Come vincere un Nobel – Il premio più famoso della scienza – Massimiano Bucchi

SINTESI DEL LIBRO:
La scena potrebbe essere stata piú o meno questa. Siamo nell’aprile 1888 e
Alfred Nobel si è alzato da poco nella sua bella casa di Parigi, al numero 53
di avenue de Malakoff. Sfoglia i giornali mentre fa colazione. Sobbalza sulla
sedia. Il giornale riporta il suo necrologio. Sí, proprio il suo! E che titolo: Il
mercante di morte è morto. «Alfred Nobel, che ha fatto fortuna trovando il
modo di uccidere le persone piú rapidamente che mai, è morto ieri», cosí dice
il giornale.
Alfred legge e rilegge, incredulo. Scuote la testa, fa un sorriso amaro. C’è
un errore, naturalmente. Il quotidiano ha scambiato Alfred per il fratello
maggiore Ludvig, morto a Cannes qualche giorno prima. Alfred si alza da
tavola, gli è passato l’appetito. Poi si risiede, riprende il giornale. Il nome è
sbagliato, il necrologio è sbagliato, ma quel titolo, Il mercante di morte è
morto, non è per il fratello, è proprio per lui: chimico, inventore e
imprenditore di straordinario successo, titolare di 355 brevetti, tra cui quelli
della dinamite e della gelatina esplosiva, anche se quasi mai le sue invenzioni
sono state effettivamente impiegate in contesti bellici.
La sorpresa lascia posto allo sconforto e all’amarezza. Dunque è cosí che
sarò ricordato, pensa. Poi torna al suo laboratorio, ai suoi mille progetti, alla
sua vita perlopiú solitaria. Ma il pensiero di quel necrologio, di quel giudizio
cosí duro da parte dei suoi contemporanei, non lo abbandona.
Quello del fratello Ludvig non è il primo lutto che colpisce Alfred e la sua
famiglia. Nel settembre 1864 la piccola fabbrica di nitroglicerina che aveva
impiantato a Heleneborg, nella parte sud di Stoccolma, era saltata in aria
dilaniando tra l’altro il fratello piú piccolo Emil Oskar, all’epoca solo
ventunenne. La disgrazia aveva peggiorato la condizione di salute del padre
di Alfred, morto nel 1872. L’anno successivo alla scomparsa di Ludvig,
Alfred perde anche la madre.
Cresciuto in Russia, dove la famiglia si è trasferita quando aveva nove
anni, Alfred è un vero cosmopolita. Quasi sempre in viaggio, fin da giovane
parla correntemente cinque lingue. A metà degli anni Sessanta dell’Ottocento
apre una fabbrica in Germania, a sud di Amburgo. I suoi esplosivi sono
efficaci, ma altamente pericolosi. Gli incidenti si ripetono e la nitroglicerina è
stata bandita in alcuni Paesi. Per rendere la nitroglicerina piú sicura da
maneggiare, bisogna trovare un materiale poroso e altre sostanze con cui
mescolarla.
Alfred fa moltissimi tentativi, ma senza successo. Passeggiando non
lontano dalla fabbrica tedesca, scopre una roccia porosa e farinosa di origine
fossile, la kieselguhr o diatomite, che miscelata alla nitroglicerina la rende
facilmente modellabile e soprattutto la diluisce, permettendo di controllarne il
potenziale esplosivo. Alfred battezza il composto «dinamite», dal greco
«potenza». La brevetta nel 1867 nei principali Paesi e le ordinazioni piovono
subito copiose. È la svolta definitiva per il successo: nel 1870 la dinamite è
decisiva per la realizzazione del tunnel del San Gottardo. In tutto, Nobel
stabilirà circa novanta fabbriche in una ventina di Paesi.
Nel 1868 Alfred e il padre ricevono un premio dall’Accademia Reale delle
Scienze di Svezia, il premio Letterstedska, assegnato a «scoperte importanti
di valore pratico per l’umanità». Forse anche di quel premio, e di quella
motivazione, Alfred si ricorderà qualche anno dopo, nel momento di stendere
il proprio testamento.
Nel 1875 Alfred acquista una casa a Parigi in avenue de Malakoff, dove
allestisce anche un laboratorio, poi ampliato e trasferito a Sevran. Nel 1890,
anche a seguito di alcuni contrasti con le autorità francesi, acquista una casa
in Italia, a Sanremo, allestendo anche qui un laboratorio («Mio nido» la
battezza). Nel frattempo si fa costruire un’altra abitazione in Svezia, a Bofors.
Quando non è in viaggio Alfred fa una vita ritirata, perlopiú incentrata sul
lavoro. Tra i pochi conforti una grande passione per la letteratura e in
particolare per la poesia. «Un recluso senza libri e inchiostro è un uomo
morto già da vivo», dice. Il suo autore preferito è Shelley. Leggendo il poema
Prometeo liberato, Alfred vi vede in controluce le straordinarie forze liberate
da scienza e tecnologia in quel secolo, forse perfino la propria esperienza con
gli esplosivi. Gli piace scrivere: da giovane poesie, soprattutto in inglese; vari
romanzi abbozzati; opere satiriche ispirate alle sue esperienze di inventore,
come la commedia Il bacillo del brevetto.
Alfred schiva in modo quasi patologico la celebrità che inevitabilmente si
associa alle sue invenzioni e successi economici. «Non ho meritato la
celebrità e non ho nessun amore per il chiasso», dice. Rifiuterà sempre di
farsi intervistare e perfino ritrarre. La sua immagine piú celebre, un quadro
oggi conservato alla Fondazione Nobel in cui appare seduto davanti alle sue
provette e alambicchi, lo sguardo rivolto malinconicamente altrove, fu
realizzata quasi vent’anni dopo la sua morte. Perfino al fratello Ludvig, che
un giorno gli chiede una sua biografia, risponde con sarcasmo, riferendosi
alla propria salute, cagionevole fin dall’infanzia: «Alfred Nobel, creatura
malfatta, che avrebbe dovuto essere strangolata da un medico
compassionevole fin dal suo primo vagito».
La storia di quel «necrologio sbagliato» si intreccia con quella di altre
righe pubblicate su un quotidiano una decina di anni prima, questa volta su
esplicita richiesta di Alfred. Anche queste righe avranno un’importanza non
meno decisiva.
Nel 1876 un quotidiano austriaco pubblica un annuncio di questo tono:
Signore di una certa età, ricco e molto colto, cerca signora esperta e di
una certa classe, che conosca qualche lingua straniera, disposta a fargli da
segretaria e dama di compagnia.
All’annuncio risponde la contessa austriaca Bertha Kinský von Wchinitz
und Tettau, trentatre anni, di famiglia nobile caduta in disgrazia. Nobel la
assume subito, forse ne subisce anche la bellezza aristocratica. Un giorno
trova una lettera di lei sulla scrivania. La contessa è tornata di corsa a Vienna
per ragioni di cuore; per acquistare il biglietto ha dovuto vendere i propri
gioielli. Da Vienna Bertha fugge con Arthur von Suttner per sposarsi di
nascosto dalle rispettive famiglie.
È un duro colpo per Alfred. L’anno dopo avvia una relazione con la
giovane viennese Sofie Hess. Alfred porta Sofie con sé a Parigi, ma i due
scoprono presto di non avere molto in comune. Nobel compra per lei una
casa in Austria, sostiene finanziariamente il suo dispendioso stile di vita, la
incoraggia perfino a sposarsi con un ufficiale militare. Per il resto dei propri
anni Alfred si rassegnerà malinconicamente alla solitudine.
Resta però in contatto epistolare con Bertha, anche se si rivedranno solo
undici anni dopo. Nel 1889 Bertha diventa una figura di spicco del pacifismo
grazie al successo internazionale del suo libro Giú le armi. Nobel ascolta
volentieri le idee della contessa, anche se non manca di esprimere, talvolta, il
proprio scetticismo. Quando lei gli propone di partecipare a un congresso
pacifista, risponde secco:
Le mie fabbriche possono mettere termine alle guerre piú rapidamente
dei vostri congressi. Infatti il giorno in cui degli eserciti potranno
annientarsi reciprocamente in un secondo, tutte le nazioni civili […]
eviteranno la guerra e smobiliteranno i loro eserciti.
È a lei, nel 1893, che Nobel preannuncia per la prima volta l’intenzione di
creare un premio per la pace.
Sono deciso ad accantonare una parte della mia fortuna per fondare un
premio da conferire ogni cinque anni, in tutto sei volte, poiché se in un
periodo di trent’anni l’umanità non arriva a riformare il suo attuale sistema,
ricadremo inevitabilmente nella barbarie 1.
Il testamento piú famoso della storia.
Agli inizi di dicembre 1895, quattro uomini ricevono una scarna
convocazione al Club svedese-norvegese di Parigi. Solo al loro arrivo sul
posto i quattro (Thorsten Nordenfelt, industriale bellico; Sigurd Ehrenborg,
ufficiale dell’esercito svedese in pensione; i due ingegneri R. W. Strehlenert e
Leonard Hwass) comprendono il motivo dell’invito.
L’amico Alfred Nobel chiede loro di fare da testimoni alla firma del
testamento che ha scritto qualche giorno prima da solo nella sua casa di
Parigi, senza consultarsi con alcun legale. Il testamento è breve, sta tutto in
una pagina, e annulla tutte le disposizioni precedenti.
Le righe che piú ci interessano sono poche, ma cambieranno per sempre la
scienza e la sua immagine pubblica.
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