Otto settimane per cambiare vita – Beth O’Leary

SINTESI DEL LIBRO:
Forse è meglio se ci scambiamo» dico a Bee, alzandomi a metà sulla
sedia per parlarle sopra lo schermo del computer. «Me la sto facendo
so o. Perché non ti prendi tu l’inizio e io la fine, così quando arriverà
il mio turno sarò meno, come dire…» Agito le mani per descrivere il
mio stato mentale.
«Meno schizzata?» chiede Bee, con fare interrogativo.
«Dai, ti prego!»
«Leena, mia cara amica. Mio faro nella no e. Mia rompiscatole
preferita. Sei molto più brava di me a cominciare le presentazioni e
non possiamo cambiare l’ordine adesso, dieci minuti prima della
riunione con il nostro cliente più importante, proprio come non ci
siamo scambiate di posto all’ultima riunione, o a quella precedente,
o a quella prima ancora, perché sarebbe una follia e a essere sincera
non ho la più pallida idea di cosa ci sia sulle slide iniziali.»
Mi lascio ricadere sulla sedia. «E va bene, d’accordo.» Mi rialzo.
«Solo che stavolta mi sento davvero…»
«Mmh» dice Bee, senza distogliere gli occhi dallo schermo. «Certo.
Peggio del peggio. Tremori, palmi sudati e compagnia bella. Peccato
che appena entrata sarai brillante e travolgente come ogni santa
volta e nessuno si accorgerà di niente.»
«E se invece…»
«Impossibile.»
«Bee, penso davvero…»
«So che lo pensi.»
«Ma stavolta…»
«Mancano o o minuti, Leena. Prova a fare quella cosa con la
respirazione.»
«Quale cosa?»
Bee si ferma. «Hai presente: respirare?»
«Ah, respirare e basta? Pensavo che avessi in mente una specie di
tecnica di meditazione.»
Lei sbuffa. Una pausa di silenzio. «Hai affrontato centinaia di cose
peggiori, Leena» dice.
Faccio una smorfia, stringendo tra le mani la mia tazza di caffè. La
paura si annida nella cavità alla base delle costole, tanto reale che
quasi ne sento la consistenza: una pietra, un nodo, qualcosa che si
potrebbe tagliare via con un coltello.
«Lo so» dico. «Certo.»
«Devi solo riprendere sicurezza» dice Bee. «E l’unico modo per
farlo è restare in sella. Okay? Andiamo! Sei Leena Co on, la più
giovane consulente senior dell’azienda, l’astro in ascesa della
Selmount Consulting per il 2020. E…» abbassa la voce «presto… un
giorno… la co-presidente della nostra società. Rendo l’idea?»
Sì. Solo che non mi sento quella Leena Co on.
Bee adesso mi sta guardando, le sopracciglia disegnate a matita
inarcate dalla preoccupazione. Chiudo gli occhi e cerco di scacciare
la paura, e per un istante sembra funzionare: avverto un barlume
della persona che ero un anno e mezzo fa, la persona che avrebbe
fa o una presentazione come questa senza ba er ciglio.
«Sei pronta, Leena?» chiama l’assistente dell’amministratore
delegato, che sta arrivando dall’altra parte dell’ufficio della Upgo.
Quando mi alzo inizia a girarmi la testa e vengo travolta da
un’ondata di nausea. Mi afferro al bordo della scrivania. Merda.
Questo non mi era mai capitato.
«Tu o bene?» sussurra Bee.
Mando giù la saliva e premo le mani sulla scrivania finché non
cominciano a farmi male i polsi. Per un a imo penso di non
potercela fare – proprio non me la sento, per la miseria, sono
talmente stanca –, ma alla fine la grinta riprende il sopravvento.
«Benissimo» dico. «Andiamo.»
È passata mezz’ora. Non è che sia un tempo molto lungo. Non
basterebbe per guardare un episodio intero di Buffy, o… che so…
bollire una grossa patata. Ma per distruggere una carriera è più che
sufficiente.
Avevo una gran paura che succedesse. Era da più di un anno che
perdevo colpi al lavoro, tra sviste ed errori di distrazione, quel
genere di cose che di solito una come me non fa. È come se da
quando è morta Carla avessi cambiato la mano con cui scrivo, e
all’improvviso mi trovassi a fare tu o con la sinistra invece che con
la destra. Eppure ce l’ho messa tu a, mi sono sforzata, e pensavo
davvero che me la sarei cavata.
A quanto pare, sbagliavo.
Ho pensato sinceramente di morirci, in quella riunione. Avevo già
avuto un a acco di panico, quando ero all’università, ma non era
stato bru o come questo. Non mi ero mai sentita così fuori controllo.
Era come se la paura si fosse dilatata: non era più un nodo compa o,
ma aveva i tentacoli, e questi tentacoli mi stringevano i polsi, le
caviglie, mi serravano la gola. Il cuore mi ba eva così forte – sempre
più forte – finché ho avuto l’impressione che non facesse nemmeno
più parte del mio corpo, come un uccellino frenetico intrappolato
nella mia gabbia toracica.
Sbagliare una cifra del fa urato sarebbe stato perdonabile. Ma
quando è successo sono stata colta da una vertigine, e ne ho
sbagliata un’altra, e un’altra ancora, e a quel punto mi è venuto
l’affanno e il cervello mi si è riempito di… non tanto una nebbia,
quanto una specie di luce accecante. Troppo accecante per riuscire a
vederci qualcosa.
E così, quando Bee è intervenuta dicendo: “Perme etemi di…”.
E poi qualcun altro ha commentato: “Andiamo, è ridicolo…”.
E quando l’amministratore delegato della Upgo Finance ha
concluso: “Penso che abbiamo visto abbastanza, che ne dite?”.
Io ero già andata. Piegata in due, con il respiro affannoso, sicura al
cento per cento che sarei morta.
«Va tu o bene» sta dicendo adesso Bee, stringendomi forte le
mani. Ci siamo rintanate in uno dei cubicoli per telefonare
nell’angolo degli uffici della Upgo; è stata Bee a portarmi qui mentre
ero ancora in iperventilazione, sudata fradicia. «Sono qui. Va tu o
bene.»
SCARICA IL LIBRO NEI VARI FORMATI :
Commento all'articolo