Colpo di rasoio – James Grady

SINTESI DEL LIBRO:
Il sergente della Squadra Omicidi Devlin Rourke non capiva perché
non lo avessero fatto ancora fuori.
Del resto non sapeva ancora chi fossero quei “signori”, dove si
trovasse e perché lo avessero trascinato lì.
Era tutto preso a pensare a cosa ci fosse di buono per cena nel
frigorifero di casa sua, con le chiavi già in mano, mentre s’affrettava al
tramonto di una sera estiva come tante (afosa come sanno esserlo solo
a Baltimora) quando, giunto all’incrocio tra la Ventottesima Strada e
St. Paul, aveva sentito una fitta alla gamba sinistra. Un istante più
tardi crollava a terra, svenuto. Quando la nebbia che lo aveva avvolto
si era diradata, s’era ritrovato nella biblioteca, tappezzata di libri di
diritto, di un ignoto riccone. Due scagnozzi imbrillantinati e cupi nei
loro completi scuri di tessuto ordinario lo fissavano senza aprir bocca.
Una volta certi che il sergente era tornato in sé, uno dei due si decise
ad annunciare con voce rauca: «E’ sveglio». Qualche istante più tardi
un altro personaggio entrò nella stanza. Era sulla cinquantina,
camminava con passo spedito e sul viso aveva stampato un gran
sorriso. Indossava un abito di lino finissimo che però gli cadeva da
tutte le parti, malgrado la corporatura piuttosto massiccia.
«Ti abbiamo colpito a una gamba con un proiettile terminante con
un ago impregnato di anestetico» gli disse Denti Candidi. «Un colpo di
spillo e oplà. Non hai fatto in tempo a far tre passi, che ti sei
addormentato come un poppante. Abbiamo anche provveduto a
cavarti di tasca la pistola, le manette, il distintivo, l’orologio e il
portafogli, insomma tutto quel che avrebbe potuto indurti a metterti
nei pasticci da solo. Comunque non preoccuparti: andrà tutto bene.»
Il signor Denti Candidi sparì dietro a una porta, abbandonando
Rourke ai suoi cani da guardia.
Il terzetto non restò insieme a lungo. I due gorilla scattarono
improvvisamente sull’attenti mentre altri due malavitosi, in tutto
simili ai primi, facevano il loro ingresso da una porta di mogano,
davano un’occhiata in giro e si scostavano per lasciar passare quello
che aveva tutta l’aria di essere il loro boss. Costui aveva un ventre
enorme che lo faceva assomigliare a un barilotto di birra e un peso di
almeno un quintale di muscoli e di cattiveria su una struttura non
superiore al metro e settanta di altezza. Aveva lineamenti e capelli
irsuti, da scimmione, un paio di braccia straordinariamente lunghe e
due zampacce al posto delle mani. Si chiamava Anthony Cardozo. A
quel punto, Rourke aveva finalmente capito chi erano i suoi rapitori.
La gente che sapeva stare al mondo si rivolgeva rispettosamente a
Cardozo dandogli del “signore”, e, se era intenzionata a farselo amico,
lo chiamava Tony il Duro. Anche se ormai aveva varcato la soglia dei
sessanta, Tony era un tipo così robusto che avrebbe facilmente messo
k.o. un pugile in pieno allenamento. Ecco perché, fin da quando era
poco più di un ragazzino, s’era subito segnalato negli ambienti della
Mafia americana. Muscoli a parte, Cardozo era anche un uomo
piuttosto sveglio, visto che s’era fatto pizzicare una sola volta, nel
1948, quando lo avevano spedito al fresco per tre anni in seguito a una
condanna per estorsione. In tutti quegli anni la polizia aveva cercato
invano d’incastrarlo in cinque casi d’omicidio, oltre che in una serie
impressionante di reati minori. Una volta uscito di galera, Cardozo
aveva cercato d’ottenere una patente di rispettabilità facendosi
assumere da uno spedizioniere, anche se in realtà il suo vero lavoro era
quello di neutralizzare le velleità contrattuali dei portuali di New York.
La sua leggenda era legata a un episodio accaduto sui docks
newyorkesi, quando, ai comandi di una gru munita di gancio, aveva
fatto fare un orrendo viaggetto al corpo ancora in vita di un portuale
per buttarlo nelle acque putride del porto, sotto gli occhi terrorizzati di
un centinaio dei suoi compagni di lavoro.
Cinque anni prima del rapimento, Rourke era stato chiamato a far
parte di un comitato nominato dal consiglio comunale di Baltimora
perché indagasse sulla veridicità delle voci secondo cui il crimine
organizzato aveva messo profonde radici anche in quella città. I
membri del comitato non faticarono troppo per provare l’esistenza di
tutta una serie di racket, dalla prostituzione alle scommesse
clandestine, dal traffico di stupefacenti ai prestiti a usura. Purtroppo,
però, mancavano le prove di collegamenti tra queste attività illegali,
dominate da tante piccole gang che si guardavano bene dal pestarsi i
calli a vicenda. Altrettanto infruttuosi si erano rivelati i tentativi di
collegare il racket di Baltimora a quelli di altre metropoli americane.
«E’ tutta gente troppo orgogliosa della propria indipendenza per
pensare a organizzarsi seriamente» aveva sostenuto un informatore
deponendo di fronte al comitato.
Ecco perché l’inchiesta non aveva avuto seguito e il comitato era
stato sciolto. Il rapporto ufficiale si concludeva con l’affermazione
secondo la quale «il crimine organizzato non ha ancora messo radici a
Baltimora».
Sei mesi più tardi Tony il Duro s’era trasferito in città. Uno dei
membri del disciolto comitato, per cui aveva lavorato anche Rourke,
venne incaricato di comandare una piccola squadra di agenti col
compito di tener sotto controllo i possibili sviluppi del crimine
organizzato. Nel frattempo, alla Centrale di polizia, continuavano ad
arrivare nuovi segnali d’allarme secondo cui la Mafia stava per
sbarcare in forze a Baltimora.
Una sera il dirigente della squadra anticrimine s’era presentato
all’appartamento di Rourke senza preavviso. Anche se brillo, lo aveva
invitato ad accompagnarlo a fare un giretto in periferia. Dopo qualche
minuto i due poliziotti avevano parcheggiato nel garage annesso a un
ristorante che godeva di una fama immeritata, specie considerando i
prezzi salati e il cibo mediocre che vi veniva servito. Un’ora più tardi,
era arrivato lo scimmione dal ventre a barilotto in compagnia di due
elegantoni dallo sguardo spento che si guardavano bene dal toglier le
mani dalle tasche della giacca. «Lo vedi quel pancione laggiù?» gli
aveva chiesto il collega con un tono di voce che s’era improvvisamente
incupito. «Cerca d’imprimertelo bene in testa. Ufficialmente non
esiste. Nei nostri archivi non c’è un solo documento a suo nome. Si
chiama Cardozo ma in giro tutti lo chiamano Tony il Duro. Vive in
periferia, in una villa che sembra un fortino. Ha appena acquistato tre
lavanderie, di cui una grandissima dalle parti del porto. Eppure
ufficialmente questo Cardozo è un fantasma. Al suo seguito è arrivato
un manipolo di malavitosi col compito di far funzionare la macchina
mafiosa. Una mezza dozzina sono di New York, un paio sono arrivati
dalla Costa Occidentale, tre da Detroit, due da Chicago, più un mafioso
che risiede a Philadelphia ma che viene qui un paio di volte alla
settimana.
«E’ chiaro che qualcuno ha deciso di procedere a tappe forzate
nell’organizzazione del crimine anche qui a Baltimora. I motivi mi
sembrano scontati: dopo la crisi del porto c’è stato un nuovo boom
economico. In città hanno ripreso a circolare un sacco di soldi.
Vediamo un po’. Nel Block, il quartiere a luci rosse, si sono impiantati
stabilmente protettori e puttane, oltre a negozi porno. Questi ultimi si
riforniscono dai grossisti di Cosa Nostra. Ci vorrà bene uno che
controlli il regolare funzionamento della vendita al minuto, non credi?
E magari rubacchi un nichelino lì, un mezzo dollaro là da tutte le
macchinette a gettone che si trovano nei bar. Così tutto questo danaro
sporco trova il modo di uscire pulito dai filmetti porno a gettone. Poi si
passa alle puttane. E evidente che queste povere donne hanno diritto a
una protezione, senza per questo esser costrette a ricorrere ai
magnaccia tradizionali o alle case d’appuntamento. Il tutto col
vantaggio di non dare troppo nell’occhio scatenando le proteste dei
benpensanti. In altre parole, le puttane si stanno trasformando in vere
e proprie professioniste che, in quanto tali, vanno trattate e protette.
Lo stesso discorso si applica anche agli usurai, quei pescecani che
succhiano i risparmi di tutta una vita a qualche povero diavolo
costretto a chiedergli una manciata di dollari in prestito. Poi abbiamo i
giocatori clandestini che non hanno nessuna intenzione di farsi
bloccare le loro attività altamente redditizie, magari solo per qualche
irruzione della polizia. Per concludere c’è il porto, con un volume
d’affari annui che supera i dodici milioni di dollari. Stando alle nostre
informazioni, dai magazzini del porto ogni anno sparisce merce per un
milione di dollari. Se tutti trovassero il coraggio di denunciare i furti
subiti, sono certo che la cifra sarebbe ancor più impressionante. Senza
contare il contrabbando, specie di droga, che viene messa in
commercio proprio qui, a Baltimora. A quest’elenco aggiungerei anche
i dollari sottratti illegalmente alla sede nazionale della previdenza
sociale che scorrono come un ruscello finendo nelle tasche di chi
sappiamo.
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