Una scommessa per la lady – Vivienne Lorret

SINTESI DEL LIBRO:
Quest'umile giornale teme il destino del messaggero nel riportare l'ultima
notizia del nostro illustre comitato. Ancora una volta, mentre un mese finisce
e un altro incomincia, restiamo a bocca asciutta. L'Originale della Stagione
deve ancora essere nominato!
Tuttavia, tenetevi forte, cari lettori! Perché abbiamo ricevuto la
comunicazione che avremo il nostro Originale alla fine del mese. E, aspetto
ancora più eccitante, abbiamo appreso che sulla lista restano solo due
candidati. Due!
Siamo tutto un fermento!
Eppure, persino la nostra trepidazione impallidisce al confronto di quella del
Marchese di Th. e dell'indiscussa Dea, Lady G., che a detta di tutti hanno
scommesso sul risultato. Scandaloso! Anche se non siamo sicuri di cosa
possa essere la posta, sappiamo che la sfida promette di essere un vero
spettacolo.
«Proprio un vero spettacolo» borbottò tra sé Juliet Granworth.
Sedendosi su una delle due poltroncine a righe argentate, lanciò
un'occhiata furente al giornale che la canzonava.
Era già abbastanza grave che il maggiordomo della cugina Zinnia
trovasse appropriato lasciare lo Standard sul tavolino in ingresso, così che
fosse il primo giornale che lei avrebbe letto il mattino. Ma quella sera, sul
basso tavolo ovale nel salottino blu di Marjorie Harwick, ce ne era un'altra
copia.
Juliet non poteva fuggire. Perciò, sistemandosi le gonne verde smeraldo,
fece del suo meglio per ignorarlo.
«Accipicchia! Chi ha lasciato questo giornale terribile sul tavolo?» chiese
Marjorie, entrando nella stanza. Prese subito il foglio scandalistico, tenendolo
per un angolo come si sarebbe fatto con un topo per la coda e lo portò fuori.
Nel frattempo, la cugina Zinnia, Lady Cosgrove, procedette con
movimenti lenti ed eleganti verso il divanetto di damasco blu. A quanto
pareva, badò poco alle attività di Marjorie. La sua espressione rimase serena e
garbata, l'attenzione concentrata solo sull'arte dell'incedere.
«Ecco. Molto meglio» esclamò Marjorie un istante dopo mentre tornava,
superando rapidamente Zinnia come la proverbiale lepre con la tartaruga. Le
due amiche non avrebbero potuto essere più diverse l'una dall'altra.
Marjorie era solita mostrare ciocche grigie sfuggite alla morbida crocchia
di capelli scuri e un sorriso genuino che le sollevava le guance rotonde.
Zinnia Cosgrove, al contrario, non lasciava mai la stanza con un capello, che
fosse biondo o argenteo, fuori posto; la sua postura era impeccabile e i suoi
sorrisi apparivano di rado, ma valevano la fatica.
A ventisette anni, Juliet aveva più di quattro lustri meno di loro, tuttavia
si trovava a proprio agio in loro compagnia. Le piaceva pensare che
l'atteggiamento che manteneva fosse un miscuglio perfetto di quelle due
donne.
La verità, però, era che lei era più riservata che affabile. In effetti, da ciò
che le era stato raccontato, la maggior parte delle donne nella sua famiglia
erano uguali: eleganti, distaccate in apparenza e famose per la loro bellezza.
Ma Juliet si chiedeva spesso se non condividessero anche qualcos'altro... un
incontenibile desiderio di dare di matto.
Alcuni giorni, avrebbe voluto poter spalancare la finestra più vicina e
urlare.
Ed era tutta colpa di Max.
«Buonasera, Saunders.» Una familiare voce da baritono proveniente
dall'ingresso giunse fino alla porta aperta del salottino.
Max.
Dannazione! Era un vero demonio. Solo che lei non doveva nemmeno
pronunciare il suo nome: bastava pensarlo perché apparisse. Avrebbe dovuto
sapere che era meglio non permettere ai propri pensieri di vagare liberi senza
alcun freno.
«Non mi ero resa conto che Lord Thayne avrebbe partecipato alla cena di
questa sera» commentò Zinnia, la schiena rigida mentre si sedeva sul bordo
del cuscino e scoccava un rapido sguardo preoccupato a Juliet.
Marjorie guardò la porta aperta, con la fronte corrugata. «Non me ne ero
resa conto nemmeno io. Aveva detto che sarebbe andato da...»
«Lord Fernwold» concluse Max mentre entrava nella stanza, la giacca blu
scuro che si apriva per rivelare un panciotto grigio e pantaloni blu aderenti. Si
soffermò abbastanza a lungo per chinare il capo bruno in segno di saluto,
perlomeno rivolto a sua madre e a Zinnia. A Juliet non riservò più di
un'occhiata frettolosa prima di dirigersi verso la credenza, dove era disposta
una serie di bottiglie di cristallo. «Gli ospiti sono stati mandati via alla porta.
La madre di Sua Signoria ha la febbre.»
Juliet contrasse le palpebre e corrugò la fronte. Era quanto si avvicinasse
di più a guardarlo in cagnesco senza alterare la propria espressione. L'ultima
cosa che desiderava era che lui, o chiunque altro, sapesse quanto la
infastidisse la sua mancanza di rispetto.
Marjorie apparve disgustata. «Di nuovo? Agnes sembrava piuttosto
arzilla oggi pomeriggio al parco. È sospetto che questo sia accaduto ben tre
volte in precedenza, e sempre nelle sere dei ricevimenti di sua nuora. Max,
sappi che io non farei mai un gesto simile a tua moglie.»
Lui si voltò e andò verso di loro, con tre bicchierini da sherry in una
mano e uno di whisky nell'altra. Si fermò prima al divano, offrendone uno a
sua madre e un altro a Zinnia. «Né ne avreste bisogno, perché non sposerei
mai una donna che tollerasse simili manipolazioni.» Poi girò intorno al
tavolino e porse un bicchiere a Juliet, abbassando la voce mentre esprimeva
un ultimo commento. «Né una che percorre solo il sentiero più semplice.»
Lei emise un suono di scherno. Se il matrimonio con Lord Granworth era
stato semplice, allora non avrebbe voluto conoscere l'alternativa.
«Non mi va lo sherry questa sera» affermò. E come rivalsa nei confronti
della scortesia di Max, allungò il braccio e strinse le dita intorno al whisky
destinato a lui.
Le loro dita si urtarono prima che Juliet liberasse il bicchiere. Se non lo
avesse colto di sorpresa, lui lo avrebbe tenuto stretto. Invece, aprì la mano
subito, come se fosse stato scottato da quel tocco. Ma lei sapeva che non era
così, perché il calore della pelle di Max quasi la ustionò. Lo stupore le lasciò i
polpastrelli che pizzicavano, come scorticati.
Per lenire la sensazione, fece roteare il freddo liquore dorato nel
bicchiere. Poi, prima di portarselo alle labbra, incrociò lo sguardo di Max. Le
sue iridi erano un miscuglio di marrone terroso e grigio nuvola. Anni prima
quegli occhi erano stati affabili e cordiali, ma ora erano diventati freddi, come
pozze che riflettevano un cielo invernale. E poiché le piaceva immaginare
quegli occhi come pozzanghere fangose, si soffermò su quel pensiero mentre
beveva un sorso. Purtroppo, non gradiva in particolar modo il whisky, quindi
si sforzò di nascondere un brivido quando il liquido aspro le bagnò la lingua.
Max la canzonò alzando il calice raffinato in un brindisi, quindi buttò giù
lo sherry in una sola sorsata. Poi fece una smorfia con gli angoli della bocca.
Lei conosceva intimamente quella bocca, la calda, soda pressione di
quelle labbra, la superficie eccitante dei suoi denti, l'abilità ammaliante della
sua lingua...
Un calore spontaneo le ribollì sotto la pelle mentre ricordava il bacio che
le aveva rovinato la vita. Per cinque anni aveva pagato un caro prezzo per
quell'unica trasgressione: un matrimonio svilente, pieno di rammarico,
l'improvvisa morte dei genitori, la perdita di tutti coloro a cui aveva voluto
bene.
Al confronto, tornare a Londra per essere accettata come vedova
rispettabile avrebbe dovuto essere semplice. E lo sarebbe stato, se Max non
avesse interferito.
Si era prefissa di acquistare la residenza dove avevano vissuto un tempo i
genitori su quella stessa strada, disposta a dare qualunque somma agli attuali
proprietari per riuscirci. Sarebbe stato il luogo ideale per ricominciare da
capo. Inaspettatamente, l'edificio era stato messo in vendita dopo essere stato
abbandonato. Juliet aveva pensato che fosse un segno del destino, deciso a
ricondurla a casa. O almeno così le era parso, finché Max non le aveva
soffiato la proprietà da sotto il naso.
Perché doveva intralciarla in quell'opportunità di un nuovo inizio?
Lei conosceva la risposta, ovvio. Aveva ferito il suo orgoglio anni prima
e che fosse tornata glielo ricordava soltanto. Non voleva che lei vivesse a
quattro porte di distanza dalla casa di sua madre. E nemmeno a quaranta
miglia da lui.
Ma la decisione non spettava a lui, né a nessun altro. Dopo la dipartita dei
genitori, Juliet aveva chiesto a Lord Granworth di acquistarle la loro
residenza, ma quel despota si era rifiutato, proprio come aveva fatto con ogni
sua richiesta.
E ora, lei non si sarebbe lasciata intimorire o manipolare da un altro
uomo. Finché avesse avuto vita.
«A proposito di matrimonio» intervenne Marjorie, il tono più allegro del
solito. «Le nozze di Wolford con Miss Pimm sono state molto belle,
nonostante siano state organizzate con tanta fretta. Non sei d'accordo,
Zinnia?»
«Con i peri in fiore proprio dietro la cappella, oserei dire che non ho mai
partecipato a una cerimonia più graziosa.» Zinnia guardò Juliet con uno
sguardo compassionevole. «Anche un boschetto di lillà sarebbe stato una
bella cornice. Fioriranno entro la fine della settimana.»
Grazie a Max, i pensieri di Juliet erano in subbuglio in quel momento, e
lei stava cercando di capire come fossero finiti sull'argomento del recente
matrimonio del Conte di Wolford con Adeline Pimm.
Anche se forse, rifletté, stavano solo parlando di matrimoni in generale a
causa di un evento imminente. «Non ricordo di avere ricevuto un invito a un
pranzo o a un ballo di nozze questa settimana. Ne ho dimenticato uno?»
«Forse Lady Granworth ha bisogno di un prato di non ti scordar di me per
supportare la sua memoria» scherzò Max mentre occupava la poltroncina
accanto a lei, anche se ce ne erano altre due libere a una distanza più agevole.
Questa volta alzò il bicchiere per un brindisi, ma solo dopo aver indicato con
un'occhiata quello pressoché intatto che Juliet teneva in mano. Quindi rivolse
l'attenzione alle altre. «Anche se, a essere sinceri, nemmeno io ricordo chi si
sposi questa settimana.»
«Che io sappia, nessuno» rispose Marjorie, minimizzando con un gesto
noncurante della mano. «Ho solo espresso un'osservazione sulle nozze del tuo
amico. E giacché tu sei in cerca di una sposa, magari potresti considerare di
chiedere a Wolford l'uso della sua cappella.»
Max si spostò sulla poltroncina, con l'aria meno compiaciuta. «Giusto.
Be', poiché non ho ancora iniziato a corteggiare alcuna debuttante, per
quando ne avrò scelta una i peri avranno ormai perso i loro fiori.»
«Ma vorrai scegliere presto» continuò Marjorie, posando il bicchiere sul
tavolino. «Siamo già oltre la metà della Stagione.»
Incapace di resistere all'occasione per punzecchiare Max, Juliet
intervenne: «Non temete. Avete settimane prima che sboccino le peonie.
Anche se dovreste prestare attenzione agli insetti: quei fiori brulicano di
formiche. Non sono proprio tra i più poetici». Scosse la testa piano, con
disappunto. «È davvero un peccato che, nella fretta di sposarvi, avrete le
peonie al vostro matrimonio.»
«Sarebbe spiacevole» concordò Zinnia con un cenno solenne del capo.
Avevano letto entrambe Il linguaggio dei fiori di Charlotte de Latour e quindi
sapevano che le peonie rappresentavano la vergogna.
In verità, sarebbero state i fiori perfetti per il matrimonio di Juliet.
Max la guardò in cagnesco, con le sopracciglia aggrottate. «Mi preoccupa
di più trovare la sposa adatta a me, che frivolezze come i fiori in boccio.»
Juliet era consapevole che, dopo la loro sordida storia, quell'affermazione
era intesa come una frecciata diretta a lei. Purtroppo, Max aveva un
particolare talento per riconoscere i punti sensibili e farla adirare. «Mi
dispiace già per la povera cara. Si sposerà in inverno, con nient'altro che rami
secchi che spuntano dal terreno sul percorso verso la chiesa.»
«Ma no» intervenne lesta Marjorie. «Max vuole sposarsi entro l'estate,
prima di sistemarsi nella sua proprietà nel Lancashire.»
La notizia sorprese Juliet. Sapeva che lui aveva intensificato la ricerca di
una sposa da quando aveva ereditato il titolo di marchese, ma ignorava che
avesse intenzione di lasciare Londra. Davvero uno sviluppo interessante.
«Allora non avrete bisogno di una casa in città.»
Il che costituiva l'opportunità per lei di comprare da Max la propria,
finalmente.
«Vi sbagliate. Mi servirà proprio una residenza in città per quando sarò
qui» ribatté lui; quindi si alzò e si voltò per incombere su di lei. «Avete avuto
la vostra occasione...»
Si interruppe, e il miscuglio di grigio nelle sue iridi si fece d'acciaio. In
quell'istante Juliet pensò che stesse parlando della proposta di matrimonio
imposta dalle circostanze di cinque anni prima. E avrebbe anche notato
l'acuta fitta di rimorso nel proprio petto... se lui non avesse continuato.
«Ma avete perso la scommessa.»
Quindi, prima che Juliet capisse che cosa avesse in mente, infilò il dito
medio nel bicchiere e glielo sfilò dalle mani.
Lei strinse il pugno ormai vuoto, lottando per mantenere la compostezza.
«Non ho perso... e nessuno di noi ha vinto. C'è differenza. Sapevate che
avevo intenzione di comprare quella casa, ma avete usato la vostra influenza
per rubarmela.»
Max fece un passo indietro e scolò il bicchiere davanti a lei. «Al
banchiere in possesso dell'atto di proprietà piaceva di più la mia offerta.»
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