La duchessa delle Highlands – Karen Ranney

SINTESI DEL LIBRO:
Ti ho trovato un nuovo marito, Emma.
Emma, duchessa di Herridge, non alzò lo sguardo ma si concentrò sul
suo ricamo. Una macchia di sangue si stava allargando sulla stoffa.
Doveva lavarla subito con acqua fredda.
Restò seduta.
Nello stomaco le stava crescendo una palla di ghiaccio, e crebbe al
punto da gelarle il petto, e poi diffondersi lungo le braccia e giù lungo le
gambe.
— Mi hai sentito, Emma?
Si strinse le mani, abbandonando il ricamo, e chinò la testa.
— Emma?
— Sì, zio, ho sentito — rispose, obbligandosi ad alzare lo sguardo
verso di lui.
Assomigliava in modo impressionante al padre di Emma. Volto lungo
e magro, mento affilato, bocca carnosa. Ma a differenza di suo padre, lo
zio non sembrava avvezzo a sorridere.
Entrambi avevano i capelli biondi, ma quelli di suo padre erano
leggermente più scuri e più fitti. Suo padre, poi, non portava addosso
quel perenne odore penetrante di canfora.
— Non ho bisogno di sposarmi, zio. Dispongo già di un reddito
personale.
Peter Harding sapeva esattamente quanti soldi avesse a disposizione.
Alla morte del padre di Emma, era diventato conte di Falmouth, ma
aveva ereditato solo il titolo, non il patrimonio personale, che invece era
andato tutto a lei. Almeno la parte che non era già stata sperperata da
Anthony. Dopo la morte del marito, Emma era stata informata dai suoi
avvocati che lo zio era stato nominato suo tutore per quanto riguardava
le questioni finanziarie.
Non se n’era curata allora e tantomeno se ne curava in quel momento.
Tutto quello che aveva voluto era ignorare la realtà degli ultimi
quattro anni, comprese le circostanze della morte di Anthony. Aveva
deciso di dedicarsi al ricamo e di dimostrare con la sua condotta quanto
i pettegolezzi che la riguardavano fossero infondati. Ma suo zio stava
ostacolando tutti i suoi propositi.
— Non importa quello che vuoi o non vuoi. La scelta non spetta a te.
Lei restò a contemplare la macchia sul ricamo. Si era allargata. E il
dito cominciava a farle male, là dove si era punta con l’ago.
Possibile che non fosse nemmeno libera di decidere da sola se sposarsi
o meno? Già non era riuscita a convincere suo padre che Anthony non
era il marito giusto per lei. Era stato così estasiato all’idea che sua figlia
andasse in sposa a un duca, pronto a prendersi cura di lei e a proteggerla
anche dopo la sua morte, che ne aveva ignorato tutte le proteste.
Chissà se suo padre aveva fatto in tempo ad accorgersi di che razza
d’uomo fosse veramente Anthony? A volte Emma pensava di sì e che la
sua morte, due anni dopo che si era sposata, fosse dovuta ai rimorsi e
alla vergogna per l’errore che aveva commesso.
— Almeno stavolta — stava dicendo suo zio — sarà un marito
giovane, non uno di trent’anni più vecchio.
Non aveva voglia di parlare di Anthony. Non voleva nemmeno
pensarci.
Per tutti quei mesi era sopravvissuta benissimo senza un marito. Ora
stava per sposarsi di nuovo. Si sentì mancare il respiro. Aveva perso
sensibilità sulla punta delle dita, sentiva i piedi freddi e un ronzio nelle
orecchie. Stava per svenire?
— Domani faccio venire la sarta — disse lo zio. — Con un nuovo
guardaroba ti sentirai subito meglio.
— Sono in lutto, zio — disse guardandolo. — Ve ne siete
dimenticato?
— Devi risposarti, Emma. E non puoi farlo vestita di nero. Nessuna
donna lo farebbe.
Tranne quelle che non hanno nessuna voglia di sposarsi.
— Ma non posso sposarmi adesso, zio. Deve passare del tempo.
Il volto magro e lungo dello zio era pallido e coperto di macchie.
— Ancora quanto tempo, esattamente?
— Sono passati solo diciotto mesi dalla morte di Anthony, zio.
Dobbiamo aspettare almeno un altro anno. Sarebbe sconveniente
sposarsi prima.
— Da quando in qua ti preoccupi così tanto di cosa è o non è
sconveniente, Emma?
Cercò di contraccambiare il suo sguardo inquisitivo. Si sentì arrossire,
ma non disse nulla. Lo sapeva? Lo aveva sempre saputo, per tutti quegli
anni?
Sentì lo stomaco contrarsi. Si strinse le mani con tanta forza da
sentire tutte le ossa delle dita.
— Ti sposerai quando lo decido io, Emma, non quando lo vuoi tu.
Si girò e, senza dire un’altra parola, lasciò la stanza.
Perché le importava tanto di quello che pensava la gente?
Perché quel minuscolo brandello di buona reputazione che ancora
sopravviveva era tutto ciò che le restava. A toglierle tutto il resto,
decenza, dignità, orgoglio, ci aveva pensato Anthony. Non le restava che
la fama di donna distaccata, che non si lascia scalfire da nulla. Era la
duchessa di Herridge, la Regina di ghiaccio.
Era disposta ad assumere qualsiasi ruolo pur di non tornare a essere
Emma, la sposa.
Appoggiò il capo allo schienale della poltrona e sospirò. Chiuse gli
occhi cercando di dimenticare ciò che era successo negli ultimi dieci
minuti, ma il ricordo delle parole di suo zio si rifiutò di scomparire.
Non gli aveva nemmeno chiesto il nome dell’uomo al quale voleva
darla in sposa. Non poteva importarle di meno. Il matrimonio era
un’esperienza che non aveva alcuna intenzione di ripetere.
Aprì gli occhi, mise via il ricamo e si alzò, andando alla finestra.
Il suo appartamento comprendeva un salotto, un bagno e una camera
da letto ed era stato evidentemente progettato per una duchessa. La casa
gliel’aveva data suo padre, come regalo di nozze. Si era chiesta,
all’epoca, se era stato un modo di scusarsi, di ammettere che forse la
decisione di accettare la proposta di matrimonio del duca di Herridge
era stata piuttosto sfortunata.
Ma d’altronde, come poteva suo padre, prima del matrimonio, sapere
ciò che lei avrebbe scoperto solo alcune settimane più tardi?
Il giorno dopo il funerale di Anthony, Emma aveva lasciato
l’imponente dimora che suo marito aveva fatto costruire non lontano da
lì, per trasferirsi in quella casa di Alchester Square. Se qualcuno se n’era
chiesto il motivo, doveva quasi sicuramente avere concluso che era stato
il dolore ad allontanarla dalla residenza che aveva diviso con suo
marito, cosa per altro non del tutto lontana dalla verità. Non sopportava
più la vista di tutto ciò che poteva ricordarle Anthony.
Subito dopo, si era trasferito nella sua casa anche lo zio, che ne aveva
preso in mano l’amministrazione, assumendo nuovo personale,
modificando la biblioteca affinché meglio corrispondesse alle sue
esigenze e, più in generale, comportandosi come se di fatto la casa gli
appartenesse.
Emma avrebbe dovuto ribellarsi. Ma contro cosa? Contro le regole
della buona società? Vivere con un parente era sempre più accettabile
che restare da sola e l’obiettivo principale che lei si era posta subito
dopo la morte di Anthony era stato quello di ricostruirsi una buona
reputazione.
Se si fosse comportata in modo esemplare, sarebbe stata di nuovo
accettata in società, la gente non avrebbe guardato con disdegno il
passaggio della sua carrozza e, ai ricevimenti, non l’avrebbero tenuta
tutti a distanza. Anzi, una volta terminato il periodo di lutto, sarebbe
stata ancora invitata a feste e cene. A meno che la società non si
aspettasse da lei che si comportasse come la regina, che dalla morte del
principe Alberto, pochi anni prima, aveva sempre mantenuto il ruolo
della vedova inconsolabile.
Si aggrappò alla tenda mentre guardava giù per strada. Era una notte
di tempesta, il nero del cielo era squarciato in continuazione dai
fulmini. Il selciato era bagnato e le ruote delle carrozze sollevavano
spruzzi dalle pozzanghere. Le luci dei lampioni erano opache, coperte
da una cortina di pioggia.
Emma avrebbe preferito andare in campagna, lasciarsi Londra alle
spalle, ma non era stata autorizzata ad abbandonare la città. Era ormai
legata a quel posto e al suo ruolo nella vita come da un guinzaglio.
Non chiuse la tenda. Adorava la notte, la sua morbidezza, l’abbraccio
del buio. Una della lampade vicine alla casa improvvisamente si spense,
subito seguita da un’altra. Possibile che il vento fosse così impetuoso?
Non importava, la guardia notturna sarebbe passata di lì nel giro di
un’ora e le avrebbe riaccese.
Poggiò la fronte contro il vetro e restò a fantasticare, immaginando di
essere una qualsiasi delle persone che passavano per la piazza in
carrozza. Avrebbe voluto essere chiunque, tranne che lei.
Se ne avesse avuto il coraggio, avrebbe potuto camminare fra le
ombre, diventare un’altra persona. Non essere più la vedova del duca di
Herridge, ma semplicemente Emma.
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