L’ottava vita – Nino Haratischwili

SINTESI DEL LIBRO:
Il campanello suonava e nessuna delle sue sorelle apriva la
porta. Qualcuno continuava a tirare la corda del campanello e lei,
immobile, rimaneva seduta a guardare fuori in giardino. Pioveva
già da tutta la mattina, e questo rendeva il suo stato d’animo
evidente a tutti. La pioggia, il cielo grigio, la terra bagnata la
mettevano a nudo e lasciavano vedere a tutto il mondo le sue
ferite.
Suo padre non c’era ancora e la matrigna era andata con la
piccola a comprare stoffe con la nuova, lussuosa carrozza. Chiamò
le sorelle, nessuno rispose. Allora si alzò lentamente e si costrinse
a scendere i gradini per andare ad aprire.
Davanti alla porta c’era un uomo giovane in uniforme bianca.
Lei non l’aveva mai visto e, leggermente disorientata, indietreggiò
dalla pesante porta di quercia.
«Buongiorno. Lei dev’essere Anastasia. Posso presentarmi?
Simon Jashi, tenente della Guardia Bianca e amico di suo padre.
Abbiamo un appuntamento, posso entrare?»
Dunque non un soldato semplice, ma un tenente, addirittura un
ufficiale.
Lei si limitò ad annuire in silenzio e gli porse la mano. Il
giovane era prestante, alto e largo di spalle, con membra snelle e
mani ossute piuttosto pelose, che non si adattavano a quella figura
azzimata, era come se la natura premesse attraverso l’uniforme.
Si tolse il berretto calzato alla perfezione che lei trovava un po’
ridicolo, ed entrò. Lei si chiedeva dove fossero finiti tutti gli altri,
la casa intera sembrava deserta, se n’era accorta soltanto in quel
momento.
Dalla cucina arrivava un profumo di caffè e di torta. Condusse
l’ospite in sala, dove la porta che dava sul giardino era aperta. La
pioggia entrava e le tende bianche svolazzavano nel vento umido.
Lei si precipitò verso la porta e la chiuse in fretta. La pioggia era
una minaccia, a guardarla le veniva di nuovo da piangere, il che
era inconcepibile in presenza di quell’estraneo.
Le venne in mente che lui l’aveva riconosciuta e chiamata per
nome, anche se erano quattro sorelle. Inoltre non era mai stato a
casa loro, se ne accorse dai suoi sguardi curiosi, che vagavano
qua e là. Era una trappola, sì, proprio così. In quel momento capì
il vuoto improvviso intorno a lei. Era lui dunque. Era lui il dio irato
dal quale avrebbe avuto la sua punizione. Era il garante del suo
futuro. Il carnefice, il boia. Impallidì e uscì dalla stanza
barcollando.
«Tutto bene?» le gridò dietro lui.
«Oh sì, sì. Vado solo a prendere il caffè e la torta. Lo vuole il
caffè?» chiese dalla cucina, mentre si appoggiava alla parete e si
asciugava le lacrime con le maniche. Niente sarebbe più stato
come prima. L’aveva capito all’improvviso, e ora sapeva con
certezza che l’infanzia era finita. Che lei d’un tratto avrebbe avuto
una vita diversa, che tutti i suoi sogni, i suoi desideri, le sue
visioni si sarebbero ridotti a quell’uomo, a quella bianca uniforme
russa, forse lui era addirittura un sottoposto del grasso e rozzo
governatore di Kutaisi, che orrore!
Sentiva salire la nausea, ma il caffè fumava nel bricco e la torta
della pasticceria del padre, tagliata simmetricamente, era pronta
per essere servita all’ospite.
E così, quella torta di cioccolato fu la sua prima offerta al
giustiziere. Allo stesso modo, avrebbe dovuto offrirgli tutte le
promesse per il futuro che la vita le aveva bisbigliato all’orecchio,
una notte dopo l’altra, cominciando a vivere la vita di lui nella
quale non avrebbe trovato un posto, nella quale sarebbe stata
un’estranea, nella quale non sarebbe arrivata da nessuna parte. Si
morse le labbra soffocando la sofferenza che provava.
Portò in sala il vassoio d’argento con il servizio di porcellana e
il caffè fumante. L’uomo sedeva a gambe accavallate sulla poltrona
del padre e guardava il giardino verde, immerso nella pioggia
battente insieme ai fiori primaverili che spuntavano dalla terra
avidi di vita e di calore.
«Oh, è squisita. Suo padre è veramente un genio. E un uomo
buono. Riservato, un uomo umile. Al giorno d’oggi è difficile
trovare ancora persone così. Uno pianta un albero, e tutta la
comunità deve saperlo. Al giorno d’oggi nessuno compie ancora
buone azioni, non senza strombazzarle ai quattro venti. Suo padre
non è così. Sono fiero di far parte della sua cerchia di conoscenti.
E la sua maman. È incantevole.»
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