Heaven – Connie Furnari

SINTESI DEL LIBRO:
Quando Ryan aprì gli occhi assonnati, strofinandosi le palpebre
con le dita, distinse a malapena la sveglia sul comodino. Le sette e
trenta del mattino.
Cercò di alzarsi dal letto, ma una fitta alla tempia lo costrinse a
rimanere disteso. Indossava i vestiti della sera precedente: una
maglietta nera a maniche corte e jeans grigio scuro. Le scarpe erano
scomparse, finite chissà dove.
Poche ore prima era crollato sul letto, senza avere la forza di
infilarsi il pigiama. I postumi della sbronza erano quasi spariti,
insieme alla nausea, ma la testa gli faceva un male cane.
Diede una rapida sistemata ai capelli arruffati. Sentiva la mente
ancora annebbiata dall’alcool e dalla marijuana. La camera
sembrava più anonima del solito: il rifugio di una persona che usava
il letto soltanto quando i divani degli amici erano tutti occupati.
Liberò le gambe, imprigionate dalle lenzuola spiegazzate. Il
copriletto era scivolato sul pavimento.
I cd formavano una montagna informe sotto il mobile dello stereo:
gli Aerosmith erano finiti addosso agli Iron Maiden, The Dark Side Of
The Moon dei Pink Floyd sul White Album dei Beatles. Ci sarebbe
voluta un’intera giornata per risistemarli e non ne aveva proprio
voglia.
Dentro l’armadio aperto si intravedevano le grucce vuote, i vestiti
erano sparsi ovunque: un abbigliamento quasi monocromatico, che
spaziava dal nero al blu notte.
Ryan contemplò il disordine con indifferenza. Per quello che gli
importava, la sua stanza poteva anche sprofondare nel caos. Si
voltò verso l’angolo, alla destra della finestra.
La sua Stagg era poggiata al muro, nella custodia nera.
Per un attimo fu tentato di aprire la cerniera, solo per poter sentire
ancora una volta, dopo così tanto tempo, il ruvido tocco delle corde
della chitarra elettrica.
La tentazione svanì di colpo, così com’era arrivata. Si massaggiò
la fronte, balzò fuori dal letto e accese lo stereo.
La voce luciferina di Axl Rose rimbombò a tutto volume per la
casa, facendo vibrare i vetri delle finestre; lui entrò in bagno
portando sul braccio una delle tante magliette nere sparse sulla
scrivania e un paio di jeans scuri.
Please allow me to introduce myself
I'm a man of wealth and taste
I've been around for a long, long year
Stole many a man's soul and faith
And I was 'round when Jesus Christ
Had his moment of doubt and pain
Mezz’ora dopo uscì dalla doccia e, mentre lo stereo continuava a
suonare a palla, si preparò per andare a scuola.
Aprì uno dei cassetti del comò e afferrò un bracciale di cuoio nero,
simile a un polsino. Pettinò i capelli color oro scuro all’indietro, anche
se alcune ciocche ribelli sfuggivano, come sempre, ricadendo sulla
fronte: erano un po’ lunghi, forse, ma alle ragazze piacevano da
impazzire.
Pleased to meet you
Hope you guess my name, oh yeah
Ah, what's puzzling you
Is the nature of my game, oh yeah
Spense lo stereo con il telecomando poggiato sulla mensola.
Scese le scale fischiettando la cover dei Guns ‘N’ Roses di
Sympathy for the Devil dei Rolling Stones: la sua versione preferita
di quella celeberrima canzone.
Entrò in cucina, buttò la giacca sulla spalliera di una sedia e si
diresse con passo rapido verso il frigorifero, senza badare alle due
persone anziane sedute al tavolo che lo osservavano con uno
sguardo colmo di rimprovero e delusione.
«A che ora sei tornato ieri sera? O forse dovrei dire stamattina?»
gli domandò suo nonno, in tono ironico.
Era un sessantenne dai capelli bianchi, tarchiato e rubicondo.
Walter si alzò a fatica, senza mascherare un evidente gesto
d’irritazione; i piccoli occhi celesti sprizzavano collera ma anche
disagio, dietro gli occhiali spessi dalla montatura rettangolare.
Indicò la moglie, seduta davanti alla colazione: mostrava un’aria
frustrata e stanca, smarrita dentro un’enorme vestaglia di cotone lisa
dal tempo.
«Tua nonna ti ha aspettato fino alle quattro, stanotte.» Walter gli si
avvicinò, minaccioso. «Se non l’avessi trascinata a letto, sarebbe
rimasta sveglia fino all’alba.»
«Non era obbligata, ho le mie chiavi.» Ryan rispose con un’alzata
di spalle. Prese il latte e bevve dalla bottiglia mentre il nonno lo
squadrava inflessibile, scuotendo il capo.
Infilò la testa dentro il frigo e agguantò un piatto con una fetta di
torta al limone. «Non c’è altro da mangiare, a parte questa merda?»
chiese, storcendo la bocca.
«Ti proibisco di continuare a usare un linguaggio simile in casa
mia!» Il nonno lo accusò con l’indice. «Ti lascio fare ciò che vuoi e tu
in cambio…»
«Walter.» La moglie si alzò dal tavolo, gli si aggrappò alla manica
della camicia e lo zittì per un breve istante. Provò a calmarlo, ma era
fuori di sé.
«No, adesso basta, Agnes!» le rispose, liberandosi dalla stretta.
«Se vuole continuare a vivere in questa casa deve accettare le mie
regole. Non può andare e venire come e quando gli pare, questa
casa non è un albergo a cinque stelle in cui mangiare e dormire
gratis. La sua camera è peggio di un porcile e c’è una strana puzza
che non mi piace. Ha soltanto diciassette anni ed è sotto la mia
responsabilità.
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