La mia esperienza con il Cigno Nero – Michael Crea

SINTESI DEL LIBRO:
In ogni storia che si rispetti c’è sempre la “quiete prima della
tempesta”, ovvero il momento esatto dove tutto sembra perfetto,
dove non può succedere nulla di male. È l’attimo in cui il
protagonista del film horror si rilassa e distoglie lo sguardo dal
corridoio buio per pensare che forse quel rumore che aveva sentito
era solo il frutto della sua immaginazione. Ma un secondo dopo un
pagliaccio demoniaco esce dal buio e lo assale per mangiarselo.
Anche nella mia storia c’è stato il momento di quiete prima della
tempesta. Era il 21 Febbraio 2020, ed ero nel mio letto.
Mi ero svegliato poco prima del suono della sveglia, con in testa il
fatto che finalmente era arrivato venerdì e che la mattina successiva
avrei potuto dormire in santa pace. Bastava solo superare quella
giornata, ma ormai il più era fatto, anche al lavoro si prospettava una
giornata relativamente tranquilla.
Cosa poteva andare storto?
Come da mia abitudine, ho acceso lo smartphone mentre mi
preparavo per la giornata e scaldavo la mia colazione. Ho inviato il
buongiorno alla mia fidanzata e mi apprestavo a mangiare, quando è
apparsa una notifica di TGCom24, che mi informava che un ragazzo
di 38 anni di Castiglione D’Adda era stato ricoverato per Coronavirus
all’ospedale di Codogno.
Non riuscivo a credere a quello che stavo leggendo, e non sapevo
distinguere se fosse una fake news oppure una vera notizia. Va
bene che i giornalisti cercano sempre lo scoop a tutti i costi, ma c’è
un limite a tutto, anche al cattivo gusto.
La mia cittadina non è grande, e più o meno ci conosciamo tutti.
Basta solo qualche messaggio WhatsApp alle persone più informate
per capire chi è stato ricoverato. So chi è, anche se non siamo
proprio amici, ma ci conosciamo di vista.
Accendo anche la Tv, e non si parla d’altro. Allora la notizia è vera.
Ho i brividi, “ma che cosa succede?”, penso. Sono ancora
addormentato e questo è un incubo?
Invece è tutto dannatamente reale, e sta accadendo nella mia città.
Non voglio criticare il paese dove vivo, ma credo che sia l’ultimo
posto al mondo dove potrebbe accadere una cosa del genere, e lo
pensavo fino a cinque minuti fa. Eppure è tutto vero, e sta
accadendo davanti ai miei occhi.
Cerco di non perdere la calma, forse i medici si sono sbagliati e tutto
questo è frutto di un errore, o di un medico troppo scrupoloso. I
giornalisti hanno gonfiato la notizia e tutto si sgonfierà in giornata, “ci
siamo sbagliati, era solo una forte polmonite, non volevamo fare
preoccupare nessuno, però sapete, la prudenza non è mai troppa.”
Cerco di convincermi che è così, oggi è solo un normalissimo
venerdì di Febbraio, le persone stanno ancora parlando di Morgan e
Bugo a Sanremo, cosa può andare storto?
Nel frattempo ho avvisato anche mia sorella Jessica, e anche lei
fissa lo schermo del telegiornale senza capire bene cosa sta
succedendo. Vedo la preoccupazione nei suoi occhi, e lei non
condivide il mio stesso ottimismo.
Ci salutiamo per andare a lavoro, e alla radio e sui social non si
parla d’altro. Il mio telefono è pieno di notifiche dei miei amici e della
mia fidanzata, e tutti si chiedono che diamine stia succedendo.
Nessuno riesce a credere che il virus sia a Codogno o a Castiglione
D’Adda, è ridicolo anche solo pensarlo, ma è così.
La notizia è già arrivata al mio posto di lavoro. I miei colleghi sono
gentili come sempre, ma vedo un lampo di paura nei loro occhi. Non
hanno tanta voglia di parlare e noto che mi lanciano qualche
sguardo in più, forse alla ricerca di uno starnuto, di un segno di
febbre, di qualcosa che possa fare capire se sono malato oppure no.
“Sembra di essere in un film apocalittico”
Il mio cellulare non la smette di vibrare un secondo, e quando lo
vedo leggo qualcosa che mi fa gelare il sangue.
La polizia è al lavoro per ricostruire tutti gli spostamenti del Paziente
1, e tra questi c’è un corso di primo soccorso svolto nel suo comune
di residenza il 15 Febbraio 2020.
No.
Non è vero, non può esserlo.
Perché a quel corso c’era anche mia sorella.
La chiamo immediatamente, e riesco a parlarci. Anche lei ha letto
l’articolo ed è molto scossa. Non ricorda con certezza se fosse
presente o no alla lezione, c’erano almeno trenta persone in quella
stanza quel giorno.
La polizia e la protezione civile hanno chiesto a chi fosse stato
presente quel giorno di contattare immediatamente le autorità
sanitarie per il tampone.
Nel pomeriggio la chiamano da Milano, e confermano la sua
presenza a quel corso assieme al Paziente 1. Questo significa che
lei potrebbe essere infetta e avere contagiato tutti i colleghi e la sua
famiglia. Ho il rimpianto di non essere stato vicino a lei quando le
hanno comunicato la notizia, perché Jessica mi ha chiamato in
preda al panico. Doveva tornare immediatamente a casa e non
uscire fino all’arrivo dell’ambulanza per il tampone.
Ovviamente torno a casa anche io, e restiamo tutto il pomeriggio a
seguire i notiziari assieme a nostro padre. Il paziente 1 è grave, e
sembra aver infettato anche la moglie incinta. Dire che siamo
spaventati è riduttivo, mentre sentiamo ambulanze che viaggiano a
tutto spiano per il paese. Nessuno sa cosa fare, il web si divide tra
chi ha paura, tra chi dice che moriremo tutti e quelli che sostengono
sia solo un raffreddore ammazza-vecchi.
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