Quelli che non si vergognano di Gesù Cristo – Livio Fanzaga

SINTESI DEL LIBRO:

 Lo strano caso di Gesù Cristo
Quando incomincio a parlare di Gesù il Cristo non è la medesima cosa di
quando parlo di Buddha l’illuminato o di Maometto il profeta. Quando parlo
di questi ultimi non mi accaloro più di tanto e lo faccio con quella reverenza
che si deve ai defunti, le cui opere sono consegnate non solo al giudizio labile
e mutevole della storia, ma anche e soprattutto a quello giusto e inappellabile
di Dio. Quando invece parlo di Gesù Cristo non guardo mai indietro, nel
tentativo rievocare qualcuno che è vissuto due millenni or sono. Mi rivolgo a
lui come a una persona che è presente anche se non la vedo, che mi ascolta
anche quando non parlo e che mi sovrasta con la sua luce abbagliante e il suo
immenso amore.
Per me Gesù Cristo è sempre stato vivo, da quando mi hanno insegnato a
rivolgermi a lui, bambino di gesso deposto in un presepio, o uomo dilaniato
dalla sofferenza inchiodato a una croce. Non ricordo neppure un momento
della mia vita in cui Gesù per me fosse uno che è morto, scomparso dalla mia
esistenza, dissolto nel nulla. Neppure nei momenti del travaglio della fede,
del dubbio e della fragilità o della tempesta sollevata dal potere delle tenebre,
Gesù Cristo è mai stato così lontano da non poterlo chiamare in aiuto. La fede
è questa grazia per la quale Gesù è una presenza viva e attuale nella tua vita.
Potrai anche averlo tradito, come ha fatto Giuda, ma, se non cesserai di
invocarlo, non avrai perso la fede e sarai salvo.
Anche per quanto riguarda le persone care che hanno lasciato questo
mondo credo che siano vive in quell’eternità che non passa. Ma esse non
sono così presenti nella mia vita come Gesù Cristo. Infatti potrei vivere anche
senza pensare a loro, ma non potrei vivere senza pensare a Gesù Cristo e
senza amarlo. Anzi, non potrei assolutamente vivere senza il suo amore. Lui
ha detto di essere la vite e che noi siamo i tralci. È
un’affermazione di cui ho ben fatto l’esperienza. Infatti senza di lui mi
sentirei un ramo secco, buono per essere gettato nel fuoco. Effettivamente, se
lui non esistesse, non mi importerebbe neppure di vivere. Anzi, sarei molto
più contento di non essere mai nato. Non mi chiedo neppure se tutto questo
sia un’illusione.
Potrebbe un fiore che si nutre ogni giorno del sole, seguendolo nel suo
quotidiano pellegrinaggio attraverso la volta celeste, dubitare che il sole
esiste? Per me Gesù Cristo è quella verità alla cui luce cammino e al cui
calore mi riscaldo. È quell’acqua che bevo e che mi disseta ed è quel pane
che mangio e che mi sfama. Sono sicuro di esistere perché sono certo che lui
esiste. Se lui non esistesse, forse dubiterei di esistere e forse la vita mi
sembrerebbe un sogno angoscioso.
Ciò che mi sorprende è il fatto che anche le persone che non credono in
lui e che non l’hanno mai incontrato o, come afferma la Regina della pace a
Medjugorje, che non hanno mai conosciuto il suo amore, non trattano Gesù
Cristo come uno dei grandi di un passato che fu, al quale tributare quegli
onori che non si negano a un Socrate o a un Gandhi. Non credono in lui, ma è
come se avessero un conto aperto ancora da saldare. Alcuni, pur negando di
avere la fede, si sentono attratti dalla sua persona, come se fosse già una
presenza. Altri, che l’hanno messo alla porta, dopo averlo incontrato nei
primi anni dell’infanzia, sentono salire dal profondo del cuore nostalgie;
inquietudini e persino rimorsi che invano cercano di soffocare. Altri ancora
dichiarano, come l’Anticristo di Soloviev: « Non è risorto, non è risorto, non
è risorto! E marcito, è marcito nel sepolcro… », ma è come se avessero paura
di lui. Si può avere paura di un morto? Si può imprecare contro un fantasma,
o bestemmiarlo od odiarlo?
È un caso strano quello di Gesù Cristo. Non solo quelli che credono in
lui, ma persino quelli che ritengono di aver liquidato il suo caso, in realtà si
ritrovano a fare i conti con lui come con uno che è più che mai vivo e
presente e che interpella proprio le loro esistenze. Lo attestano i casi
clamorosi e sempre più numerosi di conversione. Da Paolo in poi chi li
potrebbe numerare? Per lo zelante fariseo, Gesù, il bestemmiatore, era morto
e sepolto e i suoi seguaci erano solo dei fanatici e illusi da disperdere. Ma
poi, improvvisamente afferma di averlo incontrato vivo e glorioso, e ne
diviene il più grande apostolo. Che cosa ne ha ricavato?
Persecuzioni, percosse, lapidazioni, carcere, fatiche di ogni genere, e
infine la decapitazione. Lui era uno di quelli che volevano cancellare la «
superstizione » cristiana dalla faccia della terra. Ma poi che cos’è 4
successo? Mistero per la ragione umana! Anche oggi ci sono coloro che,
pur affermando che Gesù forse non è neppure esistito, lo combattono con una
foga, anzi con un astio che si nutre solo verso le persone vive. E
magari nel loro intimo temono che forse un giorno anche a loro capiterà
come all’ebreo Ratisbonne, che entrò in chiesa per sfida e dopo alcuni minuti
ne usci chiedendo il battesimo.
II più grande perseguitato
Un’altra stranezza, almeno agli occhi della ragione, che caratterizza la
persona di Gesù Cristo e nessun’altra al mondo è il fatto inoppugnabile che
nessuno è stato odiato, e lo è tuttora, quanto lui. Se vogliamo considerare
Gesù fra i grandi maestri dell’umanità, dobbiamo constatare che nessuno ha
fatto la sua orribile fine. Anche Socrate, che pure fu condannato a morte dalla
città che aveva educato alla virtù, non suscitò una repulsione così vasta e così
profonda. Eppure Gesù, come nessuno mai al mondo, ha predicato il rispetto,
il perdono e l’amore. Dalle sue labbra sono uscite le parole più sublimi che
mai siano state pronunciate sulla terra. La sua persona emana sapienza, bontà
e umiltà come mai è accaduto di vedere in un essere umano.
Non vi è dubbio che Gesù Cristo sia l’uomo più amabile che sia mai
esistito. Eppure è stato il più odiato. La sua breve vita pubblica lo ha visto
ben presto fuggiasco per sottrarsi alla cattura e alla morte. La sua passione
ancora oggi colpisce per la grandezza smisurata del suo coraggio, del suo
dolore e del suo amore da una parte, e per l’odio, la crudeltà, l’ingiustizia e
l’umiliazione con cui è stato ricoperto dall’altra. Come spiegare tutto questo?
Quando tu sei di fronte a un uomo, se hai occhi per vedere, scorgi in lui la
luce e la tenebra, la virtù e il vizio, il bene e il male. Anche i migliori sono in
chiaroscuro. Persino i, santi, accanto a tratti di grandezza, mostrano fragilità e
debolezze che scandalizzano solo quelli che non conoscono la condizione
umana. I grandi maestri dell’umanità non fanno eccezione. Quel poco che
conosciamo di Buddha e di Maometto, per fare riferimento a due personalità
a cui fanno capo due grandi religioni contemporanee e concorrenti col
cristianesimo, ce li rende molto simili perché in loro noi scorgiamo quelle
contraddizioni che lacerano la nostra mente. Tu trovi in essi quel pungiglione
che avvelena e fa soffrire ogni essere umano. Neppure loro sono esenti da
quella lotta fra il bene e il male che è la legge universale della vita. Anche
loro sono protesi verso quella salvezza e quella felicità che tutte le
generazioni umane cercano di afferrare.
Gesù Cristo è diverso, anzi è unico. Nessuno è come lui. Quando ho la
grazia di leggere il vangelo come se fosse la prima volta, spalanco gli occhi
di fronte a uno spettacolo che non ho mai visto e che sono sicuro che non
potrò mai vedere altrove. A volte mi chiedo come mai gli uomini siano così
ciechi da non vedere e così sordi da non sentire. Tu vedi per la prima e unica
volta un uomo, perché Gesù è un vero uomo, che è solo luce, solo verità, solo
purezza, solo bontà, solo santità. Vedi qualcosa che non avresti mai pensato
potesse esistere e che esiste solo in lui. Non è mai così quando incontri un
altro essere umano, fosse pure il più santo.

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