Vita, storie e pensieri di un’aliena – Emma Altieri

SINTESI DEL LIBRO:
Tutto sta per cambiare di nuovo: tanti scatoloni e un altro trasloco, ma
stavolta per scelta mia. Sono sempre stata un’anima in viaggio, se vogliamo
definirmi così. Sono nata in Lombardia, a Milano per la precisione, ma non
ricordo molto della mia città natale, perché a un anno mi sono trasferita in
una piccola cittadina nella provincia di Perugia, Tuoro sul Trasimeno. Mio
padre ha chiesto il trasferimento per avvicinarsi alla famiglia di mia madre
che viveva nella capitale. Dopo cinque anni, però, i miei nonni materni sono
morti lasciando casa a mia madre e, di nuovo, abbiamo impacchettato le
nostre vite e ci siamo trasferiti a Roma. Ricordo poco di quello che è stata la
mia vita prima di arrivare qui. Vari sprazzi di ricordi della mia infanzia,
qualche amico dell’asilo, il giardino dove ho imparato a pedalare in bici
senza le ruotine, la scuola elementare, i miei giochi di bambina. Nel corso
degli anni ho perso molto; forse è proprio per questo che conservo tante cose
ora nella mia stanza: quelle che mio padre definisce ridendo “cianfrusaglie” e
di cui io, invece, vado gelosa perché, senza di loro, potrei dimenticare
ancora…e non voglio.
Se alzo lo sguardo da questo letto dove sono seduta, non posso fare altro che
ridere guardando la mia carta da parati a cuoricini di tutti i colori, quella che
ha accompagnato le mie notti negli ultimi venti anni e che, stanotte, custodirà
gelosamente gli ultimi sogni che farò nella mia stanza di bambina, con gli
armadi e la scrivania bianca e rosa e le pareti piene di foto di amici, attori del
cinema che hanno reso la mia adolescenza più movimentata, ormonalmente
parlando, muri pieni di quello che sono stata e di quello che mi ha reso ciò
che sono adesso.
Non posso portare tutto in questi scatoloni. La nostra nuova casa non avrà
tantissimo spazio, ma ci sono cose di cui proprio non voglio fare a meno: i
miei vecchi diari di scuola pieni dei miei disegni e delle dediche dei miei
compagni ormai lontani, le mie poesie in cui ho riversato lacrime per amori
immaginari, tutto ciò che il mio cuore ha provato e io ho impresso su carta
per non perderne memoria durante gli anni.
Mi sale un nodo in gola guardandomi intorno, al pensiero che da domani
questo non sarà più il mio rifugio sicuro; non potrò più sdraiarmi per terra sul
mio tappeto con la luce spenta e le cuffie a tutto volume per chiudere fuori il
mondo e ritrovare la pace. Il mio sguardo vaga e poi lo vedo; esce fuori da un
cassetto, la copertina ormai piegata dagli anni e dalle volte che è stato aperto;
la penna, che era incastrata sulla copertina, ormai manca da tempo, persa
chissà dove e le pagine verdine sono ormai ingiallite dall’usura: è il mio
diario segreto di Lady Lovely. Era stato un regalo della prima comunione,
ben più di dieci fa, e da allora avevo iniziato a affidare alle pagine i miei
ricordi, i pensieri, le mie gioie e, soprattutto, i miei dolori, i miei amori: me.
Le mie mani, come dotate di vita propria, iniziano a sfogliarlo e non posso
non sorridere alla vista di tutti quei cuoricini pieni di iniziali degli amori
impossibili della mia infanzia, pagine piene di foto di cantanti e attori che ora
sono un vecchio ricordo e di quella scrittura appena comprensibile di una
bambina di dieci anni, che iniziava ad affacciarsi alla vita. Vado alla prima
pagina e ricomincio a passeggiare nella mia infanzia e è come tornare lì:
chiudo gli occhi e la scena rivive davanti ai miei occhi.
15 Maggio (15 anni prima...più o meno)
È la prima data che compare su quelle pagine, il giorno della mia prima
comunione, quello in cui ho ricevuto il diario e ho deciso di iniziare a
scriverci. La mia felicità trapela da ogni singola parola per l’essere stata
messa nella foto di gruppo scattata dopo la funzione vicino a lui, per averci
passato insieme un’intera giornata, per aver goduto della sua vicinanza anche
se, sinceramente a pensarci ora, il fatto che in ordine alfabetico nell’elenco di
classe fossimo uno di seguito all’altro forse aveva contribuito a farci finire
vicini. Tuttavia, come pretendete che una bambina di dieci anni, schiava
dell’amore della sua vita (almeno in quel momento), possa minimamente
prendere in considerazione la logica: è destino! Questa poi alla fine è sempre
la giustificazione che ci diamo quando siamo innamorati e così ciechi da non
vedere l’evidenza o solo l’ovvietà delle cose. Comunque non divaghiamo,
d’altronde si sa, gli occhi dell’amore sono sempre foderati di prosciutto! A
pensarci ora rido da sola come una matta.
Francesco, il nome del mio primo amore, mi aveva colpito subito: capelli
neri, occhi castano scuri, faccia da schiaffi ma adorabile, un piccolo ometto
simpatico e molto dolce; eravamo in classe insieme fin dalla prima
elementare. Sinceramente non ho memoria di quando, con precisione, fui
“folgorata”, ma ricordo benissimo la prima foto che gli feci e custodii
gelosamente in quel diario per anni. Ci trovavamo nel giardino della scuola e
lui stava giocando a calcio con i compagni di classe; per non farmi
sorprendere a scattargli una foto mi misi così distante che venne fuori un
puntino impercettibile, a malapena si capiva che era una persona, figuriamoci
che fosse lui, ma io lo sapevo e tanto bastava al mio cuoricino innamorato.
Ora, a distanza di anni, siamo ancora amici e ci teniamo in contatto su
Facebook: ha due bambini meravigliosi e una moglie bellissima, ma se
sapesse che il mio diario capeggiava di scritte con il mio nome e il suo
cognome (provavo cosa volesse dire essere la sua signora) non credo ne
sarebbe poi così entusiasta. Ricordo bene anche che costrinsi mia madre a
comprare tutte le foto della comunione dove c’era lui, anche se io apparivo
raramente, e se non ci fosse stata Fabiana all’altro fianco di Francesco, la mia
giornata sarebbe stata perfetta.
Lei, la mia rivale, la biondina con gli occhi azzurri, che rabbia! Lei era
l’ideale della bambina perfettina, io no. Nel mio metro e cinquanta (quasi la
più alta in quinta elementare, per poi non crescere che poco più) i miei
capelli castani indomabili, i miei occhi marroni (ogni tanto verdi d’estate) e la
mia corporatura un pochino robustella: come avrei mai potuto competere!
Pensammo, di comune accordo, che la scelta sarebbe toccata a lui; lo
mettemmo davanti ai nostri sentimenti e gli chiedemmo di decidere fra una di
noi due. Ovviamente, un bambino di dieci anni, che in testa ha solo il pallone,
non sarebbe mai stato così autolesionista da infilarsi in una lite fra “donne” e,
da buon mediatore, come tutti gli uomini, prese tempo e poi ci comunicò di
non essere interessato a nessuna delle due.
La mia prima “grande” delusione d’amore. Non ricordo pianti né
disperazione: fu così tremenda che nemmeno la ricordo, pensate un po’!
Insomma, in fin dei conti affrontavo bene la cosa per essere una piccola
donna rifiutata, non credete? Le soddisfazioni della vita!
Le nostre strade si separarono alla fine delle scuole elementari fino a che non
me lo ritrovai in classe in seconda media, trasferito dalla scuola che aveva
scelto in principio. Ovviamente, dopo aver raccontato a tutta la mia nuova
classe di lui e avendo inventato di sana pianta il nostro grande amore ormai
finito (in realtà mai iniziato) mi sentii sprofondare; soprattutto quando i miei
compagni si resero conto che si trattava di lui e che tutto era stato una balla
colossale.
Lezione importante imparata a tredici anni scarsi…mai inventarsi storie su
persone che possono smentire tutto! Insomma, se proprio volete creare di
fantasia andate sul sicuro.
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