Omicidio a Mosca – Joseph Kanon

SINTESI DEL LIBRO:
C’era ancora luce quando atterrarono a Vnukovo, quella tarda luce
nordica che in un altro periodo sarebbe durata fino a mezzanotte.
Sulla Polonia c’erano delle nuvole, ma si erano diradate
progressivamente, lasciando intravedere la sconfinata pianura
sottostante dove i carri armati tedeschi erano avanzati diretti verso
Mosca senza trovare ostacoli, in uno scenario da incubo che aveva
reso reale un’antica paura. Anche dall’alto il terreno appariva brullo e
trascurato, con strade sterrate, povere fattorie, e fabbriche che
eruttavano in aria il fumo marrone della lignite. Ma cosa si
aspettava? Foreste di betulle bianche e gare equestri? La stagione,
e anche il secolo, non erano quelli giusti.
Nessun annuncio di allacciare le cinture. Simon sentì che l’aereo
stava scendendo e subito dopo il colpo sull’asfalto della pista e lo
stridore delle ruote. Guardò fuori dal finestrino: nessuna traccia di
torri di controllo o di aeroporti.
«Šeremet’evo?», chiese al suo… cosa? Accompagnatore? Un
lasciapassare umano, qualcuno che i russi avevano spedito a
Francoforte per viaggiare con lui.
«No, Vnukovo. Aeroporto VIP», disse, con l’intenzione evidente di
impressionarlo.
Ma nella luce morente si intravedevano soltanto piste vuote, tristi,
con l’erba alta ai lati e un unico segnalatore in corpetto fosforescente
che indicava la strada al velivolo. Salirono su un taxi diretti verso un
altro edificio.
«Non ci sono controlli», disse il suo accompagnatore,
probabilmente un altro dei servizi del pacchetto VIP.
Simon guardò fuori, la faccia premuta contro il finestrino di plastica.
Che aspetto avrebbe avuto adesso? Dodici anni. Nell’unica foto che
Simon aveva visto, quella che l’agenzia di stampa aveva fatto
circolare in tutto il mondo, indossava un cappello di pelliccia con i
paraorecchie alzati e un cappotto a doppio petto, alle sue spalle le
cupole a cipolla della cattedrale di San Basilio, proprio il tipo di
immagini che si vedono sulle copertine dei libri. Ma adesso era
primavera, non serviva vestirsi pesante. Sarebbe stato il solito
Frank. Se fosse stato lì. Ma non c’era nessuno, neanche gli agenti
della dogana, sull’asfalto deserto. Simon pensò che probabilmente
nessuno voleva fargli sapere che sarebbe venuto e che lo avrebbero
prelevato da un edificio, infilandolo in qualche veicolo scuro come un
prigioniero di scambio, come se fosse lui la spia e non Frank. Forse i
reporter e i fotografi erano già stati avvertiti, la stampa estera era
ancora affascinata dalla vicenda di Frank. L’uomo che ha tradito una
generazione. Dodici anni fa. Una vita intera. Ma nessuno gliel’ha mai
detto. Il tratto finale della pista era vuoto, a eccezione di due
funzionari che spingevano la scaletta verso il velivolo. Qualcuno
stava uscendo dall’edificio, diretto verso di loro con il portamento
rigido di un soldato. Non era Frank.
Simon si mise il cappotto e si diresse al portello, seguito dal suo
accompagnatore con il bagaglio. Come era possibile che Frank non
fosse venuto all’aeroporto? Simon era suo fratello. E adesso anche il
suo editore. L’editore richiesto esplicitamene da Frank per pubblicare
le sue memorie e per il quale aveva ottenuto tutti i lasciapassare.
Anche se forse era solo un pretesto per rivederlo e per spiegare
finalmente come erano davvero andati i fatti, dopo tutti quegli anni.
Cose che non avrebbero potuto essere scritte in un libro, impossibili
da far accettare alla rigida censura dei suoi superiori. Ogni parola
passata al setaccio, negli uffici di Lubjanka. Ma non abbiamo fatto la
stessa cosa anche noi? Pete DiAngelis, nella piccola sala
conferenze, prende appunti.
«Dobbiamo essere sicuri che chi lavora per noi non sia
compromesso», aveva detto DiAngelis. «Tu capisci, vero?». Il suo
tono suggeriva il contrario, come se Simon stesso fosse un traditore,
un complice della spia, un opportunista troppo avido per rendersi
realmente conto di quale fosse la posta in gioco.
«Non ha fatto il nome di nessun agente in servizio. Non vuole
tradire nessuno».
«No? Ma questo non lo ha fermato in passato. Non ha forse scritto i
nomi delle persone? Di quelli che non sono mai tornati?»
«Controlla pure», disse, indicando il manoscritto. «Parla di lui e del
perché lo ha fatto».
«Perché lo ha fatto?», chiese DiAngelis, provocandolo.
«Perché credeva nel comunismo».
«Ci credeva? E adesso vuole chiedere scusa? Solo che non è così.
La mia via segreta. Sai come la penso. E vaffanculo. Per due
centesimi mando a monte tutto il progetto. A chi cazzo importa cosa
crede lui?»
«Alla gente. O almeno spero».
«Sei a corto di soldi, eh?». Guardò Simon dritto negli occhi. «Dovrei
pagarlo? Farlo arricchire per averci fottuto? Libertà di stampa».
Simon annuì, in un silenzioso «se lo dici tu».
«Non credere che qualcuno sia contento per questa storia. Va
bene, vuole gettare discredito sull’Agenzia. Ma chi cazzo gli crederà
più? Se mette in mezzo uno dei nostri, anche solo un accenno…».
«Lo cancelliamo. Pensi forse che io voglia mettere in difficoltà
qualcuno del nostro campo?»
«Non so davvero che cosa vuoi».
«Non c’è niente del genere nel manoscritto. Leggilo. Dall’altra parte
l’hanno già letto, non pensi? Ora è il tuo turno. Ma lascia qualcosa
anche per noi, ok?».
Un altro sguardo. «Un’ultima cosa. Toglimi una curiosità. Come sei
riuscito a convincere l’Agenzia? Come hai fatto a fargli accettare
questo?»
«L’hanno accettato? Pensavo che tu fossi qui per questo, per
piantare bandierine rosse su tutto il campo di battaglia».
In effetti è stato il coinvolgimento di «Look» a dare all’Agenzia la
spinta giusta, con la promessa di pubblicità e perfino con la minaccia
di un’azione legale, se avessero provato a impedire la pubblicazione.
Il «Digest» e il «Post» non avevano letto neanche una riga, e anche
se «Luce» era interessato a una possibile storia da copertina, alla
fine si era attenuto al rigido principio di «non pubblicare spie
comuniste». Così il contratto fu firmato da «Look». Senza di loro
Simon non sarebbe mai riuscito a mettere insieme il denaro chiesto
dai russi. Una cifra più alta di quanto avesse mai pagato la casa
editrice Keating per un potenziale best-seller. Il padre di Diana, un
Keating, aveva delle riserve, ma alla fine aveva dato ragione a
Simon. Del resto che scelta aveva? Dopo la diserzione di Frank,
Simon aveva dovuto dare le dimissioni dal Dipartimento di Stato e fu
Keating che venne in suo soccorso, offrendogli una carriera
nell’editoria. E adesso Simon dirigeva la compagnia, con Keating
che si faceva vedere soltanto per le feste natalizie. Troppo tardi per
cambiare i piani della successione.
«Ti sei reso conto che questa è solo una bozza?», disse Simon a
DiAngelis. «Dovrai leggerlo di nuovo quando tornerò. Lascia
qualcosa».
«C’è dell’altro? Vuoi che lui aggiunga altri elementi?»
«Voglio sapere quello che ha fatto realmente. A parte tradire.
Questo già lo sappiamo tutti. Che lui…».
«È fuggito», DiAngelis completò la frase, guardando Simon. «Tu
vorresti che fosse innocente. Ma non lo era».
«No», disse Simon, «non lo era».
Ma una volta lo era stato. Lo si può vedere nei vecchi filmini di
famiglia: due bambini con le pistole giocattolo in mano e le gambe
ancora malferme che fanno smorfie alla cinepresa. Alla fine Simon è
diventato più alto, ma quando erano piccoli era Frank che
possedeva quei pochi centimetri in più che facevano la differenza,
quasi come se avesse un anno in più. Il filmino, sgranato e a scatti,
mostrava i due fratelli che aprivano i regali di Natale, che saltavano
tra le onde sulla spiaggia, che si dondolavano dai rami di un albero a
casa della nonna, e in ogni scena Simon era sempre a ruota del
fratello, come un’ombra, il suo complice. Frank sapeva le cose. Dove
trovare le vongole tra i mucchi di fango. Come farsi mettere più salsa
cioccolato da Bailey. Come prendere le monete dalle tasche del
padre senza che se ne accorgesse. Fu così per anni, nella vecchia
casa di Mount Vernon Street. Le loro camere erano separate da un
corridoio stretto su cui viaggiava un trenino elettrico, così da farle
sembrare sempre collegate tra loro.
Fu la madre che decise di separarli. Frank fu spedito alla Saint
Mark, una tradizione di famiglia, ma l’anno successivo, per Simon,
venne scelta la Milton.
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