Qualcosa là fuor – Nadine Gordimer

SINTESI DEL LIBRO:

Una città dei morti, una città dei vivi
Si contano i giorni solo quando si aspetta un bambino, o si è in
prigione. Io l'ho avuta, la mia bambina, ma conto i giorni dall'arrivo di
quell'uomo in questa casa.
La strada si tuffa giù tra due file di case come il letto abbandonato
in un fiume che ha cambiato corso. La padrona dello shebeen, (1) che
abita di fronte, ha una macchina che arriva sbandando e sobbalzando
fino all'elaborato cancello di ferro battuto della casa. Tutti gli altri,
compresi i clienti dello shebeen, camminano sui sassi, la sabbia e i
canali di scolo, tornando dalla stazione degli autobus. La città è troppo
lontana, per andare al lavoro in bicicletta.
La casa offre le solite due stanze con cucina e cortiletto sul retro,
dentro le quali trovavano posto senza problemi, sul tavolo
dell'architetto che ha progettato il quartiere sub-economico, i
modellini dell'unità familiare ideale di quattro persone. Come la
maggior parte delle case di quella via, è stata modificata dentro e fuori,
per far posto al numero di persone suggerito dall'inventiva dettata
dalla necessità. Il garage è diventato la casa di una famiglia di
subaffittuari. (La padrona dello shebeen, che sa tutto di tutti, ricorderà
forse come mai la casa abbia un garage probabilmente un tempo ci
viveva un tassista). La porta d'ingresso della casa vera e propria si apre
dentro una stanza che è stata suddivisa mediante tende di broccato
verde, il cui colore si è sbiadito e la cui lavorazione in rilievo si è
consumata prima che il proprietario di tutt'altro genere di casa se ne
disfacesse. Da un lato delle tende c'è un soggiorno appena sufficiente a
contenere un divano e due poltrone di plastica, un tavolino basso con
centrino all'uncinetto, vaso di piume vegetali dipinte e lampada a olio,
e un mobile radio-mangianastri con gli altoparlanti fatti in casa. Alla
parete c'è la grande stampa laccata di un cavallo con una selvaggia
criniera arancione e le narici palpitanti. Il pavimento è di cemento,
lucidato con cera nera. Dall'altro lato delle tende c'è un letto, una
finestra a prova di scasso, un tavolino con candela, una boccetta di
pastiglie contro l'acidità e una sveglia. Durante il giorno, una camicia
da notte di nylon piena di volant è stesa sopra le coperte.
In uno scatolone sotto il letto ci sono dei vestiti da donna. Appeso a
un chiodo, sotto una custodia di plastica da lavanderia, c'è un vestito
da uomo.
Attraverso una porta, che non viene mai chiusa, si passa dal
soggiorno alla cucina. C'è un lavandino, che serve anche da bagno per
l'intera casa, una stufa a carbone con gli alettoni cromati come
un'automobile degli anni '40, una credenza di formica di un azzurro
perlaceo con sportelli di vetro che non scorrono facilmente, un tavolo e
alcune sedie di plastica. L'odore del cibo non varia mai: farinata
bruciata, curry che copre il fetore dolciastro delle frattaglie, porridge
inacidito, cipolle. Un piccolo frigorifero, senza presa, viene usato per le
provviste di margarina, latte condensato, sardine in scatola: non c'è
elettricità.
C'è un'altra porta, in cucina, con un pannello di vetro smerigliato
nella metà superiore. Non viene mai aperta, e l'opacità del vetro è
rafforzata da un paio di tendine a rete. Per difendere l'intimità del
locatario della casa, Samson Moreke, che dorme là dietro, insieme alla
moglie, alla figlia più piccola, e a qualunque altro figlio torni per un
breve periodo dalla casa di certi parenti di campagna cui è stato
affidato. Quando i figli sono tutti insieme a casa dei genitori, il divano
diventa un letto per due; gli altri dormono sul pavimento della cucina.
Talvolta non si può contare sul divano, dato che i parenti adulti che
trovano lavoro in città hanno bisogno di un posto dove stare. Il
numero 1907 del Blocco C ospita - ha ospitato fino a undici persone;
quante possa ospitarne è semplicemente questione di quante altre
persone non abbiano un posto dove andare.
In questo conteggio è compresa la pensionante con la sua notevole
serie di amanti dietro le tende di broccato verde, ma non i parenti che
alloggiano nel garage.
Nel cortile sul retro, Samson Moreke, al cui nome è registrata la
locazione del numero 1907 Blocco C, ha costruito un pergolato
rudimentale coperto di vite Catawba, verde e piacevole in estate.
Sotto il pergolato ci sono tre sedie di metallo con relativo tavolo,
che conservano ancora tracce di vernice bianca. Come le tende di
broccato verde, il quadro del cavallo con la criniera arancione, i pali e
il filo metallico del pergolato, sono oggetti scartati dalle varie persone
per le quali Moreke lavora in città come giardiniere itinerante. Il
pergolato è situato tra il garage e il gabinetto, che viene usato da tutti
gli abitanti dell'unità familiare, locatari e pensionanti.

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