretta a indossare una serie di maschere, ciascuna
destinata alle varie persone che con lei ne facevano parte; solo
Nanny - la governante che l’aveva vista diventare adulta e che aveva
deciso di non abbandonarla neppure dopo il matrimonio - poteva
ancora, di tanto in tanto scorgere le scie perdute degli anni
abbandonati.
Jake Hardy, il primogenito, non accudiva in sé grandi
prospettive di vita. Confidava in una buona eredità e nella
professione ecclesiastica che gli sarebbe derivata dal padre, dalle
sue conoscenze e dalle buone parole che - ne era certo - egli
avrebbe espresso al momento giusto in favore del proprio rampollo,
il suo orgoglio più grande. Si era costruito un’idea del tutto personale
dei concetti di amicizia e affetto: la disponibilità economica paterna,
infatti, gli consentiva di spostarsi a piacimento da un capo all’altro
dell’Inghilterra, così da potersi riavvicinare, nelle differenti occasioni,
alle diverse famiglie che decantavano i suoi talenti.
Chiunque avesse conosciuto Margaret Hardy nei primi diciotto
anni della sua vita l’avrebbe definita senza difficoltà alcuna, come
una pura sognatrice. Amante della pittura e della lettura, sin da
bambina si dilettava con pennelli e penna, dipingendo e raccontando
i
suoi universi. Creatura delicata ed elegante, con l’età era passata
dalla stesura di brevi favole che si divertiva a illustrare, all’invenzione
di intrecci più maturi, passando - com’era prevedibile intuire
all’ideazione di svenevoli componimenti poetici. Conservava
ciascuno di questi tesori d’inchiostro nei suoi piccoli quaderni dove,
con gelosia, preservava la sua ambizione più grande. I romanzi
dichiaratamente di autrici a lei contemporanee, che a mano a mano
stavano riuscendo a farsi strada in un panorama letterario maschile,
erano in breve tempo diventati i suoi preferiti. Margaret ne ammirava
non solo la dialettica e la scorrevolezza, ma soprattutto l’inventiva,
l’ardore e la sensibilità; le scrittrici erano divenute le sue eroine. Era
germogliato in lei quel seme che, latente, aveva da sempre accudito,
allontanandolo dal pericolo delle vane speranze: Margaret Hardy
desiderava vivere della propria penna.
L’esercizio era cruciale; affinare la penna non era certo un’abilità
a cui tutti potevano ambire. Margaret desiderava provarci: sentiva
che la sua strada era la letteratura. Fremeva ogni volta che
prendeva in mano la penna, intingeva il pennino nel liquido scuro e,
come un pittore, si apprestava a dipingere un mondo fatto solo di
parole in un’immersione onirica. Aveva, di recente, aggiunto alla sua
personale collezione di volumi il lavoro di una penna che da poco
era apparsa sulla scena letteraria inglese. Il fatto che Minerva Olson
avesse solo pochi anni più di lei e fosse, in breve tempo, riuscita a
conquistare un discreto successo di pubblico col suo primo romanzo
in tre volumi - Le variazioni del cuore - sembrava, in un certo senso,
incoraggiare le aspirazioni di Margaret. La signorina Olson, inoltre,
risiedeva nel …shire, a Hopewick, nella residenza del cognato, il
signor Stevenson; Margaret si augurava che, in un futuro non troppo
distante, avrebbe potuto conoscere la signorina Olson di persona e
scambiare con lei idee, aspirazioni, aspettative.
I
sogni dei cuori giovani sono quelli le cui pulsazioni fanno
muovere il mondo; la loro morte la si piange ogni giorno, allo
scoccare di tutte le ore.
II
«Il matrimonio della zia è prossimo. Sono così emozionata
all’idea che, credetemi, non riesco a trovare parole differenti da gioia
o frenesia! Finalmente potrò assistere a una cerimonia romantica
degna di tale nome.»
«Tua zia Beth è stata una donna così fortunata, Amy. Se noi
potessimo aspirare anche solo alla metà del suo buon Fato,
potremmo davvero definirci soddisfatte.»
«Non essere pessimista, Arabella cara. Il futuro ci sorride
luminoso. Lo ha scritto anche Maggie in una delle sue poesie; vero
Maggie?»
Ma Margaret non stava affatto ascoltando. In quel momento,
solo il pensiero delle sue parole non scritte la occupava,
oscurandola. Il chiacchiericcio delle amiche, in tutta onestà, non le
interessava. Solo un secondo richiamo di Arabella e Amy la riscosse
dal torpore, riportandola con brutalità al presente.
«Che ti succede, Maggie? Oggi sembri così distante da tutto...»
«Ho solo tanti pensieri per la testa.»
«Una nuova storia in arrivo, scommetto.»
«Di storie nuove vorrei sempre nutrirmi, ma nella letteratura non
posso scegliere io quando cibarmi o restare a digiuno; è questa la
mia condizione.»
Credendo che si trattasse di una citazione a effetto tratta dal
lavoro a cui Margaret si stava dedicando nell’ultimo periodo, le due
fanciulle non diedero particolare peso a quella frase e ripresero,
invece, a discorrere circa il matrimonio di zia Beth, gli abiti che Amy
avrebbe indossato e le congetture con protagonisti i bei giovanotti
che ella avrebbe avuto l’onore di incontrare durante la giornata.
Margaret, che era stata oramai scossa dai suoi ammorbanti pensieri,
le osservò con tenerezza. Le tre amiche,leggenditaly.com coetanee,
si conoscevano dall’infanzia: avevano frequentato la stessa Chiesa,
letto più o meno le stesse favole, giocato con gli stessi bambini e
sognato insieme un futuro che le vedeva unite. Nonostante un simile
trascorso, Margaret, Amy e Arabella, crescendo, erano diventate tre
giovani donne diversissime tra loro, seppur ancora legate da un
affetto solido e sincero. Si sarebbero volute bene per sempre.
SCARICA IL LIBRO NEI VARI FORMATI :
Commento all'articolo