I custodi del codice – Jack Whyte

SINTESI DEL LIBRO:
«Messer Ugo!»
Quando le guardie ai lati della porta
si misero sull’attenti e lo salutarono,
nemmeno il tintinnio delle armature
che sferragliavano spezzò la
concentrazione del giovane uomo
che andava verso di loro con l’aria
afflitta e trasandata. Era assorto nei
suoi pensieri, il capo chino e i
movimenti lenti, un pesante spadone
inguainato posto sul collo come un
giogo e le braccia tese su di esso in
modo che le mani pendevano libere
da entrambe le estremità dell’arma.
Ad attirare finalmente la sua
attenzione furono i movimenti delle
guardie, quando fecero un rapido
passo in avanti e spalancarono le
ampie e pesanti porte per farlo
entrare. Il ragazzo alzò lo sguardo,
ammiccò e annuì al capo delle
guardie in modo cordiale, quindi
lasciò cadere il braccio sinistro e al
tempo stesso impugnò l’elsa con la
mano destra, così che la lunga lama
si sollevò con uno slancio prima di
inclinarsi all’indietro e tornare a
riposare sulla spalla.
«Vi esercitate, mio signore?» La
domanda del capo delle guardie era
retorica, ma Ugo di Payens si fermò
e lanciò uno sguardo alla spada che
impugnava, poi la portò in avanti
con uno scatto afferrando la grossa
elsa di metallo con entrambe le mani
e protese la lama inguainata fino a
quando i muscoli delle possenti
braccia, del collo e delle spalle non
furono tirati come funi. Dopo
qualche istante, lasciò la presa con la
sinistra e senza alcuno sforzo fece
roteare la spada con l’altra mano
fino a riportare ancora una volta la
lama sulla spalla destra.
«Esercitarmi, sergente? Be’, sì, ma
non con la spada, non stavolta. Mi
esercito con la memoria... mi
esercito a pensare.» Fece un cenno
col capo alle altre due guardie e
passò attraverso le porte aperte,
lasciando la luce pomeridiana della
corte per entrare nella fresca oscurità
della torre centrale del castello, dove
esitò per qualche secondo, accecato
dal repentino passaggio dalla intensa
luce del sole al buio. Quindi, con
l’espressione di nuovo solenne sul
volto, si addentrò nell’immensa
stanza, tenendo gli occhi puntati sul
pavimento davanti a sé, mentre
allungava il passo, la spada ancora
appoggiata sulla spalla con
disinvoltura. La maggior parte dei
ragazzi della sua età si sarebbe
pavoneggiata per un’arma tanto
maestosa e avrebbe usato la sua
bellezza letale per gloriarsi, ma Ugo
di Payens non lo faceva. Portava la
spada soltanto perché l’aveva presa
prima di uscire e non voleva posarla
finché non avesse trovato un posto
in cui lasciarla senza rischiare di
perderla, di dimenticarla o di farsela
rubare, ma adesso si dirigeva nelle
sue stanze, dove avrebbe potuto
finalmente riporla. Era talmente
concentrato che passò accanto a un
capannello di giovani donne in abiti
sgargianti, che ridacchiavano pigiate
in un angolo dell’ampia stanza,
senza nemmeno notarle, malgrado le
loro occhiate di ammirazione e i
saluti che alcune di esse gli porsero.
Ugo aveva altre cose, ben più
importanti, a cui pensare quel
giorno.
Non si accorse neanche dell’uomo
alto, dalle spalle larghe, che
camminava a grandi passi verso di
lui, tanto che le loro strade per poco
non si incrociarono al centro esatto
dell’immensa sala e toccò all’altro
constatare che Ugo non accennava
né a rallentare né a spostarsi.
L’uomo si fermò e drizzò la schiena,
le sopracciglia inarcate per lo
stupore, quindi alzò piano una mano
aperta e si scostò dalla traiettoria di
Ugo. Solo quando si ritrovò fianco a
fianco con l’uomo più alto, che
adesso allungava il braccio per
stringergli la spalla, Ugo si accorse
di lui e indietreggiò quasi avesse
subito un attacco, dopodiché con
una sferzata si tolse la spada dalla
spalla in modo da poter afferrare il
fodero con la mano sinistra e
toglierlo, ma fu allora che guardò
con più attenzione e capì chi era
colui che gli si stava avvicinando.
Lo riconobbe all’istante e abbassò
subito la punta dell’arma ancora
inguainata, il volto paonazzo per la
vergogna.
«Mio signore, Saint-Clair!
Perdonatemi. Io... sognavo a occhi
aperti, ero lontano mille miglia da
qui.»
La mano che l’uomo robusto aveva
alzato, ancora prima che Ugo
reagisse, voleva essere un segnale
per l’unica guardia del corpo armata
che aveva alle spalle, per dirle di
restare dov’era e non fare nulla, e
adesso che guardava il giovane
uomo davanti a sé, un accenno di
qualcosa che poteva essere tanto un
sorriso quanto un cipiglio si delineò
all’angolo della sua bocca. «Lo
avevo capito» replicò con una voce
profonda, bassa e tonante. «Ma
anche quando è preso da gravi
preoccupazioni, giovane Ugo, un
uomo deve sempre cercare di tenere
d’occhio l’ambiente che lo circonda.
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