Una casa per due – Marilena Boccola

SINTESI DEL LIBRO:
Clara, non ci crederai, ma sulla terrazza sopra al garage c’è un uomo nudo!”
“Come un uomo nudo?”
“Sì, è steso sul lettino a pancia in giù, ma… non indossa il costume da
bagno… è
nudo!” Esclama Vittoria al telefono con l’amica, mentre, da dietro la vetrata
della
mansarda, osserva dall’alto la proprietà di cui ha appena preso possesso e il
piccolo
borgo di case bianche, strette le une alle altre, in cui è incastonata. Sullo
sfondo, il
mare scintillante al sole, nella luce della tarda mattinata, solcato da vele.
“E com’è?” Chiede l’amica incuriosita
“Ma che domande mi fai? La domanda giusta è: chi cazzo è?” Risponde
Vittoria
spazientita, sbuffando senza poter fare a meno di posare lo sguardo sui glutei
sodi e
scolpiti dello sconosciuto, probabilmente addormentato.
“Magari quella terrazza fa parte di un’altra casa…” Cerca di aiutarla a capire
l’amica.
“Non credo proprio! Quella è la terrazza della casa di zia Lucrezia, cioè di
questa
casa! Ho visto la planimetria proprio ieri dal notaio… non mi sbaglio!”
“Però è strano… non può essere un ladro; non si è mai sentito che i ladri si
mettano sul terrazzo degli altri a prendere il sole” Continua l'amica.
“Il cancelletto era aperto, magari è uno che ha notato che la casa era
disabitata da
un po’ e ha pensato bene di fare i comodi suoi … in fondo, basta salire la
scala
esterna…” Riflette Vittoria, scostando di lato i lunghi capelli castano dorato
per
spostare il cellulare all’orecchio sinistro e aprire così la finestra, allungandosi
fuori a
scrutare meglio la terrazza, con la balaustra in pietra coperta di edera e
macchie
carminio di bouganville, all’interno della quale è possibile vedere solo dal
punto in
cui si trova Vittoria.
“Che faccia tosta, adesso vado a dirgliene quattro!” Comunica irritata
all’amica,
rientrando con il busto dalla finestra, ma non prima di aver lanciato uno
sguardo
tutt’intorno ai muretti a secco che delimitano i giardini e gli orti dei vicini
coltivati a
limoni, ulivi e pomodori e ombreggiati da pergole coperte di foglie di fichi e
di viti.
“Ciao cara! Tienimi aggiornata” La congeda Clara.
Vittoria scende la scala a chiocciola che conduce al primo piano lasciandosi
alle
spalle i mobili coperti da teli bianchi della mansarda e, spostandosi nel
corridoio,
arriva, attraverso i gradini in pietra, al piano terra, decisa ad affrontare lo
sconosciuto. Quando esce all’aria aperta, il sole è talmente abbagliante da
ferirle gli
occhi costringendola a rientrare per afferrare, sul mobile all'ingresso, i suoi
occhiali
da sole neri in stile Audrey Hepburn e dirigersi ad ampi passi verso il fondo
del
cortile, evidentemente trascurato, dove l’erba cresce alta, soffocando i fiori
nati
spontaneamente. La pavimentazione dissestata la costringe ad un passo falso
che la
porta a perdere l’equilibrio, cadendo rovinosamente a terra senza potersi
trattenere
dal lanciare un urlo.
“E che cavolo!” Impreca Riccardo sobbalzando sul lettino e sollevando la
testa
per guardarsi attorno. Cos’era? Sembrava il verso di un gatto in amore!
Pensa infastidito. Comunque ormai è tardi, meglio andare a cercare qualcosa
da mangiare. Si
siede, s’infila gli slip e le bermuda beige che aveva abbandonato di lato a
quel
vecchio lettino di vimini scolorito su cui si era steso, non resistendo al
piacere di
farsi accarezzare la pelle dal sole, completamente nudo. Fa scorrere sulla
pelle
abbronzata del torace muscoloso la semplice t—shirt bianca che estrae dal
proprio
zaino di tessuto grezzo e s’incammina giù per le scale della terrazza,
ciabattando nelle
sue infradito di corda, per dirigersi verso il cancelletto di ferro, coperto di
vegetazione, sul retro dell’abitazione. Al lato opposto, Vittoria, ancora stesa
per terra
con la caviglia dolorante, cerca faticosamente di alzarsi e, zoppicando,
raggiunge la
gradinata dalla quale si accede al tetto pianeggiante del garage per accorgersi,
con
stupore, che è deserto. Avvicinandosi alla balaustra per guardarsi attorno,
scorge in
lontananza, ormai in fondo al viottolo che conduce al piccolo centro del
paese, un
uomo alto e scuro di capelli con uno zaino in spalla.
Un vagabondo… - pensa - speriamo che non si faccia più vedere, altrimenti
chiamo i carabinieri e gliela faccio vedere io! Conclude fra sé e sé con
rabbia,
decidendo d’impulso di andare a mangiare un boccone prima di recuperare le
proprie
valige in macchina e mettersi al lavoro.
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