Domani è un altro giorno» disse Rossella O’Hara – Laura Pariani

SINTESI DEL LIBRO:
A sei anni, la Bambina comincia a cavalcare sul suo cavallo
Brigliadoro, innànz-indree da casa alla piazza del Paese della Noia,
dove i Vecchiardi del Circolone passano il tempo a ciccare e
giavanare. Ché, lí in piazza, la Noia si trasforma in Grande
Sbadiglio, mentre l’ombra dei tigli si sposta lentissimamente e le
sedie degli sputatori ne seguono il torpido movimento, come la
lancetta delle ore del campanile.
La cavalcata avviene in genere a metà pomeriggio, quando Nonna
immancabilmente si accorge che le manca qualcosa di
indispensabile per il pasto serale. Col corollario che manda la
Bambina alla cooperativa per una commissione. Allora, col biglietto
della spesa in tasca, lei balza impetuosamente su Brigliadoro e, per
contentare le voglie giratòrie della sua cavalcatura, allunga la strada
fino a fare il giro completo del Paese della Noia.
Via dei Mari, dove abita, è la sua preferita. Le permette infatti
spericolate acrobazie saltando i grandi crateri che si aprono sul
fondo stradale di terra battuta: depressioni di pozzanghere eterne
che la Bambina ha battezzato con nomi che riecheggiano quelli che
la radio attribuisce alle macchie della Luna: l’imprevedibile mare
degli Umori, lo schifoso mare del Topo Morto, lo sterminato oceano
delle Tempeste; veri abissi di acqua lurida in cui si riflettono capovolti
i platani della Colonia del Duce e le finestre di Zia Scoccodèlla. Tutti
da superare d’un balzo, impennando il cavallo e tuffandosi oltre
l’ostacolo, con quella traboccante felicità saltatòria che dà la
sensazione di volare. E ancora oltre,
trotta-trotta-cavallòtta
chi l’è sü l’è on bèll giagiòtta,
impavida a braccia spalancate e occhi chiusi, nell’angusta
scorciatoia degli Schiaffi, in cui il difficile è non farsi frustare dai rami
sporgenti del biancospino; ma i cespugli si ritirano sotto il vento
suscitato dal passaggio di Brigliadoro.
Infine Gran Finale sullo stradone dei Morti: allora la Bambina
spinge il suo destriero al galoppo sfrenato – cloclòp cloclòp degli
zoccoli – godendo dell’aria vorticosa che le scombina la frangetta
facendole ondeggiare le trecce sulle spalle. Eccosí, dài, forza di
nuovo, lei fa la sua entrata trionfale nella piazza del Paese della
Noia, saltando dal cavallo ancora in corsa e lasciando bocchinaperta
gli sputatori del Circolone.
Ogni pomeriggio tranne la domenica.
Nel Paese della Noia la domenica è il giorno delle Grandi
Seccature. La principale consiste nel fatto che a messa non ci si può
recare a cavallo: a piedi deve andarci, la Bambina, ben pettinata col
vestito della festa e le scarpette di vernice, accompagnando quel
piccinàja di suo fratello Nano, che ha tre anni di meno e non è
capace di cavalcare. Una barba.
Fortuna che in chiesa, nella cappella in cui si ascolta la funzione,
la Bambina ha di fronte a sé un grande quadro barocco raffigurante
san Giorgio: con un cavallone che s’impenna imponendo la potente
bianchezza del suo culone su un vòlgolo di serpenti verdi e diavoli
rossi. Un incanto. La Bambina rimane in estasi, quieta quieta per
un’ora, a contemplare il vortice di quelle figure: il santo coi capelli al
vento, che ghignando tra soddisfazione e ribrezzo affonda la spada
nella gola del mostro: pare un eroe dei fumetti che proprio in quei
mesi la Bambina comincia a conoscere perché, con l’acquisizione
della Scrittura, da quasi un anno è entrata nel Neolitico... Viene
letteralmente trascinata nel quadro, vive nel quadro. È la semenza di
una stirpe di spavalde cavallerizze, spersa e superba, che in lei si
agita in questi momenti.
Finché tre Vecchiarde, che siedono nel banco affianco, tutte
aggomitolate nei loro scialli scuri, sbottano a intonare sgraziate
canzoni in latinòrum. Per tutto il tempo della messa se ne sono
rimaste immobili biascicando misteri con voci nasali, mentre si
muovevano solo i grani scuri delle loro corone del rosario, tra dita
che parevano radici d’albero, e dalle bocche ogni tanto si
intravedeva sbuffar fuori un fiato di fumàna, data la stagione
sfrízzola. Ché alla Bambina fanno venire in mente la conta
Vüna la fila, vüna la tàja,
vüna la fa ’l cappèll de pàja...
Eppoi sul piú bello tuona la benedizione, le campane si sciolgono
in squille, ci si crocesegna; e finalmente si esce dalla Chiesa Triste,
per riprendere la strada di casa tirandosi dietro quel peso del Nano.
Avesse il suo Brigliadoro, dopo quell’ora di mistica contemplazione
del didietro del cavallone di san Giorgio, la Bambina farebbe
volentieri cento volte il giro del paese: cavalcando veloce piú del
vento; anzi, diventando lei stessa cavallo.
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