Luoghi comuni. Da Catullo a Battisti il gioco eterno delle passioni – Umberto Broccoli

SINTESI DEL LIBRO:

Ciò che determina il senso comune e per di più lo rende perfetto è il
possesso di convinzioni ben fondate; se è vero che, senza di esse, tutto
nell’animo è alla deriva, i principi fondamentali, che gli conferiscono
un giudizio inflessibile, sono necessari.»
Parola di Lucio Anneo Seneca, filosofo, vivo e, soprattutto, morto al
tempo di Nerone. E siamo nel I secolo dopo Cristo. Soprattutto, perché
– ricorderete, ma ne riparleremo – viene accusato proprio da Nerone
di aver preso parte alla congiura dei Pisoni, organizzata contro
l’imperatore. Per questo sarà costretto a tagliarsi le vene e a morire
suicida. Ma qui tutto questo interessa fino a un certo punto.
Colpisce l’idea di Seneca sul senso comune. Scrive a Lucilio, il suo
amico allievo, e sembra suggerire come il senso comune derivi da
convinzioni fondate e, alla fin fine, sia insostituibile.
In altri tempi, come molti, ho provato irritazioni varie ascoltando
raffiche di luoghi comuni, sparate alla bell’è meglio nei luoghi più
diversi. Tendenzialmente il luogo comune cresce rigoglioso nelle
piantagioni della superficialità diffusa. E queste possono essere i bar, i
saloni di barberia, i tassì, gli autobus, i treni e tutti quei campi arati
dalla frequentazione breve di un momento: la frequentazione senza
approfondimento, destinata a essere spazzata via dal vento dei saluti.
Si parla, si infilano quei quattro o cinque concetti buoni ripetuti da
generazioni, ci si saluta e ognuno per la propria strada, con la
sensazione di aver toccato il cielo della saggezza universale in pochi
minuti di condivisione.
Assistendo a discussioni del genere, sentivo un malessere fisico
diffuso e accompagnavo con uno sguardo di sufficienza frasi tipo: Gli
affari sono affari: hanno sempre la precedenza, buttate là con quel tanto
di arroganza a sostenere il diritto di poter giustificare il fine con ogni
mezzo. Salvo poi, qualche secondo dopo, diventare bucolici e
suggerire rimedi alla crisi economica con un Bisognerebbe incoraggiare
l’agricoltura, anche se mancano le braccia, perché La gente di campagna
è sempre migliore di quella di città.
E allora, sempre nelle piantagioni della superficialità diffusa, il
discorso scivolava sulla crisi dei tempi. Sì, poiché il concime migliore
del luogo comune è il tempo andato. Da rimpiangere perché perduto, o
da stigmatizzare perché sempre simile a se stesso. Così fioriscono:
L’epoca in cui viviamo è un’epoca di transizione, L’epoca in cui viviamo è
un’epoca di grandi cambiamenti, L’epoca in cui viviamo è un’epoca di
crisi. A mia memoria, non ricordo un’epoca aliena da questo tipo di
commenti. Non c’è mai stata un’epoca non definibile di crisi, di
transizione o di grandi cambiamenti. Forse perché Non ci sono più le
epoche di una volta.
Provavo fastidio.
Un fastidio tanto più esponenziale, perché costretto a sorvolare gli
altipiani dell’ovvio. E non mi consolava riflettere su come anche
l’ovvio vuole la sua parte. Sentivo forte la necessità di lasciare lo
scompartimento del treno nel momento in cui tre colleghi passeggeri
uomini sentenziavano, alternandosi: le bionde sono più calde delle brune
e, per converso, il vicino di posto replicava le brune sono più calde delle
bionde. Né era accettabile il compromesso proposto dal terzo
interlocutore quando mediava con fare vagamente cinefilo: gli uomini
sposano le brune, ma preferiscono le bionde, forse pensando a Marilyn.
Non era accettabile, perché l’accordo da scompartimento si
raggiungeva nel non ci sono più le (brune) bionde di una volta.
Implacabilmente.

SCARICA IL LIBRO NEI VARI FORMATI :

Commento all'articolo

Potresti aver perso questo