Via Mercantini, in fondo a destra – Allan Sormani

SINTESI DEL LIBRO:
Che c’è Wolf, hai fame?
L’aveva svegliato leccandogli il naso e le labbra.
Dopo avergli sbavato metà viso era saltato giù dal letto ed ora
abbaiava ai piedi di esso.
Faceva fatica ad alzarsi.- Cazzo, sono le tre!
Gli sembrava di essersi coricato pochi minuti prima, ma erano
trascorse ben tre ore.
E il piccolo quadrupede aveva fame.
Giustamente.
Aveva resistito fin troppo.
Gli riempì la ciotola di crocchette spostandola col piede sinistro in un
angolo della stanza mentre raccoglieva la cravatta che aveva
lanciato su una sedia prima di tuffarsi sul letto.
Wolf intanto sbranava voracemente la pappa e non lo cagava più,
nemmeno di striscio.
Fuori era soleggiato e la luce penetrava prepotentemente attraverso
le tende ricordandogli che aveva almeno ancora mezza giornata di
lavoro davanti a sé.
L’annodò passeggiando dalla stanza in cucina e si arrestò davanti al
frigo.
Qui diede una stretta finale al nodo usando lo sportello in acciaio
come specchio e lo aprì.
Birra o acqua?
Prima un bicchiere d’acqua.
Aveva sete.
Prese la bottiglia d’acqua e la lattina con la scritta 86 e le mise sul
tavolo.
Recuperò due bicchieri dal lavello, li sciacquò velocemente, li
capovolse scuotendoli e si sedette appoggiandoli capovolti al centro
del tavolo.
Aprì la bottiglia e la lattina una dietro l’altra, leggenditly.com rivoltò i
bicchieri e li riempì in sequenza.
Iniziò a sorseggiare l’acqua osservando la schiuma ritrarsi un po’ alla
volta nell’altro bicchiere e cominciò a fissarlo.
Questo caso mi ha proprio stancato.
Ma chi cavolo c’ha guadagnato sul serio?
Senza una linea da seguire o uno straccio di indizio.
Ma qualcosa deve pur esserci, non possono essere stati così …
perfetti.- Il delitto perfetto non esiste! -, urlò battendo i pugni sul tavolo.
La birra cadde bagnandogli i pantaloni.
Doveva cambiarli.
Via Mercantini, 31 gennaio.
Due mesi e mezzo prima.
Apparentemente un omicidio senza senso.
L’uomo era stato trovato davanti al suo portatile con un foro di
proiettile in piena fronte.
Era il capo dell’azienda di logistica dove lo avevano trovato
ammazzato e come ogni mattina aveva attaccato a lavorare
prestissimo.
I dipendenti dicevano che era solito monitorare gli ordini, il tracking
dei vettori e le consegne appena messo piede nel suo ufficio.
La vigilanza e il portinaio non avevano visto entrare nessuno.
Le registrazioni video avevano confermato le loro deposizioni.
E il sistema di telecamere esterne ed interne non lasciava zone
d’ombra attraverso cui arrivare al secondo ed ultimo piano
dell’edificio senza essere ripresi.
Era stato freddato con un singolo colpo di pistola e secondo il
medico legale il decesso, fulmineo, era avvenuto verso le sei.
L’aveva trovato la segretaria, di solito la prima ad arrivare dopo il
grande capo.
S’era procurato immediatamente la lista di tutti i dipendenti,
trentacinque.
E aveva anche i nomi di quelli licenziati negli ultimi cinque anni.
Per questi si sarebbe aspettato un po’ più di tempo.
Se non altro perché l’impresa negli anni aveva subito diverse
trasformazioni, da società di persone a società di capitali e poi a
cooperativa, le solite scappatoie utilizzate per alleggerirsi più
facilmente del personale in esubero o sgradito e, magari, fregare
qualche creditore, ma la segretaria, per tutti la signora Elena, aveva
registrato e contabilizzato ogni cosa come se fosse stata sempre
un’unica azienda.
Aveva sentito prima quelli che erano stati più volte richiamati al
lavoro, gli unici che avrebbero visto una pensione degna di tale
nome e probabilmente coloro di cui il capo si fidava di più o dei quali
non poteva fare a meno: i meglio informati su quanto accadeva in
azienda, ma anche i più restii a parlare con la polizia.
Poi coloro che erano stati richiamati saltuariamente e infine i
“dimenticati”, gente spesso col dente avvelenato e più propensi a
lasciarsi andare a qualche indiscrezione, se non a vomitare tutta la
bile a lunga conservazione che ancora avevano dentro.
Non aveva cavato un ragno dal buco.
Niente.
Era ancora in alto mare.
Molto probabile, se non sicuro, che s’era imbattuto nella più cocente
sconfitta della sua carriera di ispettore.- Cosa le porto, signore?
La cameriera.
La testa era da tutt’altra parte e stava occupando il tavolo in orario di
pranzo.
Erano tanti i dipendenti e i liberi professionisti che a quell’ora
sedevano a quei tavoli per pranzare.- Sto aspettando una persona. Spero ancora per poco. -- Allora passo quando arriva il suo o la sua ospite. -- Grazie. Anzi, mi scusi!
La cameriera si girò mostrandogli un grosso sorriso.- Nel frattempo mi potrebbe portare un prosecco per ammazzare
l’attesa? -- Certo!
Si allontanò dopo un altro sorrisone.
Gran bella ragazza.- Questo lo offre la casa, - disse la donna mentre poneva sul tavolo
un calice di bollicine, una ciotolina di patatine e un’altra con delle
olive che sembravano condite con olio e origano, - spero gradisca.
- Dove eravamo rimasti?
Mario Corsi lavorava da 10 anni nell’azienda dell’imprenditore
assassinato.
O meglio, lui soleva dire “ho lavorato” perché dava per scontato che
con la dipartita del capo era cessata anche l’impresa.
Era arrivato con mezz’ora di ritardo e ora erano al secondo mentre
nel ristorantino non c’era più anima viva.- In realtà non credo che qualcuno rimpiangerà la sua morte.
L’autista aveva chiesto di vederlo a distanza di quasi due mesi dal
primo incontro.
Era uno dei primi che aveva sentito.
Uno degli “storici”.
Non aveva detto nulla all’epoca.- Come mai? -- Per via di tutte quelle marachelle in fatto di assunzioni,
licenziamenti, disoccupazione, riassunzione, eccetera. Difficile
maturare simpatia per chi mette in piedi queste …. strategie,
chiamiamole così. Ma non credo che sia stato uno di noi a farlo fuori.
Sembrava convinto di questo.- Perché lo escluderebbe? -- Perché anche le altre aziende fanno lo stesso, ormai devi
ringraziare se ti pagano per il lavoro svolto. Non va tanto di moda
farlo, figurarsi poi con puntualità. Chi se n’è andato è passato dalla
padella alla brace e poi è tornato con la coda tra le gambe
supplicandolo di riprenderlo. Lui pagava sempre rispettando i
termini. Mai un giorno di ritardo da quando sono lì. La signora Elena,
la segretaria che di sicuro avrà conosciuto, è più precisa di un
orologio svizzero.
Ancora questa frase idiota.
Eppure siamo cresciuti con la consapevolezza che i meccanismi
infallibili sono quelli made in Japan.- Li ha riassunti tutti i fuggitivi?
Fece un cenno affermativo con la testa.- E poi? -- Hanno accettato tutte le sue condizioni. Al ribasso, ovviamente. -- Senza obiettare? Nessuno s’è mai incazzato o lamentato? -- Ci lamentiamo tutti della paga nel nostro lavoro, è una prerogativa
della categoria. Ma in queste situazioni la gente sceglie il male
minore e lavorare per lui significava sopravvivere. Non si uccide chi
ti salva dalla disperazione, mi creda.
Un capo odiato ma rispettato, per necessità, ma pur sempre
rispettato.
Un dipendente che aveva fatto scena muta durante la fase degli
interrogatori ed ora aveva voluto vederlo ed era diventato
sorprendentemente loquace.
Anche troppo.
Concorrenti ancor più spietati e cinici della vittima.
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