Il cavaliere dell’Unicorno – Linda Kent

SINTESI DEL LIBRO:
Quel spectacle.» Nuda, e del tutto a proprio agio,
Mademoiselle Faucon aveva scostato la tenda di seta dai vetri, per
scoprire la ragione del clamore che giungeva dall’esterno, e che
l’aveva incuriosita al punto da farla balzare dal letto.
«“Uno spettacolo”, senza dubbio.» Soddisfatto dall’amplesso,
Sean Gordon, conte di Moray, era più che disposto ad appagare la
vanità dell’amante; non aveva dubbi che la bella Angélique fosse lì,
davanti alla finestra, per permettergli di ammirare in controluce la
silhouette del suo corpo. Ancora perfetto, sebbene lui sospettasse
che l’età della donna fosse ormai matura. Non era certo l’unico
mistero che la riguardava, eppure quella sorta di Venere bionda per
la quale smaniavano tutti gli uomini della corte di James Stuart
aveva scelto proprio lui.
Moray non era tanto cieco o vanesio da credere di aver
conquistato una delle cortigiane più famose di Francia: senza false
modestie, sapeva di aver conservato un aspetto prestante e un
vigore che smentiva i quasi cinquant’anni, e di certo era ancora in
grado di ripagare con grande generosità le fantasie sessuali della
bella donna. Tuttavia, fra i nobili che avevano seguito il re scozzese
nell’esilio e che trascorrevano l’esistenza nella reggia messa a
disposizione dal Re Sole, ve n’erano di più giovani e di più ricchi. E
sull’intelligenza di Angélique era pronto a scommettere, sebbene lei
fosse molto abile a nasconderla.
No, non s’illudeva: Mademoiselle Faucon lo gratificava delle
sue attenzioni per il rapporto che lo legava allo Stuart, di cui era
ormai diventato il confidente.
Intrighi di corte? Una spia? Non aveva alcuna importanza.
Moray conosceva da più tempo di lei il gioco del gatto e del topo, ma
nel frattempo si sarebbe divertito.
Angélique era molto brava, e bella. Osservò il sorriso seducente
che le piegava le labbra e lo scintillio malizioso negli occhi azzurro
cielo. “Strega”, pensò, nell’avvertire una nuova scossa di desiderio.
«Torna qui» la invitò, battendo la mano sul materasso.
Lei inclinò la testa sulla spalla, e i capelli scesero ad
accarezzarle il seno prorompente. «Mon ami, sei un vero adulatore,
e sai come prenderti cura di una donna. A letto, quantomeno. Per il
resto, invece, ho qualche dubbio. Guarda tu stesso» lo invitò,
nell’accennare alla finestra.
«Jane?» Moray si alzò all’istante, la fiamma della passione
subito dimenticata. Nessuno lo sapeva, Jane meno degli altri,
eppure la figlia era il suo punto debole, l’unico vero amore. Un
pericolo da non sottovalutare, in quel mondo dove l’affetto più puro
poteva trasformarsi in ricatto o in una minaccia per la bambina.
Che bambina non era ormai da almeno una decina d’anni.
Cresciuta ancora più in fretta, anzi, dopo che sua madre se n’era
andata con il giovane pittore francese di cui si era innamorata.
Sean infilò la vestaglia di seta, spalancò la portafinestra e uscì
sul balcone che si affacciava sugli splendidi giardini del castello. La
scena lo colse di sorpresa, tanto da fargli dimenticare la prudenza.
«Jane!» abbaiò.
La ragazza lo udì e sollevò la testa. «Buongiorno, padre» lo
salutò a voce alta. Da spericolata qual era, osò lasciare le redini in
una mano per togliersi il cappello e agitarlo verso di lui in segno di
vittoria.
Rideva, l’incosciente, e il sole traeva barbaglii di fuoco dalle
chiome scure. Gli occhi, simili ai suoi, ma più verdi e limpidi,
brillavano di allegria e di soddisfazione. «Jupiter è una meraviglia,
signore. Non dovete avere alcun timore di montarlo. Era solo un po’
timido, credo.»
Forse sdegnato da quell’affermazione, o perché aveva avvertito
allentarsi il controllo, lo stallone fece per smentirla. Un sudore freddo
ricoprì la fronte di Moray nel notare le zampe anteriori del cavallo
che s’irrigidivano e il collo che si abbassava. Il grido di avvertimento
gli si fermò in gola, poi si trasformò in un sospiro di sollievo: ancora
una volta, Jane si stava dimostrando un’esperta amazzone, oltre che
una conoscitrice dell’animale; prevenne la sgroppata tenendolo con
mano ferma e costringendolo a rialzare la testa.
«Buono, dolcezza» lo tranquillizzò. «Sono io, mi senti? Annusa
il mio odore. Sono io. Calmo, Jupiter, stai calmo.» Quello sbuffò, ma
i muscoli contratti si rilassarono, e quando la ragazza lo spronò a
muoversi per scaricare la tensione, lo fece senza mostrare altri segni
di nervosismo.
«È molto brava» commentò Angélique, unendosi alle
esclamazioni di apprezzamento dei garzoni di stalla, che avevano
assistito all’impresa. Rivestita da una sontuosa veste da camera di
velluto borgogna e ricami dorati, lo aveva raggiunto sul balcone. «E
ardita. Coraggiosa.»
«Impulsiva. Imprudente. Orgogliosa» ribatté lui, incapace di
staccare gli occhi dalla figlia.
«Non sono forse facce opposte della stessa medaglia, mon
ami?» Gli sfiorò una guancia con le dita, per attirare di nuovo
l’attenzione su di sé. «Credi che Jeanette non ti assomigli? Hai
lasciato la Scozia, un’eredità di secoli e proprietà che si estendono
per buona parte delle Highlands per non piegare il ginocchio davanti
ai nuovi sovrani. Hai preferito seguire il tuo re in esilio, persino
portando con te la famiglia.»
Detto così, sembrava che avesse fatto loro un torto. Al
contrario, sua moglie era stata la prima a sollecitare la partenza per
la Francia: non era mai riuscita ad abituarsi alle brume del Nord, lei
che aveva nel cuore il dolce clima della Provenza. In effetti, a SaintGermain-en-Laye, Claire era rifiorita. Aveva ritrovato la vivacità che
l’aveva conquistato anni prima, e che sembrava essersi appannata
fra le mura dell’avito castello di Aisling. Purtroppo, per seguire gli
impegni della corte, Moray aveva finito per trascurarla sempre di più,
e così, non appena la figlia aveva raggiunto la maggiore età, lei se
n’era andata dietro ai suoi sogni.
Maledizione, Claire. Jane aveva ancora bisogno di te.
Guardò la giovane smontare da cavallo e trattenne un brivido al
pensiero di ciò che avrebbe detto Mary di Modena se mai l’avesse
vista indossare le braghe e cavalcare come un ragazzo. La seconda
moglie di James Stuart era una principessa italiana dal carattere
mite; tuttavia, cattolica e piissima, di certo sarebbe inorridita
nell’assistere all’esibizione di Jane. C’era solo da sperare che, a
quell’ora del mattino, “la Regina di là dal mare”, com’era conosciuta
fra i giacobiti, fosse ancora nel mondo dei sogni. E che nessuna
delle sue dame le riportasse l’incidente.
«La ragazza ha una gran bella figura» commentò Angélique,
osservandola con occhio esperto. «Avrebbe una schiera di
pretendenti ai suoi piedi, se si rammentasse più spesso di essere
femmina, invece di gareggiare con loro, rischiando di batterli,
oltretutto, sia con la spada sia con la pistola. Ho sentito tesserne le
lodi dal maestro d’armi di Sua Maestà, ma…» Rise appena,
imbarazzata. «Dovresti trovarle un marito, sono sicuro che questo
risolverebbe il problema. Molte, alla sua età, sono già madri.»
Moray la prese per un braccio e quasi la risospinse nella
stanza. «Il futuro di Jane è affar mio, chérie.» Sapeva bene che cosa
avrebbe dovuto fare, e la coscienza gli rimordeva al pensiero di aver
atteso fin troppo: ma quando la figlia se ne fosse andata, si sarebbe
portata via l’ultimo pezzo del suo cuore. Lo sguardo scivolò su
Angélique e, un attimo prima che lei riuscisse a nasconderglielo,
scorse un lampo negli occhi azzurri: freddezza, forse calcolo.
Probabilmente, dispetto.
«Ma tu potresti aiutarmi» la blandì. «Perché non le parli? Chi,
più di te, potrebbe insegnarle il potere della seduzione femminile?»
Fece scivolare una mano sotto il velluto e prese a titillarle
dolcemente un capezzolo, fin quando la sentì trattenere il fiato, e poi
mugolare di piacere.
«D’accord. E ora, portami a letto» gli sussurrò sulle labbra.
La baciò, ma invece di accontentarla l’allontanò da sé,
allungandole una pacca sul fondoschiena. «Si è fatto tardi, minette. Il
dovere mi chiama.»
Lei gettò indietro i capelli, uno scatto offeso subito mascherato
da un sorriso indifferente. Senza salutarlo, senza dire neppure una
parola, aprì la porta della camera e uscì, richiudendosela piano alle
spalle.
Nessuno rifiutava le avances di Angélique, Moray lo sapeva
bene. Ma era anche sicuro che proprio questo lo rendeva diverso
dagli altri, disposti a tutto pur di scivolare fra le sue lunghe gambe di
seta.
Del resto, era solo il rischio di perderla a evitargli la noia.
Perché, per quanto Mademoiselle Faucon fosse bellissima,
affascinante e fantasiosa, mai, neanche per un istante, gli aveva
fatto dimenticare sua moglie.
Come sarebbe stato possibile, se la rivedeva ogni volta che
posava gli occhi su Jane? L’identico sorriso, l’energia inesauribile, la
stessa contagiosa joie de vivre.
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