Piovono uomini! – Lori Wilde

SINTESI DEL LIBRO:
C’era un uomo nudo sul suo terrazzo.
Il dottor Janet Hunter si fermò di botto, la ventiquattrore in mano, la
borsa e una cartelletta sotto il braccio dalla stessa parte. Le chiavi nella
mano libera, si trovava sulla porta di casa, pronta per uscire e affrontare il
primo giorno di lavoro al polo pediatrico di Blanton Street, una sezione del
prestigioso ospedale St. Madeleine di Houston, dove finalmente, dopo gli
anni di studio e di specialità, avrebbe lavorato come medico.
Batté le palpebre incredula.
No, non c’era possibilità che si trattasse di un miraggio: uno sconosciuto
senza vestiti si aggirava tra le cianfrusaglie accatastate sul suo terrazzo,
probabilmente in cerca di qualcosa.
«Mamma, questa volta hai passato il segno» borbottò tra i denti.
Okay, lo sconosciuto non era proprio nudo del tutto. Stringeva un
sacchetto di carbonella vuoto - presumibilmente recuperato dal cesto
dell’immondizia di fianco al barbecue - e lo reggeva a strategica copertura
dei gioielli di famiglia, ma tutto il resto di lui era... generosamente offerto
alla vista di Janet.
E lei ne stava approfittando.
Una cosa bisognava riconoscerla: avrebbe potuto andarle peggio,
avrebbe potuto trovarsi di fronte uno sconosciuto grasso come un lottatore
di sumo; invece il panorama era decisamente piacevole. Almeno i gusti di
sua madre sembravano migliorati, bisognava dargliene atto.
Certo, se avesse scelto un altro giorno per i suoi stupidi giochetti, Janet
avrebbe anche potuto riderci sopra, invece...
Appoggiò la valigetta sul tavolo della cucina ed estrasse dalla borsa la
bomboletta di spray al pepe nero che teneva sempre con sé per scoraggiare
eventuali malintenzionati, si avvicinò alla porta scorrevole che conduceva
sul terrazzo e la aprì di scatto.
«Cosa credi di fare, amico?» lo chiamò con voce forte e chiara, tenendo
la bomboletta nascosta.
L’uomo le dava le spalle e Janet lo vide chiaramente sussultare.
Lentamente, molto lentamente, si voltò, stringendo il sacchetto di
carbonella come se fosse l’ultimo appiglio di un naufrago.
Però, gran bei bicipiti, l’intruso. Nemmeno un filo di pancetta e... ehi,
niente male quelle gambe, sode e muscolose da fare invidia a un
purosangue di razza!
Janet alzò lo sguardo a studiargli il viso. Una barbetta incolta gli
punteggiava la linea decisa del mento. I capelli, piuttosto mossi, erano di un
caldo biondo scuro e gli occhi... eh, quelli erano i più incredibili e
penetranti occhi color nocciola che avesse mai fissato in vita sua.
Fantastico. Semplicemente perfetto. Certo, a parte l’espressione di
panico che gli adombrava appena i bei lineamenti.
Ma... un momento, cosa stava facendo? Stava davvero perdendo litri di
bava davanti a un perfetto sconosciuto? Quello era esattamente il motivo
per cui sua madre glielo aveva depositato sul terrazzo senza vestiti.
Nossignora, non ci sarebbe cascata questa volta.
«Ehm... dici a me?»
«E a chi dovrei rivolgermi, amico? Per caso vedi altri pervertiti in
costume adamitico sul mio terrazzo?»
«Sc... scusa» balbettò lui.
«Mi auguro almeno che lei ti abbia pagato profumatamente per
convincerti a umiliarti in questo modo.»
Era già stato abbastanza deprimente quando sua madre, Gracie Hunter, le
aveva mandato a casa una specie di culturista travestito da disinfestatore
con la scusa di spruzzarle di DDT i gerani del balcone. Per non parlare di
quella volta che si era trovata fuori dalla porta un intero squadrone di baldi
e virilissimi pompieri, sempre chiamati da Gracie per salvare un inesistente
gattino intrappolato sulla quercia davanti a casa sua. Diavolo, pur di
trovarle un uomo sua madre si era abbassata al punto di pubblicare un
annuncio a suo nome nella rubrica di cuori solitari del giornale locale! E
senza dirle niente!
Tutto era cominciato quando l’astrologa personale di Gracie, Nadine,
aveva vaticinato all’affezionata cliente un’inesorabile profezia: se sua figlia,
la sua unica figlia, non l’avesse resa nonna entro i cinquantadue anni,
avrebbe potuto scordarsi l’argomento nipotini per sempre.
Inutile dire che sua madre era andata fuori di testa. Era da almeno
trent’anni che si consultava con Nadine due volte a settimana per la lettura
dei tarocchi e, purtroppo per Janet, Nadine non aveva mai sbagliato un
colpo.
Ci aveva preso quando aveva pronosticato la fuga di suo padre, ci aveva
preso sulla sua operazione alle tonsille, e infine ci aveva preso anche a
proposito del gratta e vinci da duemila dollari che sua madre aveva
comperato.
Gracie non perdeva occasione per ricordarle i momenti salienti della loro
vita propiziati dal benefico influsso di Nadine. Purtroppo, mancava solo un
anno e mezzo al soffio della cinquantaduesima, fatidica candelina, e ormai
la sua determinazione a trovare un marito a Janet era cresciuta al
parossismo.
«Ehm... scusa» buttò lì timidamente lo sconosciuto richiamando la sua
attenzione al presente. «Capisco il tuo shock, ma... non so di cosa tu stia
parlando.»
«Puoi toglierti la maschera, bello! Ormai non inganni più nessuno. Ho
capito subito che tu e mia madre siete in combutta. E adesso, fila!» Si mise
a gesticolare come uno spaventapasseri, il dito indice sempre incollato al
meccanismo di innesco della bomboletta. Nel caso...
Lui la guardava come se le mancasse una rotella. «Forse mi stai
prendendo per qualcun altro.»
«Ah, davvero?»
«Se mi lasci entrare in casa magari possiamo parlarne con un po’ più di
calma.»
Janet prese in considerazione la proposta. «Non sono sicura che sia una
buona idea. In fondo è stata mia madre a cacciarti in questa situazione.
Perché non chiami lei per tirartene fuori?»
«Ti giuro che non ho la più pallida idea di cosa tu stia dicendo.»
«E allora ti dispiace spiegarmi che ci fai qui?» Lo squadrò con aria
critica dalla testa ai piedi.
Dannazione, quell’uomo sarebbe dovuto essere arrestato per eccesso di
fascino e muscoli, oltre che per una decina di motivi più validi che
impallidivano miseramente di fronte alla sua bellezza.
Un’insolita corrente di calore le fluì nel sangue, con la forza di un
torrente gonfio di pioggia. La sua reazione non aveva scusanti. Doveva
smetterla di sentirsi così... così... impressionata da lui.
«Che ci faccio qui» ripeté il suo interlocutore. «È una lunga storia che
non ha nulla a che vedere con tua madre, chiunque lei sia.» Accennò un
sorriso, il primo dall’inizio di quel dialogo surreale. «Se non ti dispiace...
comincio a sentirmi un po’ vulnerabile.»
Janet si morse l’interno della guancia per sforzarsi di guardarlo dritto
negli occhi senza lasciarsi distrarre dal resto. «Mi sembra ovvio.»
«Se mi lasci entrare prometto di raccontarti tutto.»
«Questa è degna del lupo di Cappuccetto Rosso.»
«Non saprei, ho passato da un pezzo l’età delle ninnananne.»
«Cappuccetto Rosso è una favola dei fratelli Grimm.»
«Sì, certo. Grazie per la lezione di letteratura. Non aspettavo altro.»
«Forse preferisci I vestiti nuovi dell’imperatore, data la situazione.»
«Preferisco saltare il capitolo sulle favole. Che ne dici di lasciarmi
entrare, invece?» Tornò a sorriderle con l’evidente intenzione di rabbonirla,
in quella che si rivelò l’ottima imitazione di un Cary Grant malandrino e
irresistibile.
Janet fu costretta a dargli atto di un notevole aplomb. Forse, dopotutto,
quel tizio non aveva nulla a che vedere con le manovre di Gracie.
«Non so se...»
«Senti, non sono un pazzo e nemmeno un pervertito» le assicurò, «e per
quanto può servire, non sono in combutta con tua madre. Ti mostrerei
volentieri un documento, ma... sfortunatamente credo di non averne
addosso.»
In compenso aveva un buffo senso dell’umorismo. Janet sospirò e si fece
di lato, smettendo di sbarrargli il passo. «Entra.»
«Grazie.» Cautamente, e sforzandosi di mantenere la propria dignità, lo
sconosciuto le passò davanti a passo di gambero, il sacchetto a proteggere le
parti intime, le spalle incollate alla parete a celare il fondoschiena. «Per
caso tuo marito ha qualcosa da prestarmi per... ehm, coprirmi un po’?»
«Non sono sposata.»
Brava, Janet, complimenti! L’unica cosa giusta da dire in un frangente
simile era: Oh, sai, mio marito è un pugile di due metri per centocinquanta
chili. Non credo proprio che i suoi vestiti possano andarti bene.
«Il tuo convivente?» azzardò ancora lui.
«Niente conviventi.»
«Magari un ex fidanzato che ha lasciato in giro un paio di
pantaloncini...»
«Se avesse osato fare una cosa simile avrei acceso un falò.»
«La mia solita fortuna. Evidentemente non sei il tipo sentimentale. Non
hai un asciugamano, una salvietta... qualcosa del genere?» La sua voce si
incrinò leggermente. «Non sono uno schizzinoso, gettami un osso e mi farai
felice. Ti prego, sono disperato!»
«Posso darti un accappatoio» gli concesse, cercando di nascondere
un’imprevista ilarità. Effettivamente non doveva essere una situazione
facile, la sua, e dato che ormai non aveva più motivi per sospettare un
coinvolgimento materno in tutto quel caos, cominciava a provare un po’ di
comprensione nei suoi confronti.
«Qualsiasi cosa andrà bene. Basta che riesca a percorrere le scale fino al
piano di sopra senza attirare l’attenzione della buoncostume.»
«Stai dicendo che... abiti in uno degli appartamenti di sopra?» Janet non
riuscì a trattenersi dal dare un’occhiatina al suo petto scolpito e virilmente
coperto dalla giusta quantità di peli: né troppi né troppo pochi. Come
avrebbe detto la sua amica CeeCee, meglio un toro da competizione che un
vitellino da latte.
«Ho appena traslocato.»
«Ma pensa.»
«Ti darei la mano per i convenevoli di rito, ma... viste le circostanze...»
«Lascia perdere. Vado a prenderti l’accappatoio.» Continuando a
stringere la bomboletta, Janet marciò spedita in bagno. Odiava l’idea di
lasciare quel tizio da solo, ma dopotutto non era carino abbandonare un
vicino in difficoltà.
Prese un accappatoio dall’armadietto della biancheria e tornò spedita in
sala. Poteva già dirsi fortunato del fatto che lei fosse alta e che preferisse il
cotone bianco alla ciniglia rosa.
Con un sorriso colmo di gratitudine lui accettò l’offerta. «Grazie mille.
Mi hai salvato la vita.»
Janet non riuscì a reprimere un lieve imbarazzo. Strano, per chi come lei
faceva il medico ed era più che abituato a tenere sotto controllo le proprie
reazioni. Non avrebbe dovuto farsi mettere sottosopra a quel modo dalla
semplice presenza di un uomo nudo nel suo salotto, specialmente adesso
che l’aveva scagionato dall’accusa di complotto con sua madre.
E invece... si sentiva più shakerata del Vodka Martini di James Bond.
«Scusa, ti dispiace...»
«Eh?» Janet realizzò in quell’istante che era rimasta a osservarlo
spudoratamente come un vetrino al microscopio. «Ah, sì!» Se fosse stata il
tipo timido sarebbe arrossita come una scolaretta, invece strinse le labbra e
gli voltò le spalle.
Pensi che sia una cosa intelligente, dare le spalle a uno sconosciuto
senza mutande? E se ti avesse raccontato un mucchio di storie? Se fosse un
ladro? Solo perché è carino non significa che sia anche innocuo.
«Okay. Puoi girarti adesso.»
Si voltò. Era buffo con quell’accappatoio: l’orlo gli arrivava sopra il
ginocchio e le maniche, che a lei stavano addirittura lunghe, coprivano a
malapena i gomiti.
Le sorrise con un’aria da ragazzino che lo faceva sembrare molto
giovane, e Janet pensò che doveva avere al massimo tre o quattro anni in
più dei suoi trenta.
«Tanto per tornare al nostro problema, com’è che sei arrivato sul mio
terrazzo?»
«La forza di gravità.»
«Ah. Ah. Ah. Quindi dovrei credere che è stata la gravità a risucchiarti
dalla tua doccia e a teletrasportarti fuori dalla mia finestra?»
«Ingegnosa! Bella caratteristica in una donna.»
«E la decenza è una caratteristica più che auspicabile in un uomo.»
Lui inarcò un sopracciglio. «Sempre?»
«Non provarci nemmeno.» Gli mostrò la bomboletta per scoraggiare
ogni ulteriore doppio senso o battuta.
«Oooh, ma sono impressionato! Armata e decisa. Questo mi piace
ancora di più.»
«Guarda che io sto ancora aspettando una spiegazione» ribatté lei senza
perdersi d’animo. «Dammi almeno un motivo per cui non dovrei chiamare
la polizia e avvertirli che ho appena trovato un pazzo nudo come un verme
sul mio balcone.»
«Dubito che mi crederesti.»
«Tu provaci.»
«Ero appena uscito dalla doccia» cominciò, «quando ho sentito un certo
trambusto provenire dal nido dei merli sul ramo di quercia sotto il mio
terrazzo. Sai, sono appena nati i piccoli.»
«Va’ avanti.»
«Avevo un asciugamano in vita, così mi sono azzardato a uscire e ho
visto che un gattaccio bianco stava facendo la posta agli uccellini. Mi sono
sporto oltre il parapetto con l’intento di scacciare il gatto, ma quello non si è
mosso di un millimetro. Invece, la mamma dei piccoli deve aver frainteso le
mie intenzioni, perché ha cominciato a volarmi attorno sbattendo le ali
freneticamente e cercando di beccarmi.» Si portò una mano a un graffietto
sulla tempia. «Guarda! E io cercavo solo di aiutare.»
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