Jacopo salva il Natale – Bianca Marconero

SINTESI DEL LIBRO:
Dicono che Natale sia il periodo più bello dell’anno. Potrei essere
d’accordo, ma a due condizioni. La prima è l’assenza di problemi
contingenti; la seconda è la presenza di un nucleo famigliare
standard, che non comporti un impiego sovraumano di risorse
emotive e fisiche.
Io soddisfo la prima condizione. Ma non la seconda.
Mi chiamo Jacopo Serristori, ho due genitori, quattro zii onorari,
una cugina e sono il primo di quattro fratelli.
Benché per la legge io sia maggiorenne da centoquattordici
giorni, devo ammettere che sono stato trattato molto presto come un
adulto. Il ricordo di qualcuno che mi esorta a essere un “bimbo
grande” risale ai miei primi trentasei mesi di vita. All’epoca, mio
padre non c’era e mia zia Tatiana, una donna dolcissima che viveva
con me e mia madre, già mi raccomandava un comportamento
maturo. Da allora, chiunque si sente autorizzato a chiedermi di
essere responsabile. Lo ha fatto mio padre, nel periodo in cui la
mamma era all’ospedale. Lo ha fatto mia madre, quando sono nati
Filippo e Niccolò e, ancora, quando è nato il mio terzo fratello,
Lorenzo. Lo ha fatto lo zio Giamaica quando, dopo aver scoperto di
avere avuto una figlia naturale, ha deciso di adottarla e portarla a
Roma. A dire la verità, non so se ho avuto una vera infanzia, non
riesco a mettere a fuoco un periodo della mia vita in cui mi è stato
permesso di essere menefreghista o egoista o stupido. Questa mia
famiglia numerosa, portatrice di criticità specifiche, diventa difficile
da gestire nel periodo di Natale.
È vero che, se togliessimo dall’equazione la mia famiglia, non
saprei proprio cosa farmene delle feste, ma resta il fatto che vorrei
un altro ruolo. Per una volta, vorrei non essere quello che risolve i
casini degli altri. Vorrei che non chiamassero me per salvare gli
equilibri, la pace in famiglia e, nel caso specifico, il Natale.
Sono nella nostra grandissima cucina, un luogo vissuto, pieno di
pentole appese, piramidi di frutta, barattoli impilati e piatti stipati nelle
credenze. Il fulcro della stanza è il grande tavolo di quarzo. In cucina
ho giocato con i lego, in cucina mi hanno detto che sarebbero nati i
gemelli e, sempre in cucina, ho guardato i miei genitori scambiarsi
un bacio con la certezza che stavano fissando uno standard di
coppia piuttosto impegnativo. Do la colpa a loro se, quando si parla
di ragazze, non riesco ad accontentarmi.
Anche adesso sono in cucina e non sono solo. Ci sono altre due
persone.
La prima è mio fratello Lorenzo. È seduto sul suo sgabello rialzato
ed è alle prese con i compiti delle vacanze. Ha un’aria concentrata
mentre tiene la biro con la sinistra, ma scommetto che non si perde
niente di quello che sta succedendo. Lui ha un aspetto etereo, è
l’angioletto designato delle recite scolastiche, ma basta scambiarci
due parole per capire che, se davvero fosse un angelo, sarebbe uno
di quelli caduti. C’è qualcosa di diabolico nel suo modo di ragionare.
Lorenzo frequenta la terza elementare alla Scuola Francese ed è
attualmente alle prese con i compiti facoltativi, perché gli altri li ha
finiti il primo giorno di vacanza. Non siamo soli, però. Con noi c’è la
piccola manipolatrice.
«Jacopo, tesoro, sai che non ti chiederei questa cosa se non fossi
nei guai».
La piccola manipolatrice, occhi azzurri e lunghissimi capelli
castani, mi tiene sotto tiro con una variante commovente del suo
sguardo. Sono quasi certo che l’abbia perfezionata esercitandosi su
mio padre. La piccola manipolatrice è, in realtà, mia madre.
«Mamma, se tu sei nei guai è perché qualcuno», virgoletto la
parola, «ti ci ha messo, fregandosene del fatto che incasinava il
nostro Natale».
«Jack, il Natale è una festa inclusiva. Non si nega l’ospitalità a
una persona a cui hanno cancellato il volo e non può raggiungere i
suoi genitori».
«Sì, se la persona in questione è così ricca da comprarsi
l’Hassler». Protesto. «Che bisogno c’è di ospitarla?»
«Che motivo avremmo di non farlo?»
«Mi inquieta», taglio corto.
«Andiamo… è adorabile!»
«No, non lo è. È sarcastica, invadente e inappropriata. Dille di
andare in albergo. O di comprarselo».
«In questo momento sto fingendo che tu non sia mio figlio», mi
rimprovera. Capisco di averla davvero delusa. O, perlomeno, lei si
sforza di farmelo credere. Poiché deludere mia madre è una specie
di macchia sulla fedina penale, cerco di accettare il fatto che dovrò
“includere” una persona che vorrei “escludere” e che non solo dovrò
rinunciare ai miei progetti del pomeriggio ma le dovrò pure cedere la
mia camera da letto.
«Comunque Jacopo, che ti piaccia o no, le cose stanno così:
devo andare a Termini a recuperare la nostra inattesa ma gradita
ospite».
«…gradita a voi», preciso.
«Quindi, visto che come sai in queste settimane ho lavorato molto
alla mia nuova serie di quadri, e avevo rimandato a oggi tutti gli
acquisti, ora mi trovo in difficoltà. Stasera è la vigilia e ho bisogno
che qualcuno passi in centro a ritirare i miei regali. Potrei chiedere
aiuto a tuo padre, ma oggi è in riunione con gli stagisti della sede
francese. Sai quanto è importante per lui essere presente in quel
mercato. L’ottanta percento delle sue partiture le scrive per registi
francesi».
«Okay, non dico di chiederlo a papà, che di sicuro non può, ma
potresti domandarlo a…»
«A chi? Lorenzo?», appoggia la mano sulla spalla sottile di mio
fratello che, chiamato in causa, scuote la testa.
«Io non posso andarmene in giro da solo», dichiara. «Sarebbe
abbandono di minore».
Perché, anche se Lorenzo sembra sempre alle prese con altro, in
realtà ha la capacità soprannaturale di sentire tutto quello che viene
detto.
«Filippo!», propongo allora. Cerco di scaricare questa rogna a un
fratello che, benché minorenne, può girare a piede libero. «Filippo è
affidabile! Dai la lista a lui e comprerà tutti i regali in meno di un’ora».
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