Un duca indimenticabile – Vivienne Lorret

SINTESI DEL LIBRO:
Emma Woodhouse, bella, intelligente e ricca, con una casa confortevole e un
buon carattere, sembrava riunire in sé alcune delle migliori benedizioni
dell'esistenza, ed era al mondo da quasi ventun anni con pochissimo ad
affliggerla o contrariarla.
Jane Austen, Emma
Jacinda Bourne premette la schiena contro la porta dello studio, stringendo il
libro Emma in una mano e un piumino per la polvere nell'altra. Un sospiro di
sollievo le sfuggì dalle labbra quando il chiavistello sommessamente andò al
suo posto.
Nessuno l'aveva vista, ma non aveva molto tempo. Era l'alba, presto i
domestici avrebbero finito di fare colazione al piano inferiore e avrebbero
cominciato a dedicarsi alle loro faccende quotidiane, che di certo includevano
accendere il fuoco nel freddo camino di marmo situato contro la parete
opposta. Perciò doveva concludere in fretta la sua indagine... e... «Eccì!»
Dannazione! Evidentemente prendere il piumino per la polvere era stato
un errore.
Il cuore le fece un sobbalzo nel petto e lei si immobilizzò, le orecchie tese
a qualsiasi rumore provenisse da dietro la porta, ma il sangue le pulsava così
forte nelle orecchie che non riusciva a sentire nulla.
Una vocina nella mente l'avvertì di sgattaiolare via prima di essere
sorpresa. Ma Jacinda la ignorò.
Come poteva andarsene senza avere prima trovato la prova che cercava?
Il solo problema era che non sapeva che cosa il duca nascondesse.
Ma qualcosa nascondeva. Lo aveva capito sin da quando lui era entrato a
passo di marcia nel suo ufficio all'Agenzia Matrimoniale Bourne, pochi giorni
prima.
Ogni pollice della sua alta figura era stato rigido e all'erta, i suoi pugni
chiusi, la sua espressione dura. E nel vederlo così Jacinda, per reazione, era
stata colta da uno strano senso di attesa, dalla consapevolezza che c'era
qualcosa dietro le sbrigative, evasive risposte che lui le aveva dato... segreti
che lei doveva scoprire prima di trovargli una moglie.
Dopotutto, accoppiare due persone era una faccenda seria. Jacinda, le sue
sorelle e lo zio Ernest erano decisi a donare unioni durature e felici ai loro
clienti. E trovare l'anima gemella di qualcuno non era facile. Ci volevano
impegno, attenzione e, secondo lei, tenacia. Perciò quella mattina si era
travestita da cameriera, con tanto di cuffietta arricciata sui capelli castano
ramati.
Faceva tutto parte del suo lavoro.
Le era capitato in passato di scoprire che alcuni dei loro assistiti avevano
omesso di indicare nei moduli di iscrizione certi sgradevoli particolari della
loro vita, quali vincoli nei loro patrimoni, dispute tra eredi, casi di follia in
famiglia, amanti, debiti di gioco e persino figli illegittimi. In conseguenza di
ciò, ogni cliente dell'Agenzia Matrimoniale Bourne veniva sottoposto a una
rapida indagine.
Anche se forse, intrufolarsi nella residenza del duca era stato un po'
eccessivo.
Le sue sorelle si sarebbero infuriate, se lo avessero saputo. Ainsley, la
maggiore, l'aveva già avvertita che, se i suoi metodi fossero costati loro dei
clienti, il solo contributo che avrebbe potuto dare all'agenzia sarebbe stato
quello di servire il tè nel salottino. Dal canto suo Briar, la minore, aveva
abilmente caricato Jacinda di senso di colpa, rammentandole che la loro
attività era stata creata per onorare la memoria della loro defunta madre e per
assicurarsi che a nessuno toccasse il suo triste destino di sposare la persona
sbagliata.
Secondo le sorelle, la caparbietà si addiceva soltanto ai soldati, non alle
debuttanti o agli intermediari di matrimoni. Ma Jacinda non concordava.
Dimostrare che un compagno era quello giusto richiedeva una dose
eguale di determinazione e prontezza, ed era necessario ricorrere a ogni
mezzo per ottenere informazioni.
Premendo l'orecchio contro la porta, sentì che tutto era silenzioso, a parte
il distante ticchettio di un orologio a pendolo. Sollevato, il cuore di Jacinda
rallentò i battiti, rammentandole che si trovava là per uno scopo ben preciso.
Lei era una intermediaria di matrimoni, la professione più importante di
tutte. Profondamente consapevole di ciò, strinse più forte le dita intorno al
libro. Poco prima di morire, la loro adorata madre, Heloise Bourne
Cartwright, aveva regalato a ciascuna delle figlie un volume di Emma. A
Jacinda aveva donato il primo, quello in cui veniva svelata la sfrontata
risolutezza di Miss Woodhouse. A Briar aveva dato il secondo, nel quale la
protagonista era più speranzosa. E ad Ainsley il terzo e ultimo, nel quale
Emma mostrava una saggezza che andava oltre i suoi anni.
Con la copertina di pelle che premeva sotto le sue dita, Jacinda sentì
rinascere la determinazione. Trasse un profondo respiro e il seno premette
contro il grembiule bianco.
Per un istante aveva quasi cominciato a dubitare del piano che aveva
escogitato alle tre di quella mattina. Ma i lampi di genio, era noto, venivano
in ogni momento.
E poi il duca se l'era voluto. Non soltanto si era rifiutato di rispondere a
tutte le domande che gli aveva posto, ma aveva mentito sulla sua rendita.
La recente visita che Jacinda aveva fatto all'avvocato del suo cliente
aveva infatti rivelato che Crispin Montague, Quinto Duca di Rydstrom, era
quasi in bancarotta e che la sua proprietà era in rovina.
Il problema, tuttavia, non erano le sue finanze. Dopotutto, molti in società
si sarebbero volentieri accollati il compito di salvare la sua proprietà pur di
avere in famiglia un duca. E allora perché aveva mentito?
Per Jacinda, un uomo che mentiva una volta con ogni probabilità lo
avrebbe fatto molte altre. Lei e le sue sorelle avevano imparato questo
concetto dal loro padre donnaiolo. I suoi tradimenti avevano spezzato il
fragile cuore della loro madre, portandola infine alla tomba.
Come poteva trovare una compagna per un uomo che diceva falsità e
serbava segreti? Il matrimonio doveva dare a ciascuna delle parti una
sensazione di sicurezza e sincerità.
Era tempo di scoprire che cosa nascondesse il duca. Passando il piumino
sulla sua scrivania, vide che era, purtroppo, molto ordinata. Non c'era un solo
oggetto che svelasse qualcosa di lui, a parte un astuccio in bronzo per biglietti
da visita e alcuni registri in pelle scura. Né erano appesi alle pareti ritratti o
miniature, soltanto una banale scena di caccia sulla mensola del camino.
Insomma, c'era davvero poco su cui indagare... a meno che non si volesse
essere parecchio più ficcanaso. Ma i cassetti della scrivania erano chiusi a
chiave. Imprecando silenziosamente contro la natura diffidente del duca,
Jacinda allungò una mano verso l'orlo del vestito e un gemito di frustrazione
le sfuggì dalla gola. Aveva dimenticato di infilare uno spillone per capelli
nell'uniforme che aveva preso in prestito dalla cameriera. In casi come quello,
gli spilloni erano oltremodo utili.
Dannazione. Rinunciando a frugare nei cassetti, si accontentò di prendere
uno dei biglietti da visita del duca – non si sapeva mai, forse sarebbe stato
utile – e lo inserì tra le pagine del libro, che posò accanto al piumino per la
polvere.
Poi prese il primo registro e notò subito che ogni pagina era divisa in
quattro quadranti, ciascuno dei quali era riservato a una categoria diversa di
spese. Che strano modo di annotare gli importi.
Jacinda scrollò le spalle, e poiché il contenuto del registro svelava più di
quanto lei sapesse sui magri conti del duca, lo mise da parte.
Il secondo era un calendario di impegni, anch'esso diviso in quadranti, ma
con una sorprendente assenza di cene, balli o ricevimenti in programma.
Sembrava quasi che il duca si affidasse alle sole capacità dell'Agenzia
Matrimoniale Bourne per trovarsi una sposa, oltretutto senza mostrare la
minima curiosità sulle candidate che potessero essergli proposte.
Strano davvero. A quanto pareva, il matrimonio era per lui soltanto un
accordo di affari, o un irrilevante compito che si era dato.
Quel pensiero la irritò. Si era nel XIX secolo, non nel Medioevo, dove i
nobili si sposavano solo per denaro, proprietà e lignaggio. Molte persone
avevano abbandonato le vecchie tradizioni, rendendosi conto che un
matrimonio felice, la fiducia e forse persino l'amore erano diritti
irrinunciabili.
Senza dubbio, invece, il duca, una volta ricevuta la lista di candidate,
avrebbe puntato il suo feudale dito sul nome della prima ereditiera e avrebbe
detto: «Voglio questa». Dopodiché si sarebbe aspettato che gli venisse
recapitata sulla soglia.
Bah. Jacinda chiuse di scatto il registro, ma nel movimento un foglio di
carta volò fuori dalle pagine, fluttuò nell'aria un istante, e si posò
silenziosamente sul pavimento.
Immediatamente all'erta, lei sentì i peli drizzarsi sulla nuca.
Allontanandosi dalla scrivania di un passo, guardò il foglio e vide che era
una lettera indirizzata al duca.
Si chinò allora a prenderla, dibattendo tra sé se aprirla. Nel raccoglierla,
però, infilò incidentalmente il dito sotto il sigillo già spezzato e il foglio si
dischiuse.
Leggere la corrispondenza di un'altra persona era un gesto imperdonabile
e rude... ma sembrava proprio non le restasse altra scelta.
Con una certa delusione, vide che si trattava di una missiva scritta da uno
dei domestici. Era firmata Mrs. Hemple, che lei immaginò fosse la
governante, la quale informava il padrone sullo stato della biancheria o
faceva una lista delle riparazioni più urgenti. C'era però un paragrafo strano
che stonava con gli altri.
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