Gatti di lungo corso – Avventure marinaresche di intrepidi felini – Detlef Bluhm

SINTESI DEL LIBRO:
Gli egiziani arrivavano da ogni angolo del paese, a centinaia di
migliaia si mettevano in cammino. Navigavano sul Nilo con
imbarcazioni a uno o due alberi. La loro meta era Bubasti, la capitale
del Delta del Nilo, circa cento chilometri a nord delle grandi piramidi
di Giza. Erano allegri già durante il viaggio: le donne suonavano le
nacchere, gli uomini il flauto. «Gli altri ridono, cantano e battono le
mani» raccontava lo storiografo greco Erodoto quasi 2500 anni fa.
«Alcune donne danzano, altre si sollevano le vesti e mostrano senza
pudore la propria nudità. Una volta arrivati a Bubasti, celebrano la
festa e offrono sacrifici. In questa ricorrenza si beve più vino che in
tutto il resto dell’anno. A quanto sostengono i locali, vi accorrono più
di settecentomila persone fra uomini e donne».
Bubasti non era soltanto la capitale politica del Delta, era
soprattutto la città della dea gatta Bastet, la divinità più amata dagli
egiziani. In suo onore, ogni anno d’estate si svolgeva una festa che
durava diversi giorni che richiamava molti pellegrini. Bastet era la
dea della fertilità e dell’amore, della gioia, della danza e della
musica; la sua festa stravolgeva la vita quotidiana. Nel giugno
dell’anno 978 a.C. la nave mercantile proveniente da Biblo risaliva a
fatica lungo il braccio orientale del Nilo nel Delta. Poiché le vele se
ne stavano lasche nei pennoni per via della bonaccia, l’equipaggio
del Tyros era costretto a remare nel caldo torrido del giorno. Sidon
stava con suo figlio Mago sul dritto di prua sollevato, adorno di una
testa di montone. Il capitano fissava la sponda sinistra del Nilo. Da
un momento all’altro sarebbe dovuto spuntare Sahrajt Al Kubra. Dal
povero villaggio di pescatori un canale portava direttamente a
Bubasti, la meta del loro viaggio. La loro nave portava un grosso
carico di legno di cedro, resina, tessuti porpora e vino e solcava
profonda il fiume. Nonostante la bonaccia avevano ancora
abbastanza tempo: la festa in onore di Bastet cominciava l’indomani.
Il quattordicenne Mago saltellava eccitato da un piede all’altro. Era la
prima volta che andava in Egitto con suo padre. Da quando avevano
lasciato la riva orientale del Mediterraneo avevano veleggiato per
due giorni con vento a favore, sempre in prossimità della costa, e
adesso la meta era sempre più vicina. Mago non vedeva l’ora di
conoscere i gatti di cui tante volte gli aveva raccontato suo padre.
Docili piccoli animali che non vivevano in nessun altro posto del
mondo.
Prima ancora di intravedere Bubasti, scorsero il tempio di Bastet.
Le sue porte raggiungevano circa venti metri d’altezza ed erano
fiancheggiate da statue alte due volte un uomo. Il tempio si ergeva al
centro della città su un’isola artificiale delimitata da canali. Era lungo
e largo circa centocinquanta metri ed era circondato da un alto muro
in pietra pieno di rappresentazioni di gatti in rilievo. Dall’ingresso del
tempio un viale largo trenta metri portava direttamente al bazar. Da
ogni punto della città si poteva ammirare il tempio: ne era il centro, il
volto, la forza.
Mentre suo padre si occupava dello scarico della nave e
contrattava con i mercanti, esplorando la città che traboccava di
pellegrini, Mago poté osservare molti di quegli animali sconosciuti e
affascinanti che aveva imparato a conoscere grazie ai racconti di
suo padre e di altri naviganti. Spesso si accovacciava per attirarne
qualcuno e, pieno di meraviglia per il fatto che, al suo richiamo, quelli
gli si avvicinassero davvero, gli accarezzava il mantello setoso con
la mano. Ogni volta si stupiva del comportamento tanto mansueto di
quei piccoli animali, così somiglianti nell’aspetto ai loro parenti più
grandi e pericolosi. Non aveva mai messo in dubbio le parole di suo
padre, ma adesso che lui stesso provava quel che significava vedere
i piccoli gatti egiziani andargli incontro, sentirli fare le fusa mentre si
lasciavano accarezzare, si rese conto di quanto magnifici fossero
quegli animali. Finora aveva visto solo i gatti grandi, quelli selvatici,
quelli da cui si deve stare in guardia. Adesso era più che certo di
poter mettere realmente in atto il piano che aveva progettato nei
minimi dettagli. Ritornò alla nave all’imbrunire.
Molto dopo mezzanotte ma ancora qualche ora prima che
l’equipaggio si svegliasse, Mago sgattaiolò fuori della nave con un
cesto in vimini. Durante la cena aveva tenuto da parte del pesce
arrostito e della carne di montone cotta. Per fortuna la luce
splendeva ancora. Una volta a terra, tirò fuori il cibo dal cesto,
sminuzzò pesce e carne e cosparse i piccoli pezzi di papavero
officinale in polvere. Sua madre lo dava sempre a suo fratello più
piccolo quando quello non riusciva a dormire. Da lei, Mago aveva
appreso la capacità della pianta di fare addormentare. Fece
schioccare la lingua così come aveva visto fare durante il giorno. E
in effetti, subito comparve qualche gatto. Sulle prime vide solo i loro
occhi che brillavano in modo inquietante, e si spaventò. Poi, man
mano che quelli gli si avvicinavano facendo le fusa e miagolando,
riuscì a vederli meglio. Erano quattro, tre gatte e un gatto, che
riconobbe dai piccoli genitali tra le zampe. Adagiò il cibo a terra
davanti a loro. Avrebbero mangiato? I gatti annusarono e poi
addentarono un pezzetto dopo l’altro. Adesso Mago doveva solo
stare attento a che i gatti non gli sfuggissero. Ma non aveva motivo
di preoccuparsi. Nella speranza di altro cibo, quelli rimasero vicino a
lui miagolando e strusciandosi con la testa contro le sue gambe.
Passò qualche minuto. D’un tratto i movimenti di una delle gatte si
fecero malfermi, cacciò un miagolio acuto e le sue zampe si
piegarono. Un attimo dopo giaceva immobile di lato. E poi subito si
addormentarono anche gli altri tre. Mago depose i gatti con cura nel
cesto, lo chiuse con lacci di cuoio e ritornò sulla nave. Dopo aver
sistemato il cesto sul suo letto vicino al parapetto di murata, Mago si
sdraiò su un ponte e chiuse gli occhi. Da ora in poi, pensò, i gatti
difenderanno le nostre provviste e le nostre merci da ratti e topi. E i
piccoli dei nostri gatti potremo venderli e guadagnare molti soldi.
Proteggeranno altre navi o i granai. Il figlio del capitano si
addormentò soddisfatto.
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