Ninna nanna – Leila Slimani

SINTESI DEL LIBRO:
Il bambino è morto. Sono bastati pochi secondi. Il medico ha assicurato
che non aveva sofferto. Il corpo disarticolato giaceva in mezzo ai giocattoli,
l’hanno adagiato in un sacco nero e hanno chiuso la cerniera. La bambina
invece era ancora viva quando sono arrivati i soccorsi. Ha lottato come una
tigre. C’erano segni di colluttazione, frammenti di pelle sotto le sue unghie
tenere. Sull’ambulanza che la trasportava in ospedale era agitata, scossa
dalle convulsioni. Ansimava, con gli occhi sbarrati. La gola era piena di
sangue. I polmoni perforati. Aveva sbattuto violentemente la testa contro il
cassettone azzurro.
La polizia ha fotografato la scena del crimine. Ha rilevato le impronte
digitali e misurato il perimetro del bagno e della cameretta dei bambini. Il
tappeto rosa era imbevuto di sangue, il fasciatoio ribaltato per terra. I
giocattoli sono stati sigillati nei sacchetti di plastica e portati via. Anche il
cassettone azzurro servirà al processo.
La madre era in stato confusionale. Lo hanno detto i pompieri, lo hanno
ripetuto i poliziotti, lo hanno scritto i giornalisti. Entrando nella stanza dove
giacevano i figli, ha lanciato un grido, un grido profondo, un ululato. I muri
hanno tremato. Su quella giornata di maggio è calata la notte. La donna ha
vomitato e la polizia l’ha trovata così, rannicchiata in terra, con gli abiti
sporchi, che piangeva come una pazza. Ha urlato fino a farsi scoppiare i
polmoni. L’infermiere ha fatto un cenno con il capo e l’hanno tirata su.
Scalciava, opponeva resistenza. La giovane dottoressa del pronto soccorso
le ha somministrato un calmante. Era al primo mese di tirocinio.
Hanno dovuto soccorrere anche l’altra. Con altrettanta professionalità,
con imparzialità. Non ha saputo morire. La morte, ha saputo solo darla. Si è
tagliata i polsi e si è piantata un coltello in gola. Ha perso conoscenza ai
piedi del lettino a sbarre. L’hanno sollevata per prenderle il polso e
misurarle la pressione, poi l’hanno adagiata sulla barella. La giovane
tirocinante le teneva una mano premuta sul collo.
I vicini di casa si sono radunati nell’androne del palazzo. Sono
soprattutto donne. È quasi ora di andare a prendere i bambini a scuola.
Guardano l’ambulanza, con gli occhi gonfi di lacrime. Piangono, vogliono
sapere. Si alzano sulla punta dei piedi. Cercano di capire cosa stia
succedendo dietro il cordone di polizia, all’interno del mezzo che parte a
sirene spiegate. Si scambiano informazioni all’orecchio. Si è già sparsa la
voce. È successo qualcosa di brutto ai bambini.
È un bel palazzo in rue d’Hauteville, nel decimo arrondissement. Un
palazzo in cui gli inquilini si salutano cordialmente anche se non si
conoscono. L’appartamento dei Massé si trova al quinto piano. È il più
piccolo dell’edificio. Quando è nato il secondo figlio, Paul e Myriam hanno
dovuto alzare una parete divisoria in soggiorno. Dormono in una stanzetta,
tra la cucina e la finestra che dà sulla strada. Myriam ama i mobili rustici e i
tappeti berberi. Ha appeso delle stampe giapponesi alle pareti.
Oggi è rientrata prima del solito. Ha concluso velocemente una riunione
e rimandato a domani la lettura di una pratica. Seduta sullo strapuntino della
linea 7 della metropolitana, ha deciso di fare una sorpresa ai bambini.
Lungo la strada, si è fermata dal panettiere per comprare una baguette, un
dolce per i piccoli e una torta all’arancia per la tata. È la sua preferita.
Ha intenzione di portarli alle giostre. Andranno a fare la spesa per la
cena. Mila farà i capricci per un giocattolo, Adam sbocconcellerà un pezzo
di pane sul passeggino.
Adam è morto. Mila non ce la farà.
«Niente clandestine, intesi? Che la donna di servizio o l’imbianchino
siano senza permesso di soggiorno non è un problema, devono pur lavorare
anche loro. Ma non possono badare ai bambini, è troppo rischioso. Non
voglio che abbiano paura di chiamare la polizia o di andare in ospedale, se
dovesse succedere qualcosa. Per il resto, niente donne troppo vecchie, con il
velo o fumatrici. L’importante è che sia allegra e disponibile. Che lavori per
dare a noi la possibilità di lavorare.» Paul ha organizzato tutto. Ha previsto
colloqui di mezz’ora e steso una lista di domande. Si sono presi il sabato
pomeriggio per cercare una tata.
Qualche giorno prima, Myriam ha raccontato all’amica Emma che stava
cercando qualcuno che si occupasse dei bambini e quest’ultima si è
lamentata della sua baby-sitter. «Ha due figli in casa, quindi non può mai
fare tardi o fermarsi dopo cena. È una complicazione enorme. Pensaci,
quando farai i colloqui. Se ha figli, è meglio che siano rimasti al loro
Paese.» Myriam l’ha ringraziata del consiglio, ma in realtà il discorso di
Emma l’aveva infastidita. Se un datore di lavoro avesse parlato così di lei o
di un’amica, sarebbero insorte di fronte a quella discriminazione. Scartare
una donna solo perché aveva dei figli le sembrava terribilmente ingiusto. Ha
preferito non sollevare il problema con Paul. Suo marito è come Emma.
Una persona pragmatica, che mette al primo posto la famiglia e la carriera.
Stamattina, sono andati tutti e quattro a fare la spesa. Mila sulle spalle di
Paul e Adam addormentato sul passeggino. Hanno comprato dei fiori e ora
stanno riordinando casa. Vogliono fare bella figura con le baby-sitter che si
presenteranno. Raccolgono i libri e i giornali sparsi per terra, sotto il letto,
persino in bagno. Paul chiede a Mila di riporre i giocattoli nel contenitore di
plastica. La bimba non vuole, piagnucola, e alla fine è lui a radunarli vicino
alla parete. Piegano i vestitini, cambiano le lenzuola. Eliminano, puliscono,
cercano disperatamente di arieggiare quell’appartamento in cui si soffoca.
Le ragazze, entrando, dovranno capire che è gente perbene, gente seria e
ordinata che per i propri figli vuole solo il meglio. Dovranno capire chi
comanda.
Mila e Adam fanno il riposino. I genitori sono seduti sul bordo del letto,
ansiosi e impacciati. Non hanno mai affidato a nessuno i loro figli. Quando
è rimasta incinta di Mila, Myriam doveva ancora finire gli studi. Si è
laureata in legge due settimane prima del parto. Paul saltava da uno stage
all’altro, con l’ottimismo che lo contraddistingue e che aveva conquistato
Myriam quando si erano conosciuti. Era convinto di poter lavorare per due.
Certo di poter fare carriera nel settore discografico, nonostante la crisi e i
budget sempre più ridotti.
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