Quattro amiche e un paio di jeans – Ann Brashares

SINTESI DEL LIBRO:
La palestra Da Gilda era rimasta uguale. Sempre la stessa. Che
sollievo, pensò Lena. Per fortuna il genere umano è vanitoso e non
mancano mai i patiti del fitness, sempre in fila a mendicare tappetini
e specchi.
Ma per il resto niente era rimasto uguale. Alcune cose erano
diverse, altre non c’erano più.
Carmen, per esempio, non c’era.
«Non so proprio come fare tutto questo senza Carmen» disse
Tibby. Come al solito si era portata dietro la videocamera, per la
posterità, ma non l’aveva ancora accesa. Nessuna di loro aveva
un’idea precisa del concetto di posterità: era forse già iniziata?
«Forse non dovremmo farlo» disse Bee. «Forse dovremmo
aspettare di essere tutte insieme.»
Lena aveva portato le candele ma non le aveva ancora accese.
Tibby aveva portato la musica dance degli indimenticabili anni
Ottanta, ma non l’aveva ancora fatta partire. Bee si era occupata di
sistemare le vaschette di salatini e vermicelli gommosi alla frutta, ma
nessuna di loro mangiava.
«E quando allora?» domandò Tibby. «Sul serio, è da settembre
che cerchiamo di trovarci tutte insieme, ma non ci siamo ancora
riuscite.»
«Vogliamo parlare della Festa del Ringraziamento?» domandò
Lena.
«Ti ricordo che sono dovuta andare a Cincinnati per il compleanno
della bisnonna di Felicia, che compiva cento anni…» disse Tibby.
«Ah, sì. E ha avuto un colpo» disse Bee.
«Ma dopo la festa.»
«E Carmen a Natale era in Florida» disse Lena. «E voi due
eravate a New York per Capodanno.»
«Va bene, ma se facessimo fra quindici giorni? Carmen dovrebbe
già essere tornata, no?»
«Sì, ma i miei corsi iniziano il 20 giugno.» Lena si abbracciò le
ginocchia, poggiando i grossi piedi nudi sul legno appiccicoso del
pavimento. «Non posso perdere il primo giorno del corso di figura,
rischierei di finire in un angolo, oppure per un mese sarei costretta a
fissare la rotula della modella.»
«Va bene. Facciamo il 4 luglio» concluse Tibby decisa. «Nessuno
ha lezione o altri impegni del genere quel venerdì. Potremmo vederci
qui, per passare insieme l’intero fine settimana.»
Bee si slacciò una scarpa. «Io ho l’aereo per Istanbul il 24
giugno.»
«Così presto? Non puoi prenderlo dopo?» domandò Tibby.
Bridget chinò il capo, dispiaciuta. «Il programma prevede che
prendiamo tutti quel volo charter. Altrimenti devi sborsare mille dollari
in più e trovare da sola la strada per arrivare al sito.»
«Ma come ha fatto Carmen a dimenticarsene?» domandò Tibby.
Lena sapeva cosa voleva dire l’amica. Nessuna di loro avrebbe
mai rinunciato a questo rito, soprattutto Carmen, che ci teneva
tantissimo. Bee si guardò attorno. «Dimenticare cosa?» chiese in
tono di conciliazione più che di sfida. «Non è la vera inaugurazione,
no?» Fece un gesto in direzione dei Pantaloni, che stavano
docilmente piegati in mezzo al triangolo formato da loro tre. «Cioè,
non è la cerimonia ufficiale. Li abbiamo indossati tutto l’anno
scolastico. Non è, come per le estati passate, un vero e proprio
calcio d’inizio.»
Lena non sapeva se essere rassicurata o contrariata da
quell’affermazione.
«Può darsi» disse Tibby. «Forse quest’estate non è necessaria
una cerimonia.»
«Stasera dovremmo per lo meno fissare i turni di rotazione» disse
Lena. «Carmen dovrà adattarsi.»
«Perché non manteniamo la stessa rotazione che abbiamo
adottato finora?» suggerì Bridget, stirando le gambe. «Non c’è
ragione di cambiare solo perché siamo in estate.»
Lena si mordicchiò una pellicina attorno all’unghia del pollice,
mentre valutava la praticità di quell’affermazione.
L’estate un tempo era diversa. Era il periodo in cui lasciavano le
loro case, si dividevano, vivevano separate per dieci lunghe
settimane e facevano affidamento sui Pantaloni per sentirsi legate,
finché non tornavano a riunirsi. Ora, riconobbe Lena, l’estate non
cambiava nulla. Essere separate non era più l’eccezione ma la
regola.
Quando saremo di nuovo tutte qui, a casa? Ecco quello che
voleva sapere. A pensarci bene, però, lo sapeva: non era cambiata
la risposta, era cambiata la domanda. Ormai cosa voleva dire casa?
Qual era la loro condizione attuale?
Casa era un tempo, un tempo ormai passato.
Nessuna stava mangiando i vermicelli gommosi alla frutta. Lena
doveva mangiarne almeno uno, altrimenti si sarebbe messa a
piangere. «Allora manterremo la stessa rotazione» fece eco, fiacca.
«Credo di essere la prossima.»
«L’ho scritto» disse Tibby.
«Bene.»
«Bene.»
Lena diede una sbirciata all’orologio.
«Allora andiamo?»
«Suppongo di sì» disse Tibby.
«Nel tornare ci fermiamo a mangiare da Tastee?» domandò
Bridget.
«Sì» disse Tibby, raccogliendo gli oggetti di un rito che non era
avvenuto. «Dopo magari possiamo vederci un film. Stasera non
devo preoccuparmi dei miei.»
«A che ora partite domani?» domandò Bee.
«Credo che il treno sia alle dieci» disse Tibby. Lei e Lena
prendevano lo stesso treno: Tibby scendeva a New York per iniziare
i corsi di cinema e il suo lavoro da Movieworld; Lena proseguiva per
Providence, per l’università, dove doveva cambiare stanza per
l’estate. Bee avrebbe trascorso qualche giorno dai suoi prima della
partenza per la Turchia.
Lena capì che non aveva ancora voglia di tornare a casa. Prese i
Pantaloni e li cullò per un attimo. Provava una strana sensazione,
che non sapeva definire e che non aveva mai sentito prima per i
Pantaloni. Aveva provato gratitudine, ammirazione, fiducia. Ora a
tutti questi sentimenti si mescolava un vago senso di disperazione.
Se non li avessimo, non so cosa faremmo, si sorprese a pensare,
mentre Bee chiudeva la porta della palestra alle loro spalle. Presero
a scendere lentamente le scale buie.
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