Poliziotta per amore – Nando Dalla Chiesa

SINTESI DEL LIBRO:
Scoppi come cento tuoni.
Uno dietro l’altro, uno sopra l’altro.
Un boato senza fine.
Fiamme altissime, palazzi anneriti, rumori di vetri schiantati, decine di
auto infuocate.
Ore 17. Nessun urlo. Un silenzio lunare.
GR3, edizione straordinaria: “Un attentato dinamitardo a Palermo”
GR3, edizione straordinaria: “Un attentato dinamitardo a Palermo nei
pressi della Fiera del Mediterraneo. Coinvolte molte automobili, molti
feriti”
Suoni di sirene da tutte le direzioni. Sgommate in curva, auto posteggiate
appena si può.
Soprattutto, dove si può.
GR3, edizione straordinaria: “Un giudice…”
GR3, edizione straordinaria: “Il giudice Borsellino….”
Voci che si accavallano su voci. Angoscia e disperazione. “Il giudice
Borsellino…”, “Un massacro…”, “Ancora una bomba…”, “Un’altra strage
di mafia…”. Pianti sommessi. Pianti urlati .
Voci che si accavallano su voci. Angoscia e rabbia. “La scorta! quanti
erano? Cazzo, si può sapere quanti erano?”, “Ci abita la madre del giudice
Borsellino”, “Erano cinque la scorta”, “Ci ammazzeranno tutti”, “Carne da
macello siamo”. “I parenti, fate cercare i parenti”, “Ora dobbiamo
ammazzarli noi”.
Gracchiare
confuso,
ordini
trasmessi
incomprensibili. Solo lo squittio delle radio.
alle
volanti.
Dialoghi
Ronzio cupo di elicotteri, sempre più ravvicinato e circolare, quasi
all’altezza dei balconi anneriti degli ultimi piani.
GR3, edizione straordinaria: “Uno scenario libanese dopo la strage di
Capaci. Il giudice Borsellino…”
Silenzio assoluto. Una città senza vita. Persone ferme, che guardano
verso l’alto. Quasi nessuna parla. Una estrae rapida una borsa da un’auto fra
le lamiere bollenti. La porta via.
Lo scenario si sblocca, si fa movimentato. Sopraggiungono autorità in
divisa e in borghese. Arriva un giudice alto, in lacrime. Inciampa. “Ma è il
tronco di Paolo!!”, urla. Impallidisce, sembra a tutti che stia per impazzire.
Artificieri, periti, agenti di scorta vivi, volontari di carabinieri e polizia e
guardia di finanza e vigili del fuoco, fotografi. Sempre più numerosi.
Cercano di dare un ordine al loro lavoro, anche se nessuno sa quale sia. Le
dinamiche, a che ora esatta, da dove, qualcuno ha visto, il gesso e i cartelli
dei rilievi. I corpi da ricomporre. Di chi è questo pezzo?
SCENA SECONDA
Il balcone al terzo piano
“Non amo un comandante grande, né uno che se ne sta a gambe larghe/
[…] io ne vorrei uno anche piccolo […]/ ma che stia piantato saldo sui
piedi, pieno di cuore”
Archiloco, Tetrametri
“Anche se il nostro maggio/ ha fatto a meno del vostro coraggio/ se la
paura di guardare/ vi ha fatto chinare il mento/ se il fuoco ha risparmiato/
le vostre Millecento/ anche se voi vi credete assolti/ siete lo stesso
coinvolti”
Fabrizio De André, Canzone del maggio
No, quel boato io non l’ho sentito. Ma me l’hanno raccontata dopo,
l’apocalisse… la disperazione di chi era a Palermo.
Io andavo al liceo, nel ’92. Ed ero al mare, a casa di mia madre, quando
ho visto al telegiornale quello che era successo. In televisione come tutti.
Una due tre volte. Un numero infinito di volte. Non mi staccavo più, rapita,
inebetita, tutta la sera e anche il mattino dopo. Sembrava un
bombardamento. E capii una cosa sola: che la mafia aveva dichiarato guerra
a tutti. Anche a me che stavo a Roma e non c’entravo nulla. Già due mesi
prima ero rimasta sconvolta, quando avevano fatto saltare in aria
un’autostrada. L’autostrada di Punta Raisi!…
Un essere diabolico, mi ero detta. Solo il più diabolico degli esseri
avrebbe potuto architettare una strage di quel genere. E l’idea che uno, due
o dieci esseri di quel tipo − geni del male dovevano essere − si aggirassero
liberamente per l’Italia mi terrorizzò.
Io allora non sapevo nulla di Totò Riina e tutti gli altri. Andavo a ballare,
leggevo, viaggiavo con gli amici e avevo scoperto da poco l’amore. Fui
catapultata d’improvviso in un altro mondo. E quando arrivò la seconda
apocalisse, il nuovo bombardamento, restai impietrita. Per quanto cercassi
di descrivere quel che avevo visto in televisione non trovavo che una
parola. Guerra, era guerra, accidenti. E che cos’altro, scusate? Balconi
sventrati, saracinesche divelte, fiamme altissime, fumo dappertutto, auto in
pezzi. Uomini in pezzi. E anche donne, in pezzi.
Emanuela Loi, la poliziotta. Una donna di scorta a un uomo e la sua
mano scaraventata al terzo piano. Era qualcosa di piu’ di un orrore…
Non so come. Ma lei, quel nome, quell’immagine mi prese il cervello. E
per la prima volta mi sentii sì sconvolta, ma soprattutto coinvolta. E
cominciai a farmi delle strane domande, che mai mi erano affiorate alla
mente prima di allora. Per esempio: chi sono davvero i coraggiosi? Chi
sono gli eroi? Quelli che amano il rischio, quelli che gridano le loro idee,
forse quelli che urlano in pubblico con aria baldanzosa i loro “no” o i loro
proclami di battaglia?
No. Fesserie. Perché allora la mafia, il potere più terribile e sanguinario,
aveva avuto paura di un uomo piccolo e gentile, che nessuno aveva mai
sentito urlare o minacciare alcunché?! Paolo Borsellino… Allora uno può
essere coraggioso pur essendo mite? Già, scoprii la forza della mitezza, a
scuola non me ne avevano mai parlato, i coraggiosi per me avevano tutti il
petto in fuori.
Ma continuavo a pensare a quella ragazza, Emanuela. Non sapevo
neanche che viso avesse eppure avrei voluto portarle un fiore dalla spiaggia
dov’ero e mi venivano fantasie strane. Sarebbe bastato un turno di ferie, un
sabato e una domenica d’estate, che male c’era?, e sarebbe stata ancora
viva. Ma perché diavolo non l’aveva chiesto, quel turno? Perché nessuno,
un amico, un corteggiatore, un poliziotto, uno qualsiasi non l’aveva invitata
a ballare o a passare una domenica al mare? Perché nessuno aveva rotto con
una telefonata quell’incantesimo maledetto?
Pensai spesso a lei. Capii che non dovevo essere la sola. Perché in
seguito, quando si faceva l’elenco delle vittime del boato, tutti ricordavano
il suo nome prima di quello degli altri agenti della scorta. Non era giusto ma
avveniva così, spontaneamente.
Forse perché era stata la prima donna di scorta a morire. Una donna di
scorta a un uomo. Quasi a sovvertire le leggende e i miti di ogni tempo. E
punita per questo. Non avrebbe potuto che essere di scorta a un giudice
piccolo e gentile come Borsellino, io così me lo spiegavo. Una donna
dentro quel boato, capitata nel luogo dell’inferno per lavoro, per la sua
divisa.
Era forse questa la nostra uguaglianza? Quella per cui la generazione di
donne prima della mia aveva lottato con le gonne a fiori? Nessuna carriera,
nessun potere, nessuna divisa doveva esserci vietata. La possibilità di
saltare in aria anche per noi! La possibilità di essere fatte a pezzi dal tritolo
nella guerra senza tregua. O che la mano di una di noi venisse trovata su un
balcone al terzo piano. La mano di Emanuela. Dalla strada al terzo piano.
Emanuela Loi. Dalla Sardegna alla Sicilia. Senza ritorno.
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