L’albero dei desideri – Linda Kent

SINTESI DEL LIBRO:
Rupert Selby si lasciò andare contro lo schienale della sedia, attento a
non esternare la propria frustrazione. Sashi, che lo scrutava con
attenzione dall’altro lato della scrivania, se ne sarebbe subito accorta, e
avrebbe sfruttato a proprio vantaggio il minimo cenno di debolezza.
Fece appello a ogni oncia di calma, come se stesse valutando sul
serio la proposta della figliola. Ne ricambiò lo sguardo, e il suo cuore
di padre s’inorgoglì nell’ammirarne la delicata bellezza, di cui lei
sembrava inconsapevole. A vent’anni, la piccola Sashi era divenuta
una giovane donna dal fascino esotico, poiché la nobiltà dei tratti
rajput, trasmessale dalla sua prima moglie Ananya, era stata esaltata
dal sangue britannico. Tutto in lei era perfetto: le proporzioni della
figura minuta e sensuale; i lineamenti del viso incorniciati dalla seta
dei lunghi capelli scuri; gli occhi grandi e vellutati, frangiati da ciglia
ricurve; la pelle di miele e la bocca di pesca. Incedeva con grazia, la
sua voce era melodiosa, i modi garbati e impeccabili di una lady.
Un atteggiamento e un aspetto che avrebbero ingannato chiunque
ma non lui, che pur amandola con tutto il cuore fin dal primo vagito,
sapeva bene quanto un’apparenza tanto dolce nascondesse un
temperamento forte e risoluto. Quando aveva preso una decisione la
portava fino in fondo e non c’era verso di farle cambiare idea.
“La tenacia è una virtù” sosteneva Jasmine, che adorava Sashi tanto
quanto gli altri tre bambini nati dal loro matrimonio.
“È cocciuta e testarda” replicava lui, che si divertiva a provocare la
moglie, e a vederla schierarsi a spada tratta in favore della ragazza.
“Determinata. E anche molto intelligente” ribadiva la sua
viscontessa, con la quale era sempre molto difficile avere l’ultima
parola.
Non che a Rupert dispiacesse; tutt’altro, poiché dopo dodici anni di
matrimonio ancora considerava un dono del destino l’intesa profonda
che legava la figlia alla seconda madre.
Tuttavia, a volte si trovava a compiangere l’uomo che, conquistato
dall’apparenza angelica della ragazza, ne avesse sottovalutato l’acume
e la fermezza. Un errore che già diversi pretendenti avevano
commesso in Inghilterra, e uno dei motivi per i quali era stato felice di
dare esecuzione al progetto, a lungo rimandato, di tornare a Calcutta.
— Ho il vostro permesso, padre?
Lui scosse la testa. — Sashi... Non hai idea di che cosa stai
chiedendo.
— Non è nulla di trascendentale, invece — replicò lei, calmissima.
— Sarebbe ben strano perfino in Inghilterra, anche se forse non del
tutto scandaloso. Ma, a Calcutta, temo scatenerebbe un terribile
vespaio. E la riprovazione di tutta la società — precisò, severo.
Lei gli rispose con un sorriso malizioso. — Perdonatemi, ma voi per
primo non avete mai tenuto in gran considerazione la comunità
inglese, e Jasmine li definisce “parrucconi e pappagalli”; perché
dovrei essere io a preoccuparmene?
— Non alludevo ai nostri connazionali o, almeno, non solo a loro.
Credi che la borghesia locale sarebbe più clemente? — Le puntò
contro l’indice. — Non far finta di ignorarlo, signorina. La rigidità
indiana nei confronti di una donna che si permette di invadere lo
spazio destinato agli uomini è persino più “parruccona” di quella
britannica. Pensi sul serio che qualcuno dei nostri fornitori sarebbe
disposto a fare affari, af ari, per Giove!, con una ragazza?
Lei annuì, imperturbabile. — Sì, se avrò il vostro appoggio. Non sto
chiedendo di aprire un’attività commerciale indipendente, ma solo di
aiutarvi, e sapete che m’intendo quanto voi della qualità della seta. In
più, come donna, so giudicare meglio di qualunque maschio il
prodotto d’interesse per il mercato femminile europeo.
Rupert si aggrondò. L’infallibile gusto estetico di Sashi era una
verità inconfutabile. Le coetanee londinesi, oltre a un buon numero di
loro madri, cercavano in ogni modo di imitare il suo stile, e le
chiedevano consiglio prima di farsi confezionare un abito. Persino la
famosa casa di mode di Worth, venuta a conoscenza della sua abilità,
le aveva inviato una proposta di collaborazione per la scelta dei tessuti
più pregiati. Glielo aveva riferito Jasmine, rossa d’orgoglio.
Calcutta, però, non era Londra, e lui aveva il dovere di
salvaguardare l’onore e la rispettabilità della figlia. — Ascolta,
bambina mia — provò, giocando la carta dell’affetto. — Non
resteremo ancora a lungo, lo sai. Al massimo fino all’inverno, poiché
l’anno prossimo Philip inizierà a frequentare Eton. — Non riuscì a
nascondere una smorfia divertita al pensiero dell’esuberante erede, e
del filo da torcere che avrebbe dato al famoso college, proprio come
aveva fatto lui alla sua età. — Pertanto, che senso ha esporsi alle
critiche più feroci solo per pochi mesi? I pettegolezzi viaggiano sulle
ali del vento, e non vorrei mai compromettere il tuo futuro in
Inghilterra. Avrai già compiuto ventun anni, per allora, e potresti...
— State parlando di matrimonio, papà? — gli rispose con lo stesso
tono di confidenza che usava quando voleva ottenere qualcosa: una
scimmietta come animale da compagnia, la libertà di cavalcare,
all’interno della loro tenuta di campagna, con la sella da uomo e
indossando i calzoni. — Sapete bene come la penso: non mi sposerò, a
meno di non trovare qualcuno con il quale condividere una vita
d’amore come la vostra con Jasmine. E non è affatto facile.
A quella frase, Rupert provò un brivido d’apprensione: nessuno
più di lui augurava alla figlia un destino tanto felice, ma era pur
consapevole dell’unicità del rapporto che lo legava alla moglie. —
Seguirai ciò che ti consiglieranno il cuore e il giudizio di cui finora hai
dato prova — disse con diplomazia. — Ma questo non mi fa cambiare
parere in merito alla tua richiesta.
— Vi prego. — Sashi aggirò la scrivania e gli s’inginocchiò accanto.
— Per favore, papà. Mi sembra d’impazzire a non far niente. Non ne
posso più di passeggiare tra i fiori e bere tazze di tè. I miei fratelli
hanno le loro lezioni, Jasmine è indaffarata con la missione: un
degnissimo impegno, nel quale, però, non riesco proprio a seguirla.
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