Diario Clandestino – Giovannino Guareschi

SINTESI DEL LIBRO:
Postero mio diletto,
dopo una tremenda esperienza come l’attuale, l’umanità è ben decisa a
non lasciarsi trascinare in avventure belliche, e questa – come tutti sanno
benissimo – sarà l’ultimissima guerra che affliggerà l’orbe terracqueo.
Per la qual cosa anche tu, postero mio diletto, un bel giorno troverai
nella casella della posta una cartolina che ti inviterà a presentarti
immediatamente a una determinata caserma, dove ti forniranno di utensili
atti a danneggiare il prossimo tuo come te stesso. E, in seguito, per un
determinato susseguirsi di vicende, forse ti troverai – come ora si trova il
tuo sciagurato padre – in un campo di concentramento.
Io non sono in grado di precisare se l’uomo che ti farà la guardia
dall’alto d’una torretta sarà inglese, o russo, o francese, o tedesco, o
italiano.
Posso però assicurarti che, a qualunque nazionalità appartenga, costui si
darà da fare con ogni cura per collocarti una pallottola fra le scapole se
tenterai di uscire dal recinto. E questo ti deve bastare. E per questo io
ritengo utile cosa spiegarti, sulla base delle mie esperienze, come si possa
andare a finire in un campo circondato da un filo spinato.
*
Una mattina d'autunno, vestito della mia bella divisa di tenente
d'artiglieria, mi trovavo «nei ranghi» in mezzo all'ampio cortile d'una
caserma, quando risuonò lo squillo dell'attenti e accadde qualcosa di
straordinario, di meraviglioso.
I
miei tacchi cozzarono l'un contro l'altro e diedero uno schiocco
formidabile.
Per apprezzare l'avvenimento secondo la sua esatta portata, occorre fare
un passo indietro e riandare alla lunga e dolorosa storia della mia cosiddetta
«scarsa attitudine militare».
In una giornata squallidissima di novembre, io arrivai nella città più
nebbiosa d'Italia e riuscii a rintracciare, non senza difficoltà, la caserma di
cui parlava la cartolina precetto.
«Da domani tu prendi il comando della costituenda sesta batteria
contraerea», mi disse uno che pareva avere molta autorità. E poiché io gli
facevo notare che mai in vita mia, e neppure in sogno, avevo avuto la
ventura di conoscere pezzi contraerei, data la mia specialità di artigliere
«pesante campale»:
«Ciò non ha importanza» mi rispose il personaggio, mentre a un suo
cenno un sottufficiale mi metteva tra le braccia un enorme fascio di moduli
e registri.
«Piuttosto» continuò il personaggio consegnandomi personalmente e
solennemente un pennino «tieni presente che questa è la tua spettanza
mensile. Vedi dunque di non infastidirmi l'anima con inutili richieste di
supplementi».
Aprendomi la porta per farmi uscire, il personaggio mi consigliò
amichevolmente d'impiantare subito il giornale di contabilità e il ruolino
tascabile.
«Sono la base di tutta la faccenda» mi spiegò.
Lo ringraziai del consiglio e chiesi dove avrei potuto sistemarmi coi
miei scartafacci, ma quegli si mise a ridere.
«In fureria, perbacco! Ogni reparto deve possedere la sua fureria.»
«E di grazia, dov'è la mia fureria?».
«Uh, questi ufficiali di complemento!» gridò infastidito il personaggio.
«Sono domande da farsi? Gira, domanda, e troverai bene, in caserma, un
locale da adibire a fureria!».
«Ma io...», balbettai.
«Arrangiati!» urlò quegli sbattendomi la porta in faccia.
col
«Crikk» fece il pennino che, intanto, era caduto per terra e che io avevo
schiacciato
piede.
malinconicamente.
«Addio, spettanza mensile!» lo salutai
*
Girai a lungo per tutta la caserma sempre col mio fascio di carta tra le
braccia, ma tutti si stringevano nelle spalle quando chiedevo se qualcuno
conoscesse l'esistenza di un locale vuoto da adibire a fureria. Offersi
inutilmente venti lire al piantone del «Magazzino V.E.» che — mi si disse
— era un'autorità in caserma. Invano spiegai al maresciallo del «Minuto
Mantenimento» che il momento era grave, che la nazione avrebbe tratto
notevoli vantaggi dalla costituzione di una nuova batteria contraerea, ma
che — per costituire la batteria in questione — era necessario un locale da
adibire a fureria.
Rispose che al massimo — tanto per dimostrare la sua simpatia verso la
nazione — era disposto a farmelo intonacare e imbiancare, il locale: però il
locale lo dovevo trovare io.
A forza di girare trovai invece un bravo giovane il quale mi disse che —
secondo lui — apparteneva alla mia costituenda batteria e si offrì
gentilmente di farmi da furiere. Lo presi in forza subito e così gli passai il
fascio di cartaccia e continuammo assieme le ricerche. ma dopo un certo
tempo — constatando che non potevo pretendere di impiantare una fureria
peripatetica — presi una decisione importante e, seguito dal mio furiere
viaggiante, uscii dalla caserma.
«Questa è la nostra fureria» spiegai, arrivati che fummo alla stanza da
letto che avevo affittato la mattina stessa. «Io andrò a dormire all'albergo.
Tu prenditi un piantone che vada a chiamarti, di volta in volta, gli uomini
che ti servono per assumere le tue informazioni e lavora tranquillo.»
Gli firmai all'uopo una settantina di permessi in bianco.
Eccettuato il fatto che, a cagione del continuo andirivieni di militari di
truppa, la gente trasse delle arbitrarie conclusioni e, di conseguenza, la casa
della mia affittacamere risultò completamente screditata, si può dire che la
faccenda funzionò egregiamente per tutto il tempo che dovettero durare le
mie ricerche in caserma. Ma la cosa venne qualificata «poco militare» e si
cominciò a guardarmi con diffidenza.
Accaddero altri piccoli episodi che aumentarono gradatamente questa
diffidenza finché si giunse al famoso « fattaccio del cappuccino ».
Una mattina i miei sessanta uomini mi comunicarono dolenti di essere
rimasti tutti senza caffè a causa di una certa confusione in cucina, e io non
trovai dì meglio che inquadrarli, accompagnarli fuori della caserma e offrir
loro (di tasca mia) un caffelatte bollente, scaglionando quindici uomini in
ciascuno dei quattro caffè più vicini.
Questo fatto venne giudicato con tanto sfavore che nacque e si diffuse la
leggenda della mia «scarsa attitudine militare». Leggenda che mi danneggiò
non poco in quanto essa spinse l'autorità competente a togliermi, poco dopo,
il comando della ormai costituita batteria contraerea.
Cosicché mentre io — se fossi stato inviato in zona d'impiego — avrei
avuto senz'altro l'occasione di vedere un pezzo contraereo, essendo invece
rimasto al Deposito non potei mai avere questa soddisfazione. Cosa di cui,
nella mia qualità di artigliere contraereo, ancora mi dolgo amaramente.
Ma ciò che, allora, mi rattristò maggiormente la vita fu la faccenda dello
schiocco.
SCARICA IL LIBRO NEI VARI FORMATI :
Commento all'articolo