Saprò ritrovarti – Karen Ranney

SINTESI DEL LIBRO:
In piedi davanti alla finestra, Catherine Dunnan spalancò entrambe
le ante e subito avvertì la giovane cameriera alle sue spalle tendersi.
Forse avrebbe dovuto tranquillizzarla, dicendole che non aveva
alcuna intenzione di buttarsi di sotto, ma in quel momento non
desiderava affatto parlare.
Faceva fatica a fare qualsiasi cosa, a incominciare dall’alzarsi la
mattina e lavarsi il viso e le mani. Avrebbe preferito rimanere a letto
a dormire, ma il mondo intorno a lei pareva che la volesse sveglia e
vigile. Così, ogni tanto, si alzava da letto per non mettere troppo in
agitazione il personale di servizio.
In realtà non le importava che ora fosse, o se piovesse o
splendesse il sole. Erano passati sei mesi da quando era arrivato il
baule, ma per il dolore che provava sembrava che di giorno ne fosse
passato solo uno. La giornata era nuvolosa, il cielo bianco, coperto.
Nell’aria si respirava un’umidità che faceva increspare le foglie sui
rami degli alberi. Sulla superficie della terra era sospesa una coltre
di nebbia, come se le nubi fossero cadute dal cielo.
Il mondo sembrava sottosopra.
Alle sue spalle la cameriera faceva piccoli lavoretti, sistemava il
vassoio della colazione su un tavolino rotondo e metteva in ordine
l’argenteria, raccontando gli avvenimenti della mattina. Nel granaio
era nata una cucciolata di gattini. La cuoca aveva male alle gambe, il
lacchè aveva uno sfogo sulla pelle, sotto la sua finestra era stato
trovato uno scoiattolo morto.
Un tempo Catherine si interessava a ciò che le accadeva intorno,
ma adesso faceva fatica perfino a respirare. Provava un dolore
costante al petto, come se vi avessero conficcato una lancia.
Sempre presente, quel dolore era diventato la misura delle sue ore e
dei suoi giorni.
L’aria che proveniva dall’esterno la fece rabbrividire. Uno
scoiattolo emerse dalla nebbia e prese a saltellare di ramo in ramo.
Intanto la cameriera continuava a chiacchierare. Catherine non
avrebbe voluto vedere né udire niente, ma purtroppo, per quanto
desiderasse il contrario, era ancora viva.
E i vivi devono resistere.
Se solo fosse potuta morire. Perché Dio non esaudiva una
preghiera così semplice?
Il vicario diceva che sbagliava a pregare di morire. Dio avrebbe
provveduto a farla morire quando avesse voluto Lui, giacché non
toccava a lei decidere. Il vicario si occupava di lei con una certa
invadenza, la sua assiduità la irritava. Ma come dire a un prete che
era un seccatore?
— Che ora è?
— Le due, signora — rispose prontamente la cameriera, come se
avesse previsto la domanda.
Dunque, pensò Catherine, aveva dormito quasi tutto il giorno,
sicché avrebbe passato la notte senza chiudere occhio, in preda agli
incubi.
— Come siete pallida, signora. Non vi sentite bene?
Importava qualcosa? Catherine dormiva e sognava, dormiva e
sognava e, a volte, svegliandosi, si appoggiava alla testiera del letto.
Allora la coglieva una fastidiosa confusione mentale, che la spingeva
ad assumere un’altra dose di laudano per poi riaddormentarsi.
— Dovreste mangiare qualcosa, signora — disse la cameriera,
dopo avere terminato di disporre i piatti e le posate.
Catherine continuò a fissare lo strano paesaggio avvolto nella
nebbia. — Non ho fame — disse. Quante volte avrebbe dovuto
ripeterlo, per convincere il personale di servizio?
— La cuoca ha detto che ieri sera non avete cenato e che
stamattina non avete fatto colazione. Mangiate qualcosa, almeno un
boccone, signora, vi prego.
La ragazza si chiamava Betty ed era brava nei lavori di casa.
Usciva con un valletto, aveva una risata argentina e l’abitudine di
coprirsi la bocca con la mano per nascondere i denti cariati. Era
sempre stata simpatica e rispettosa nel periodo precedente, quando
la vita era bella e felice, ricca di promesse e gravida di attese. Nel
periodo precedente quell’ultima lettera, prima che il corpo di Harry
fosse restituito in una bara impregnata di pece e il mondo diventasse
cupo, tenebroso e luttuoso.
Catherine, in una delle sue lettere, aveva confessato di avere
paura del buio:
Le ombre della sera conferiscono un aspetto sinistro anche a cose
amiche. Pensa invece alla sera come a un momento fatto per il
riposo, e al buio come alla condizione che l’Onnipotente ha
concepito per imporre la pace alle creature. Il gufo e il topo di
campagna saranno le sentinelle della notte.
Si era premuta la lettera contro il petto, felice di quelle parole così
poetiche, e la notte successiva si era messa alla prova. Per qualche
tempo era rimasta nel corridoio, fuori della camera da letto, senza
candela né lanterna accese.
Non posso prometterti, carissimo, che affronterò le tenebre con
animo sereno, ma il mio terrore si è un poco mitigato.
Ormai la notte non le riservava più niente di inquietante. Al
contrario, era il giorno a spaventarla e rimanere sveglia era una
misura del suo coraggio.
— Non ho fame — ripeté, sperando che la ragazza avesse
abbastanza buon senso da cogliere la determinazione nel suo tono
di voce. Il cibo la disgustava. Anche il sonno la disgustava, perché
portava con sé incubi tormentosi, popolati di colori rossi e viola; ma
perfino quelle visioni erano preferibili alla veglia.
— Glynneth mi ha fatto promettere di riuscire a farvi mangiare
qualcosa — disse Betty.
Catherine si sforzò di sorridere. — Dille che mi hai convinta.
— Se proprio volete, signora.
— Non preoccuparti per me — aggiunse Catherine. — Lascia qui
il vassoio, tra poco mangerò qualcosa.
Rassicurata, la domestica se ne andò e Catherine fu lieta di
rimanere ancora una volta sola. Chiuse la porta, appoggiandovi
contro la testa. Il personale di servizio fremeva dal desiderio che
tutto tornasse come prima, senza rendersi conto che il “periodo
precedente” non sarebbe tornato mai più.
E pensare che Catherine aveva atteso con tanta ansia la posta ed
era stata così lieta quando Glynneth gliel’aveva portata. Delusa
dall’essere rimasta per qualche tempo senza notizie di Harry, non
aveva avuto alcuna premonizione, quando aveva aperto la lettera
del colonnello:
Signora Dunnan,
vi informo, con profondo rammarico, che vostro marito, Harold
Allen Dunnan dei Fucilieri scozzesi delle Lowlands, è rimasto ucciso
in una schermaglia con i soldati francesi il 18 aprile 1761.
Vostro marito è morto valorosamente, signora. Ha sempre
prestato servizio nel reggimento con onore e dedizione. La sua
morte lascerà un vuoto. Ho avuto il privilegio di conoscerlo bene e lo
consideravo mio amico.
Esprimo dunque le mie più sentite condoglianze a voi e alla
vostra famiglia. In circostanze del genere, le parole, ahimè, suonano
vuote e vane.
Mentre Catherine aspettava ansiosamente le lettere di Harry, suo
marito era già morto.
Per amore delle persone che si prendevano cura di lei, si sedette,
si versò un sorso di tè e sbocconcellò un panino. Ma dopo due
cucchiaiate di zuppa di pesce non riuscì a mandare giù altro.
Si voltò a guardare il baule, ai piedi del letto. Come le appariva
estraneo quel cuoio consunto nell’ambiente femminile della sua
stanza. Doveva assolutamente farlo portare in camera di Harry. Così
era stata la loro vita prima che lui entrasse nel reggimento: lui da
una parte, lei dall’altra.
Harry era contento così, come del resto era contento di vivere
nella casa del suocero. Catherine non avrebbe mai pensato che i
vincoli coniugali lo disturbassero al punto da indurlo a entrare in un
reggimento scozzese. Ma era apparso così entusiasta della carriera
militare, che lei aveva fatto quello che da sempre fanno le donne:
dopo averlo baciato, lo aveva salutato con la mano, finché era
sparito all’orizzonte. Solo allora aveva pianto.
Si avvicinò al baule, sollevò il coperchio e tirò fuori una lettera.
Per lei le lettere di Harry erano oggetti preziosi, che custodiva lì
dentro insieme agli effetti personali restituiti dal reggimento.
Spiegò con cura il foglio e lesse:
Mi hai chiesto di parlarti di più dei miei compagni. Vuoi che ti
racconti di Peter, l’aiutante di campo del colonnello? È poco più di
un ragazzo, e così entusiasta che mi fa sentire vecchio, in confronto.
È ansioso di provare tutto quello che la vita gli può offrire. A volte mi
stupisce con il suo equilibrio; è una di quelle persone che sembrano
nate vecchie tanto si dimostrano sagge.
Abbiamo rispedito la maggior parte dei francesi in Francia, una
decisione che ha preso il maggior generale Wolfe. Il Québec è bello,
ma è evidente che qui non siamo i benvenuti. Lascerei volentieri
questo luogo per tornare a casa.
Casa. Se solo ci fosse riuscito, a tornare a casa, la vita di
Catherine sarebbe stata completamente diversa.
Si mise a letto, grata della stanchezza che all’improvviso l’aveva
colta. Sotto la coperta calda, le bianche tenebre dietro agli occhi
chiusi erano una piacevole vista. Si raggomitolò nella sua tana,
sempre stringendo in mano la lettera di Harry.
Gli inviò mentalmente una risposta, un’abitudine che aveva preso
sei mesi prima. Erano missive fuggevoli, mai messe nero su bianco,
che nessuno avrebbe dovuto conoscere. La rasserenava pensare
che da qualche parte Harry potesse leggerle.
Sono così sola, amore. I giorni passano e tu non sei qui. Le notti
scendono e tu non ci sei. Non c’è ombra della tua voce, e nemmeno
del tuo profumo e delle tue carezze. C’è maestà in cielo? Vedi le
stelle?
Lacrime cocenti le bruciarono le guance. Rabbrividì, mentre
piangeva, poi si premette le mani contro la bocca per soffocare i
singhiozzi.
Erano passati mesi ed era come se fosse trascorso solo un
giorno.
Buon Dio, ti prego, poni fine a tutto questo.
Ma Dio era sordo al suo grido.
— Siete sicuro di non volere che vi accompagni, colonnello, voglio
dire, Vostra Grazia?
Peter provò imbarazzo per il suo errore, come lo aveva provato
ogni volta che aveva sbagliato appellativo durante il viaggio
dall’America alla Scozia. Era un errore facile da commettere, perché
passare dal grado di colonnello al titolo di duca di Lymond era un
cambiamento al quale lo stesso Moncrief non si era ancora abituato.
Moncrief mostrò di accettare le scuse sottintese battendo una
mano sulla spalla dell’ex aiutante di campo.
L’oste alzò gli occhi incuriosito e altrettanto fece la cameriera,
mentre riempiva il bicchiere a Peter.
Kirkulben era un villaggio grazioso e più grande del previsto, con
due strade principali che si intersecavano. Tra l’una e l’altra
sorgevano numerose casette, tutte linde e ben tenute. Lungo le
strade c’erano numerosi negozi e due locande. La sera prima i due
soldati avevano preso alloggio alla Royal Heather, la più grande
delle due.
— Mi tratterrò pochissimo — disse Moncrief.
— Non dovreste ugualmente viaggiare senza scorta, signore,
voglio dire, Vostra Grazia. Siete un duca, adesso.
— Mio padre ha mantenuto tutta la vita un rigido codice di
comportamento, come si conveniva a un duca. Non ti avrà mica
assunto per sorvegliare i miei modi, Peter?
Peter arrossì. — Scusate, signore, volevo solo rendermi utile.
Moncrief provò compassione per il ragazzo e gli diede una
spiegazione parzialmente vera. — Il viaggio di ritorno mi ha fatto
venire un gran desiderio di stare per conto mio.
Mentre attraversavano l’Atlantico del Nord, le burrasche autunnali
avevano provocato il mal di mare a Peter e alla maggior parte degli
altri passeggeri. Moncrief aveva ringraziato il cielo di averlo dotato di
una costituzione robusta: ironia della sorte, dato che stava tornando
a casa perché suo fratello era morto all’improvviso di influenza e lui
era diventato il dodicesimo duca di Lymond.
I
tempi del reggimento erano finiti, ma prima di assumersi le
onerose responsabilità di Balidonough e della sua gente, voleva
rimanere, ancora per qualche ora, il colonnello dei Fucilieri scozzesi
delle Lowlands.
Il tempo sufficiente a fare visita alla vedova Dunnan.
— Se proprio volete, Vostra Grazia.
Moncrief sorrise. — Lo voglio senz’altro, Peter. Provvederai alle
incombenze che ti ho affidato?
Il giovane annuì.
In realtà, erano a poche ore di viaggio dalla casa di Moncrief e
avevano tutte le provviste necessarie. I cavalli erano stati acquistati
da poco e gli abiti borghesi per il nuovo duca erano già pronti. Dopo
tre anni di dura disciplina militare, Peter trovava la tranquilla vita
borghese incredibilmente oziosa. Perciò Moncrief gli aveva
assegnato dei compiti aggiuntivi, come comprare un regalo per la
governante di Balidonough e procurarsi una serie di articoli superflui
ma piacevoli: saponette al bay rum e cravatte nuove.
Pochi minuti dopo, Moncrief uscì dalla locanda, seguendo le
indicazioni del locandiere per raggiungere Colstin Hall.
Anche bendato si sarebbe accorto di essere di nuovo in Scozia.
Nell’aria c’erano un vago odore di fumo di torba e un’umidità
particolari. Poco prima era scesa una fine foschia che si era
consolidata in nebbia e ora aderiva al terreno.
La Scozia era un paese antico; si respirava storia negli alberi,
nelle rocce e nel suolo. Gli era mancato, negli ultimi quattordici anni,
quel senso di continuità secolare.
Giunse in prossimità di Colstin Hall che il suo cavallo, uno stallone
acquistato di recente e con il vizio di girare sempre il muso a destra,
non aveva nemmeno il fiato corto. Moncrief smontò di sella e
avvolse le redini intorno a una roccia. Salì sopra un masso per
guardare dall’alto la casa di Catherine Dunnan.
Una stradina fiancheggiata di alte querce conduceva all’edificio di
mattoni rossi. La villa a tre piani era circondata da alcune
dépendance e da parecchi ettari di terreno agricolo. La nebbia
aderiva ai tronchi degli alberi e lambiva la base della casa, che
appariva fluttuare, sopra il suolo, come una nube.
A spingerlo fin lì era stato un impulso di cui gli sfuggiva il
significato, ma in tutti quei mesi non era riuscito a dimenticare
Catherine.
Estrasse dalla tasca della giubba la lettera preparata per quella
occasione. Le altre le aveva lasciate nella borsa dei documenti, al
sicuro da occhi curiosi.
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