Serenità – L’arte di saper invecchiare – Wilhelm Schmid

SINTESI DEL LIBRO:
Che cos’è propriamente la vita? È qualcosa che può essere
sentito intensamente, e poi nulla, poi apparentemente sempre
uguale a se stessa e, di nuovo, completamente diversa,
estremamente varia e, nello stesso tempo, pura abitudine. È fonte di
piacere e felicità, ma anche di dolori e infelicità. Nessuno sa come
questi elementi siano ripartiti. La vita ci consente di cercare contatti e
relazioni che vanno subito perduti. Richiede fin troppa attenzione,
ma procede in maniera del tutto scriteriata. La polarità è il suo tratto
fondamentale. Pulsa tra elementi contrapposti, tra gioia e rabbia,
paura e speranza, anelito e delusione. E, ancora, tra futuro e
passato, assumendo i tempi lunghi della storia come un destino
inevitabile. Qualcosa deve nascere e, allo stesso modo, è inevitabile
che qualcos’altro passi. Ogni divenire procede insieme al passare, e
ogni passare si accompagna al divenire. Anche quando
invecchiamo. La modernità ha però messo in discussione questa
polarità fondamentale dell’esistenza. Come possiamo imparare a
ristabilirvi un rapporto sereno?
Un aiuto ci viene dalla riflessione sulle diverse epoche della vita,
che permette di chiarircene le peculiarità. Sembrano simili al corso di
una giornata. Mentre per qualcuno la mattina è il momento di essere
scattanti, per altri non lo è affatto. L’euforia per la giornata ancora
giovane resta sempre enorme. Il tempo che abbiamo a disposizione
è infinito, le possibilità che ci si dischiudono sono moltissime, la gioia
per il lavoro sulla realtà cresce mentre siamo nel pieno delle forze e
riusciamo ad assolvere a tutti i compiti che la quotidianità ci impone.
Finché, senza accorgercene, non arriva la pausa pranzo. A cui
segue il pomeriggio, che può trascinarsi all’infinito. Arriva l’inerzia, la
stanchezza affligge gli arti, si apre un vuoto profondo senza che ce
l’aspettassimo. Come resistervi? Nel punto zero della nostra giornata
irrompe l’improvvisa consapevolezza che sta volgendo al termine e
che, in realtà, ci sarebbe ancora molto da fare. Niente paura, dopo
cena c’è ancora tutto il tempo. Ma la sera il bisogno di
comunicazione con la nostra famiglia, con il nostro circolo di amici o
con quello dei nostri conoscenti si fa più urgente. Poi arriva la
stanchezza e non ci rimane altro che abbandonarci al sonno.
Le epoche della vita procedono allo stesso modo, anche se la
loro sequenza e la loro durata possono variare da individuo a
individuo, distinguendosi per i dettagli che le caratterizzano. Un
passo verso la serenità dovrebbe consistere, perciò, nel dare loro il
tempo necessario. Il primo quarto della vita corrisponde al primo
mattino. Anche quando è faticoso alzarsi, la vita dei giovani è
contrassegnata da innumerevoli possibilità, che si aprono nei primi
anni o decenni della loro esistenza. Tutto è possibile. Un giovane
potrebbe sentirsi immortale nello spazio infinito delle possibilità che
gli si presentano grazie al gioco, all’esperienza e alla sua
formazione. Si vive con la piena sensazione di trovarsi in un
orizzonte aperto e nell’epoca della “capacità possibile”. A questo
livello «io posso» significa «potrei se volessi».
L’invecchiamento però inizia subito e spesso è impercettibile. Poi
viene a ondate che non vanno fronteggiate con la stessa velocità
con cui arrivano. Tutti iniziano a invecchiare già nel grembo della
loro madre, senza farci caso; un bambino di tre anni ne ha subito
sei, un ragazzino di sei ne compie subito dodici e poi diciotto.
Attraverso le irritazioni della pubertà l’invecchiamento assume
contorni completamente diversi da quelli degli anni precedenti. Se
per i bambini le cose non vanno abbastanza veloci, nei giovani adulti
la velocità è tale da non lasciarli più tranquilli. Molti sanno alla
perfezione cosa vogliono, e intendono arrivarci in fretta. Altri lo
stanno ancora cercando e preferirebbero tornare indietro. «Ho paura
di diventare vecchio», mi dice un giovane ventenne. La pubertà
potrebbe in effetti concludersi con una grande crisi esistenziale; le
prime delusioni per le possibilità irrealizzate nei rapporti e nelle varie
attività potrebbero causare una QuarterlifeCrisis (Abby Wilner e
Alexandra Robbins, 2001).
Nel primo quarto della nostra esistenza accadono tante cose. Si
fanno molte esperienze in maniera quasi totalmente arbitraria e non
è detto che tutte potranno tornarci utili nel corso della vita. La
transizione al secondo quarto della vita avviene nella forma di un
passaggio di testimone, più o meno la mattina presto del nostro
trentesimo compleanno, quando iniziamo ad avere il presentimento
che il nostro orizzonte non resterà aperto ancora a lungo, come
invece ci era parso per molto tempo. Ciò non dipende dal numero
degli anni, perché l’ampiezza in cui il tempo può oscillare è enorme;
ma per la prima volta ci chiediamo quali siano i piani che possiamo
ancora realizzare.
Il tempo stringe se si tratta di intraprendere progetti di lungo
periodo, di formare una famiglia o raggiungere obiettivi professionali.
Più di quella esteriore, cresce però la pressione interiore, relativa
alla ricerca di punti fermi rispetto a se stessi, agli altri e al mondo,
oltre che al lavoro sulle nostre idee e sui nostri scopi. Prima o poi,
infatti, dovremo pur fare qualcosa. Una caratteristica di questa fase è
l’abbandono del congiuntivo (cioè del «potrei, se volessi») per
mettere alla prova la nostra “capacità effettiva”. Ora si dice: «Posso
farlo». Ora ci si può mettere all’opera, anche nel lungo periodo e
pure attraversando grandi difficoltà. L’entusiasmo per il lavoro su
tutto questo fa man bassa di tutte le possibili pressioni e
sovraccarichi. La sensazione intensa di stare al centro della vita,
stressati, ma fortissimi e invincibili, rende più facile scordarsi la
vecchiaia.
E, tra i quaranta e i cinquant’anni, si corre a lambire il centro della
giornata, ossia la metà della vita, visto che nella società attuale (cioè
all’inizio del XXI secolo) un’esistenza di ottanta, novanta o cento anni
non è completamente inverosimile. Il numero degli anni che ancora
devono arrivare inizia a essere minore di quelli passati. La vecchiaia
ci segue come un molestatore che non rispetta le distanze, ma che,
tuttavia, non possiamo denunciare. L’approvazione naturale che
corpo, anima e spirito hanno per questa nuova fase della vita
procede di pari passo con turbolenze che ricordano quelle della
pubertà e che, però, si portano appresso molti più anni. Nel
momento in cui il sentimento della vita può essere soddisfatto da un
pranzo abbondante tutto questo è scioccante e paralizzante. Può
essere sereno solo chi è davvero pronto ad abbandonarsi a questo
passaggio.
Con la midlifecrisis, così come con gli anni di transizione, la
visione della vita cambia completamente. Quella che per molto
tempo è stata una vita prospettica, aperta e rivolta al futuro (come
quando ci si chiede: «Come sarà la mia vita? Che cosa posso
ottenere?
Come posso fare per ottenerlo?»), diventa
progressivamente un’esistenza retrospettiva, che si restringe in
avanti e si rivolge sempre più al passato (cominciando a chiedersi:
«Come ho trascorso la mia vita? Che cosa ho fatto e ottenuto
finora?»).
Se da giovani non c’era alcun interesse nel vedere o sentire
qualcosa sulla vecchiaia o sulla morte, a questo punto è impossibile
non pensarci. Sarebbe una violenza mettere da parte pensieri del
genere. Cambiano le condizioni di vita. Nuove esperienze del corpo
e dell’anima condizionano il modo in cui concepiamo la vita e il
mondo. Gli esseri umani sono vincolati al loro modo di vedere le
cose e influenzati dalle condizioni specifiche della loro esistenza,
così come dal loro contesto lavorativo, dalle loro esperienze e dalle
loro relazioni. Questa visione del mondo è talmente dominante che
risulta difficile già immaginarsene una diversa. Persino quando
proviamo a immedesimarci in qualcun altro, più vecchio o più
giovane, e a pensare mettendoci al suo posto, sentiamo che questa
prospettiva non ci appartiene. Ciò vale anche per il punto di vista che
caratterizza questa fase della vita, in cui quella precedente ci
sembra superata e si stanno sviluppando una vita e un modo di
pensare diversi. Cresce la coscienza della limitatezza dell’esistenza.
Ma ancora solo in teoria: nella maggior parte dei casi il limite è
ancora molto lontano.
2. Le caratteristiche della vecchiaia
Un secondo passo verso la serenità, soprattutto quando si è
molto avanti negli anni, consiste nella conquista di un sapere relativo
a questa fase della nostra esistenza, una ricettività per quanto è
ancora in nostro potere e una comprensione per le sfide che la vita
porta con sé. Il terzo quarto della vita presenta anni e decenni che
possono essere molto attivi e intensificati dalla gioia di vivere, la
quale, a sua volta, può essere rafforzata dalla consapevolezza che
le possibilità che ci si offrono si stanno riducendo. Chi si inoltra negli
anni capisce che ci sono possibilità che possono essergli precluse.
Si impone la grande rivolta: non può finire così! Alcuni tentano di
salvare le possibilità dalla rovina. Provano a interrompere le loro
solite attività e le relazioni avute fino a quel momento cercando di
costruirsi qualcosa di completamente nuovo.
Anche il pomeriggio della nostra giornata esistenziale prevede
una specifica “capacità eccellente”. Affermare «posso farlo» adesso
significa qualcosa di più: so come vanno le cose e potrei controllarne
il
corso anche se stessi dormendo. In questo modo posso
riequilibrare le forze che si stanno indebolendo (compensazione). Le
mie forze spirituali sembrano addirittura aumentare, perché so
canalizzarle meglio (concentrazione). Non devo necessariamente
fare tutto, ma so discernere e scegliere in maniera mirata
(selezione). Quello che faccio riesco a farlo bene e anche molto
bene (ottimizzazione). Questa capacità dipende da un fiuto nato
dalle mie molte esperienze, buone e cattive, e può essere raffinato
continuamente e sempre di più. Il processo dell’esperienza si
completa con una nuova consapevolezza che, tuttavia, non lo
sostituisce. Nel mondo del lavoro le imprese fanno bene a basarsi
sul tesoro di esperienze che gli anziani mettono volentieri a loro
disposizione e al servizio dei giovani. Nel migliore dei casi le ardite
intuizioni di questi ultimi possono connettersi con la visione
d’insieme satura di esperienze tipica degli anziani. Se qualcosa del
genere potesse verificarsi in tutta la società, il generale processo di
invecchiamento potrebbe contribuire a raffreddare un po’ la nostra
surriscaldata modernità guidandoci verso una modernità diversa.
La capacità peculiare del terzo quarto della vita non dovrebbe
concernere soltanto gli aspetti professionali, ma anche ogni altro
ambito della vita e soprattutto il rapporto premuroso con se stessi e
con gli altri. Così potremmo addirittura pensare di diventare «maestri
di vita», come fu chiamato Meister Eckhart. La pienezza della vita e
lo scopo di ogni arte di vivere non consistono in questo? Maestro,
però, diventa solo chi ha imparato bene qualcosa. Dunque, nell’arte
di vivere non può esserci nessuna piena maestria. La vita resta fino
all’ultimo soltanto un progetto di ricerca. Si presentano esperienze e
sfide sempre nuove, mutamenti sociali e conquiste tecniche di cui
bisogna rendere conto. Non esiste un sapere in grado di garantire
una certezza definitiva. Niente di nuovo: già Seneca parlava in
questi termini nel I secolo d.C., sostenendo che «bisogna imparare
la
vita
per
tutta
Debrevitatevitae, VII, 3).
la
vita»
(viveretotavitadiscendumest,
A questo punto bisogna imparare a fare i conti con i segni
evidenti della vecchiaia. Essere amici di se stessi significa ora
stabilire
una confidenza con lo spaesante fenomeno
dell’invecchiamento che comincia a farsi evidente. Nel corso del
terzo quarto della vita la vecchiaia percepibile negli altri risulta tale
anche quando si tratta di me? I capelli si assottigliano e diventano
grigi, le rughe si palesano sul volto e il doppio mento è sempre più
frequente. Se non lo si tiene in movimento, il corpo comincia ad
arrugginire. Anche se può essere un merito addolcire alcuni
fenomeni correlati all’invecchiamento, combatterlo strenuamente
segna ancora di più il volto di chi sta lottando. Quando risulta più
difficile istituire nuove relazioni, il valore della fiducia negli altri
emerge con una chiarezza maggiore e ci si prende cura delle
amicizie in maniera più consapevole. Quelle che un tempo erano le
nostre lune impetuose si calmano un po’, la vita fa il suo corso e a
volte può apparire anche noiosa. Tutto già visto, niente di nuovo
sotto il sole.
Ma arrivato ai sessant’anni ho capito chiaramente che il
pomeriggio della mia vita stava evidentemente volgendo al termine.
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