Ciao Maschio – Valeria Parrella

SINTESI DEL LIBRO:
Eccoti: proprio, esaamente, la donna che non saresti voluta essere.
Non parlate tui assieme, uomini. (maschi?)
Ti arriva confusa la nostra voce?
Mi arriva chiara: ma se parlate tui insieme è come se parlaste per uno.
Siamo un coro: parliamo per uno. Ciascuno di noi è tui.
No, non siete un coro: siete un genere. E io sono stanca dei discorsi di
genere. Ognuno di voi ho conosciuto a uno a uno.
A uno a uno.
Tu. Sei diverso da lui. Tu sei meglio. Tu. Tu non saresti mai passato
nella mia vita se a precederti non ci fosse stato lui.
Il risultato è lo stesso: eccoti proprio, esaamente, la donna che non saresti
voluta essere.
Non ve ne fate un vanto, io ho costruito questa esistenza, io vi ho tirati
dentro la mia vita. Da essa vi ho trao via, scacciato, cacciati come si
libera la borsa dai giornali brui, dai pacchei di sigaree vuoti, dalle
informative della banca. Prima di meere la chiave nel portone: all’ultimo
cestino: si apre e la borsa e pa, pa, pa, via. Cacciati dalla mia vita. A uno a
uno.
A uno a uno.
Chi è il vostro corifeo? Fate parlare chi vi rappresenti.
Non lo conosciamo, è tra noi ma sarà lui a farsi avanti se vuole.
Non è possibile, così non si può parlare, siete distorti e sghembi se vi
manca il corifeo.
Siamo distorti e sghembi, tu ci hai voluto così.
No, no, no: al massimo io vi ho accolti così, mica vi ci ho fai.
Tu ci hai voluto così.
E se allora sono stata io a volervi così, voi dov’eravate? Di che sostanza
siete fai? Possibile che ammeiate di essere stati accidenti della mia
volontà? Siete uomini? Avrete pure una vostra parte nel nostro gioco? Ma
perché dovrei accalorarmi.
Vi siete assiepati per darvi forza, sono stanca di addossarmi colpe, di
pensare e ripensare. Vi odio.
Un tempo, ci amavi.
Piano, piano, con queste parole. Dell’odio sono certa, lo riconosco da
lontano, comincia a fermentarmi nel peo di noe, queste noi, insonni,
vedete? este angosce esplose all’alba, la mia rincorsa nourna verso il
sonno, la speranza che il sogno sia lieve e chiarificatore. Il mio odio, lo
riconosco da lì. Né mi serve cercarne la causa, né mi aiuta scoprirne il
volto, né mi placa riconoscermi in esso.
Io, esaamente la donna che non sarei voluta diventare.
L’odio, quello sì: lo guardo in faccia, mi fa compagnia. Lui è persistente,
paziente: mi accompagna. Lui. Mi volto? C’è. Ti fisso? C’è. C’è da solo, non
ha bisogno di incarnazioni. Sono molto fiera del mio odio: è così
sfacceato, ricco di sfumature. Il mio odio è imprevedibile e vivo.
Aggressivo e fedele.
È nato come un accaone, pronto a nutrirsi di piccoli bocconi, come il
“Perro semihundido” del Goya… ve lo ricordate? Sì, tu te lo ricordi… a te si
può spiegare. Tu, tu non capiresti mai. Stava là il mio odio con la bocca
che annaspava, tendeva una zampa. Gliel’ho data e lui ha iniziato a
seguirmi. Continua. Cos’era quella sabbia che lo costringeva? Eccola qua:
voi, il voi qualunque, il qualunque con la bocca piena della parola AMORE.
Tu l’hai deo, tu. Ricordi le parole che ci hai deo? Un tempo, ci amavi.
No, aspeate, non parlate tui insieme.
Non ci capisci?
Capisco, ma non vi si addice. Se sono le parole che ho deo a
interessarvi, allora non fingete. Alcuni di voi, lì in mezzo sanno che valore
dare alle parole, alle mie parole e alle parole in assoluto. Altri meno. Posso
ammeere che tu e tu e tu e tu anche ci abbiate creduto. Ma voi lì non vi
dovete allineare, la risposta sulle parole non è per voi. Dividetevi in due
ale: a destra voi. Voi alla sinistra.
Rispondi dunque a destra. Ricordi le parole che ci hai deo? Un tempo, ci
amavi.
Anche questo vi manca: anche il postulato più ovvio che sia mai stato
formulato dalla poesia. Che opponete a fare l’amore all’odio che mi
devasta le noi? In che modo credete che le forze possano combaersi o
equivalersi? Siete ingenui. Per questo ve l’ho deo.
Cosa ci dicesti?
Che vi amavo. Ve l’ho deo. Concesso. Ed è stato vero: ma non è per
questo che ve l’ho deo. Ve l’ho deo perché ci avreste creduto. Ancora
adesso, vedete? Ci credete. La vostra ingenuità l’unica ragione per cui vi
ho amato. Dirvelo: tuo ciò che bastava.
Guardatevi tra voi, ora: vi riconoscete? Vi conoscete? Avete tui lo
stesso volto buono, l’animo disposto, la bocca aperta. Le braccia larghe,
l’inguine rispeoso.
No, non ci conosciamo, non ci riconosciamo.
Eppure siete simili, guardate meglio e rispondete: perché siete lì, divisi
dall’altra ala del coro ?
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